IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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GIOVANNI BOCCACCIO

 

IL CARME BUCOLICO

 

Scritto tra il 1350 e il '65, consta di sedici egloghe o componimenti di argomento pastorale in esametri latini. L'ultima egloga, "Il Nunzio" ("Aggelo"), serve di dedica e di prefazione a tutta la raccolta, ed è diretta all'amico Donato degli Albanzani. Il Boccaccio ebbe conoscenza della corrispondenza bucolica intercorsa tra Dante e Giovanni del Virgilio, ma i suoi modelli sono le Bucoliche virgiliane, prototipo del genere, e soprattutto il Bucolicum carmen del Petrarca, dal quale, oltre che da un po'tutta la tendenza della poesia medievale, il Boccaccio derivò il gusto della trascrizione allegorica di elementi storici o autobiografici nei termini della finzione pastorale. Le egloghe boccaccesche sono veramente una foltissima selva di simboli, alla cui decifrazione solo in piccolissima parte serve la lettera dichiarativa inviata dall'autore al frate Martino da Signa. Argomento delle prime due egloghe ("Galla"; "Pampinea") sono le "giovanili lascivie" del periodo napoletano: pastoralmente trascritte ricalcando da vicino la ottava e la decima egloga virgiliana; la terza invece ("Fauna"), la quarta ("Doro"), la quinta ("La selva cadente"), la sesta ("Alceste") e l'ottava ("Mida") costituiscono il gruppo di egloghe dette "napoletane", vertendo sugli avvenimenti che agitarono la corte di Napoli tra il 1345 e il 1349, salvo l'ottava, che è una fierissima requisitoria contro il gran siniscalco Niccolò Acciaiuoli, e si riferisce ad anni e fatti alquanto posteriori. D'argomento fiorentino, ma sempre politico, sono la settima ("La contesa") e la nona ("Lipi"), vibranti di spiriti guelfi, e riguardanti l'incoronazione dell'imperatore Carlo IV (1354-1355). Di interpretazione assai dubbia è l'egloga decima ("Valle opaca"); nell'undicesima ("Pantheon"), sul modello della sesta virgiliana, la favola mitologica è umanisticamente orchestrata in inno cristiano; e degli spiriti umanistici del Boccaccio è manifestazione schietta e diretta la dodicesima ("Saffo"), in cui il Boccaccio dà come l'addio alla poesia in volgare per esercitarsi nei più alti impegni della musa latina. Seguono due egloghe di motivazione cristiana, la quattordicesima ("Olimpia"), descrizione della felicità paradisiaca cui fu chiamata Violante, figlia del Boccaccio, che appare al padre per esortarlo a rimettersi sul retto cammino; e la quindicesima ("Filostropo"), alto elogio del Petrarca, che, sotto il nome di Filostropo, con la sua parola ornata riconduce sulla via del bene l'anima dell'errante Tiflo, cioè del Boccaccio. Faticose alla lettura per il fronteggiare dei simboli, scritte in un latino piuttosto rigido e diseguale ch'è tutto un prestigioso gioco della memoria, e nettamente inferiori per questo rispetto alle egloghe petrarchesche, le egloghe del Boccaccio hanno un'importanza essenzialmente documentaria: sono opera, e nella storia spirituale del Boccaccio e nel quadro della storia letteraria italiana; nata dal primo incontro del superstite gusto medievale con la sorgente cultura umanistica.

Daniele Mattalia

© 2009 - Luigi De Bellis