1 |
Sì tosto
come l'ultima parola
la benedetta fiamma per dir tolse,
a rotar cominciò la santa mola; |
|
1 |
Non appena la luce benedetta di San Tommaso ebbe
pronunciata l’ultima parola, la santa corona incominciò
a volgersi in cerchio; |
4 |
e nel suo
giro tutta non si volse
prima ch'un'altra di cerchio la chiuse,
e moto a moto e canto a canto colse; |
|
4 |
e non finì di compiere un
intero giro che un’altra corona di beati la circondò, e
accordò il suo moto e il suo canto al moto e al canto di
quella; |
7 |
canto che
tanto vince nostre muse,
nostre serene in quelle dolci tube,
quanto primo splendor quel ch'e' refuse. |
|
7 |
in quei dolci strumenti
questo canto supera quello dei nostri poeti e delle
nostre donne tanto quanto il raggio diretto supera
quello riflesso. |
10 |
Come si
volgon per tenera nube
due archi paralelli e concolori,
quando Iunone a sua ancella iube, |
|
10 |
Come attraverso una nube
leggiera e trasparente si volgono due archi (quelli
dell’arcobaleno quando è doppio) paralleli e fatti degli
stessi colori, quando Giunone comanda alla sua ancella
(di scendere sulla terra a portare i suoi messaggi), |
13 |
nascendo di
quel d'entro quel di fori,
a guisa del parlar di quella vaga
ch'amor consunse come sol vapori, |
|
13 |
e l’arco esterno si forma (per riflessione) da quello
interno, allo stesso modo in cui (dalla voce) si genera
l’eco, che prende nome da colei che l’amore consumò come
il sole dissolve la nebbia, |
16 |
e fanno qui
la gente esser presaga,
per lo patto che Dio con Noè puose,
del mondo che già mai più non s'allaga: |
|
16 |
e tali archi nel mondo
rendono gli uomini sicuri che la terra non sarà mai più
allagata, per il patto stipulato da Dio con Noè, così si
volgevano intorno a noi le due corone di beati, e così
quella esterna si accordò a quella interna. |
|
Iride, messaggera di Giunone, scendendo sulla terra,
dipingeva, lungo il suo percorso in cielo, un
arcobaleno. La ninfa Eco. figlia dell'Aria e della
Terra, si consunse a tal punto nel suo disperato amore
per Narciso, che si ridusse solo a ossa e voce;
tramutata in sasso dagli dei, conservò di umano solo la
voce ( Ovidio - Metamorfosi III, 356-510). Dopo il
diluvio universale Dio strinse con Noè un patto: non
avrebbe mai più provocato un altro diluvio e come segno
di questo accordo mandò l'arcobaleno (Genesi IX, 0-16).
Con l'apparizione della seconda corona di beati che si
aggiunge alla prima, anzi che questa abbia compiuto
tutto il suo giro, la poesia si esalta nella sfera delle
immagini, nella perfezione artistica del canto dei due
semicori tripudianti e del loro moto di danza, moto a
moto e canto a canto, che vince ogni umana scienza
poetica ed ogni seduzione sensitiva: muse e serene. Il
loro accordo è intrinseco come la fascia interna e
quella esterna dell'arcobaleno: il paragone delle due
ruote all'iride dà origine alla stupenda immagine di un
patto eterno di pace e di gioia fra il cielo e la terra,
e con essa hanno termine il tripudio e la festa
dell'intermezzo proemiale. |
19 |
così di
quelle sempiterne rose
volgiensi circa noi le due ghirlande,
e sì l'estrema a l'intima rispuose. |
|
19 |
Dopo che la
danza e l’altra grande festa che le anime facevano con
il cantare e con il rispondersi di ciascuna luce
all’altra, |
22 |
Poi che 'l
tripudio e l'altra festa grande,
sì del cantare e sì del fiammeggiarsi
luce con luce gaudïose e blande, |
|
22 |
piene di gioia e di carità si arrestarono nello stesso
istante e con la stessa concorde volontà, |
25 |
insieme a
punto e a voler quetarsi,
pur come li occhi ch'al piacer che i move
conviene insieme chiudere e levarsi; |
|
25 |
proprio come le palpebre degli occhi devono
necessariamente abbassarsi o sollevarsi insieme, secondo
il desiderio che determina i loro movimenti, |
28 |
del cor de
l'una de le luci nove
si mosse voce, che l'ago a la stella
parer mi fece in volgermi al suo dove; |
|
28 |
dal profondo di una di
quelle luci giunte poco prima si levò una voce, che,
facendomi volgere verso il luogo da cui proveniva, mi
fece assomigliare all’ago (della bussola che si orienta)
in direzione della stella polare; |
31 |
e cominciò:
«L'amor che mi fa bella
mi tragge a ragionar de l'altro duca
per cui del mio sì ben ci si favella. |
|
31 |
e incominciò: “Lo spirito
di carità che rende più luminosa la mia bellezza mi
spinge a parlare dell’altra guida (San Domenico), per
onorare la quale qui si è parlato così bene della mia
(San Francesco). |
34 |
Degno è che,
dov' è l'un, l'altro s'induca:
sì che, com' elli ad una militaro,
così la gloria loro insieme luca. |
|
34 |
E’ giusto che, dove si
parla dell’uno, si ricordi anche l’altro, in modo che,
come combatterono per una stessa causa, così risplenda
insieme anche la loro gloria. |
37 |
L'essercito
di Cristo, che sì caro
costò a rïarmar, dietro a la 'nsegna
si movea tardo, sospeccioso e raro, |
|
37 |
La cristianità, che
Cristo, a prezzo del suo sacrificio, fornì dei mezzi
adatti per combattere il peccato, seguiva la croce con
poco zelo, piena di dubbi e diminuita di numero, |
40 |
quando lo 'mperador
che sempre regna
provide a la milizia, ch'era in forse,
per sola grazia, non per esser degna; |
|
40 |
quando Dio, che regna per
l’eternità, venne in suo soccorso, mentre essa si
trovava in pericolo, non perché ne fosse degna, ma
soltanto per un atto della sua misericordia; |
|
|
43 |
e, come è
detto, a sua sposa soccorse
con due campioni, al cui fare, al cui dire
lo popol disvïato si raccorse. |
|
43 |
e come è stato detto (da
San Tommaso; cfr. canto XI, versi 31-36), portò aiuto
alla Chiesa, sua sposa, con due difensori ( San
Francesco e San Domenico), per la cui opera e la cui
predicazione il popolo sviato poté ravvedersi. |
46 |
In quella
parte ove surge ad aprire
Zefiro dolce le novelle fronde
di che si vede Europa rivestire, |
|
46 |
In quella parte (la
Spagna) dove il dolce Zefiro sorge ad aprire le nuove
fronde delle quali si vede rivestita l’Europa (in
primavera), |
49 |
non molto
lungi al percuoter de l'onde
dietro a le quali, per la lunga foga,
lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde, |
|
49 |
non molto lontano dalla
spiaggia battuta dalle onde (dell’Atlantico), dietro le
quali il sole, come stanco del suo lungo percorso,
talvolta ( nel solstizio d’estate) tramonta
nascondendosi ad ogni uomo, |
52 |
siede la
fortunata Calaroga
sotto la protezion del grande scudo
in che soggiace il leone e soggioga: |
|
52 |
sorge la fortunata (perché
patria di San Domenico) Calaruega sotto il governo del
re di Castiglia, nel cui stemma (in una parte) il leone
sta sotto e (nell’altra) si trova sopra: |
|
Anche la figura di San Domenico è inquadrata in una
descrizione geografica, come è già avvenuto per quella
di San Francesco (canto XI, versi 43-51). In Spagna, la
terra percorsa dallo zefiro (vento di ponente) portatore
di primavera, e precisamente nella vecchia Castiglia,
siede la patria di San Domenico, la cittadina di
Calaruega, dove egli nacque nel 1170. Essa fu governata
dai re di Castiglia, il cui stemma è costituito da uno
scudo inquartato da due leoni e due torri, cosicché il
leone nel quarto inferiore appare sotto alla torre
(soggiace) e nel quarto superiore è posto sopra di essa
(soggioga) . |
55 |
dentro vi
nacque l'amoroso drudo
de la fede cristiana, il santo atleta
benigno a' suoi e a' nemici crudo; |
|
55 |
Li nacque il fedele amante della fede
cristiana, il santo campione benevolo verso i cristiani
e implacabile verso i nemici della fede; |
|
La lezione sapienziale di San Bonaventura, dedicata alla
vita di San Domenico, ha inizio nell'intimo di una delle
luci nove della nuova corona, quando già l'accordo delle
due ghirlande si è espresso in unità di canto e di moto.
E come il ritratto francescano incominciava con il tema
della Provviden za e del soccorso alla sposa di Cristo,
il ritratto domenicano si intona fin da principio allo
stile epico che lo pervade: la lirica di Francesco è
sempre lirica d'amore, l'epopea di Domenico predilige la
canzone di gesta, con la marcia guerriera di un esercito
che il santo atleta porta alla vittoria finale; e anche
il gesto del soccorso accordato è un gesto militare, di
un imperatore trionfante. E' il paesaggio primaverile
dell'Europa atlantica che inquadra la vecchia Castiglia
e Calaruega, la patria di Domenico, ma subito dopo la
sinfonia è allargata ancora a misura epica dal percuoter
dell'onde e dal tramonto oceanico del sole e anche i
titoli del Santo, amoroso drudo della fede, atleta ed il
proverbiale a' nemici crudo battono sulle immagini
guerriere. |
58 |
e come fu
creata, fu repleta
sì la sua mente di viva vertute,
che, ne la madre, lei fece profeta. |
|
58 |
E non appena la sua anima fu creata,
venne a tal punto colmata di efficaci virtù, che, stando
ancora nel grembo materno, diede alla madre spirito
profetico. |
|
I versi 58-60 alludono alla leggenda secondo la quale la
madre di Domenico, poco prima che egli nascesse, sognò
di dare alla luce un cane bianco e nero (i colori
dell'abito domenicano), recante in bocca una face
(simbolo dello zelo di Domenico), con la quale
incendiava il mondo. |
61 |
Poi che le
sponsalizie fuor compiute
al sacro fonte intra lui e la Fede,
u' si dotar di mutüa salute, |
|
61 |
Dopo che furono celebrate
le nozze fra lui e la fede davanti al sacro fonte
battesimale, dove entrambi si portarono in dote,
reciprocamente, la salvezza, |
64 |
la donna che
per lui l'assenso diede,
vide nel sonno il mirabile frutto
ch'uscir dovea di lui e de le rede; |
|
64 |
la madrina che diede in
suo nome il consenso (ad entrare nella fede cristiana),
vide in sogno il mirabile frutto che doveva derivare da
lui e dai suoi seguaci. |
|
Dante ricorda un'altra delle numerose leggende
riguardanti la vita di San Domenico. La madrina sognò il
fanciullo con una stella in fronte, simbolo della
luminosa guida che egli e il suo ordine avrebbero
costituito per il mondo intero. |
67 |
e perché
fosse qual era in costrutto,
quinci si mosse spirito a nomarlo
del possessivo di cui era tutto. |
|
67 |
E affinché anche nel nome egli fosse
quale era di fatto, dal cielo discese una divina
ispirazione (ai genitori) perché fosse chiamato con il
possessivo di colui al quale egli tutto apparteneva. |
|
Domenico e la trascrizione italiana del possessivo
Dominicus, che deriva da Dominus (Signore). Occorre
ricordare, a questo proposito, la grande importanza che
il Medioevo attribuiva al nome, nel quale, secondo la
concezione del tempo, era racchiusa la caratteristica
essenziale dell'individuo che lo portava. |
70 |
Domenico fu
detto; e io ne parlo
sì come de l'agricola che Cristo
elesse a l'orto suo per aiutarlo. |
|
70 |
Fu chiamato Domenico; ed
io lo presento come l’agricoltore che Cristo scelse per
far fruttificare il suo orto, la Chiesa. |
73 |
Ben parve
messo e famigliar di Cristo:
ché 'l primo amor che 'n lui fu manifesto,
fu al primo consiglio che diè Cristo. |
|
73 |
A buon diritto apparve
nunzio e servitore di Cristo, poiché il primo amore che
si manifestò in lui, fu per la povertà, il primo
precetto che diede Cristo. |
|
Fu al primo consiglio che dié Cristo: Dante può
riferirsi alla prima delle Beatitudini ("Beati i poveri
in spirito"; Matteo V, 3; cfr. anche Luca VI, 20) oppure
alla risposta data da Cristo al giovane che Gli aveva
chiesto come raggiungere la salvezza eterna: "va', vendi
quanto hai, dallo ai poveri... poi vieni e seguimi"
(Matteo XIX, 21). Preferibile la prima interpretazione,
che sottolinea il motivo, ribadito nella terzina
seguente, della povertà come umiltà di spirito. |
76 |
Spesse fïate
fu tacito e desto
trovato in terra da la sua nutrice,
come dicesse: 'Io son venuto a questo'. |
|
76 |
Spesso fu sorpreso dalla
sua nutrice mentre, tacito e desto, stava coricato sulla
terra, come se volesse dire: “Io sono venuto per questo
(per vivere in umiltà e povertà)”. |
79 |
Oh padre suo
veramente Felice!
oh madre sua veramente Giovanna,
se, interpretata, val come si dice! |
|
79 |
O padre suo veramente
Felice! o madre sua veramente Giovanna, se questo nome,
inteso nel suo significato etimologico, ha il valore che
si dice! |
|
Secondo l'etimologia ebraica, fatta propria dalla
lessicografia medievale, il nome Giovanna significa "
grazia di Dio", "favorita dalla grazia di Dio". |
82 |
Non per lo
mondo, per cui mo s'affanna
di retro ad Ostïense e a Taddeo,
ma per amor de la verace manna |
|
82 |
Non per conseguire beni e onori
terreni, per i quali ora ci si affanna negli studi di
diritto canonico o di medicina (a Taddeo), ma per amore
della vera sapienza |
|
Di retro ad Ostiense:
Enrico di Susa, vescovo e cardinale di Ostia, morto nel
1271, fu un celebre studioso di diritto canonico (
autore di una Summa molto divulgata), docente nelle
università di Bologna e di Parigi. Taddeo: secondo
alcuni è Taddeo d'Al derotto, famoso medico fiorentino,
autore di molti scritti di medicina, secondo altri è
Taddeo Pepoli, poeta e giureconsulto bolognese,
contemporaneo di Dante. |
85 |
in picciol
tempo gran dottor si feo;
tal che si mise a circüir la vigna
che tosto imbianca, se 'l vignaio è reo. |
|
85 |
divenne in breve tempo un
dottissimo teologo, così che (con il suo sapere)
cominciò a girare intorno, per difenderla e coltivarla,
alla vigna ( la Chiesa ) che subito inaridisce, se il
vignaiuolo (il pontefice) non adempie al suo ufficio. |
88 |
E a la sedia
che fu già benigna
più a' poveri giusti, non per lei,
ma per colui che siede, che traligna, |
|
88 |
E al soglio papale, il
quale un tempo fu molto più generoso (di quanto lo sia
ora) verso i poveri onesti, non per colpa
dell’istituzione pontificia come tale, ma per colpa del
papa, che devia dal giusto cammino, |
91 |
non
dispensare o due o tre per sei,
non la fortuna di prima vacante,
non decimas, quae sunt pauperum Dei, |
|
91 |
non di distribuire ( ai
poveri ) la metà o il terzo (del denaro ad essi
destinato, trattenendo per se il rimanente), né di
ottenere le rendite del primo beneficio che rimanesse
vacante, né di godere le decime, che sono destinate ai
bisogni dei poveri di Dio. |
94 |
addimandò,
ma contro al mondo errante
licenza di combatter per lo seme
del qual ti fascian ventiquattro piante. |
|
94 |
chiese, bensì chiese
il permesso di combattere contro gli errori del mondo
cristiano in difesa di quella fede che è il seme dal
quale sono germogliate le ventiquattro piante che ti
circondano. |
|
Recatosi a Roma nel 1205, Domenico ottenne dal pontefice
Innocenzo III il permesso di iniziare la predicazione
contro gli eretici Albigesi della Provenza. Nel 1215 gli
chiese l'approvazione del suo ordine, che però gli fu
concessa solo da Onorio III nel 1216. |
97 |
Poi, con
dottrina e con volere insieme,
con l'officio appostolico si mosse
quasi torrente ch'alta vena preme; |
|
97 |
Poi sostenuto
dalla dottrina e dalla forza di volontà e dall’autorità
conferitagli dal mandato del pontefice si mosse con la
forza di un torrente che sgorga da una sorgente
profonda; |
100 |
e ne li
sterpi eretici percosse
l'impeto suo, più vivamente quivi
dove le resistenze eran più grosse. |
|
100 |
e il suo
impeto si abbatté sulle male piante dell’eresia, più
vigorosamente là (in Provenza) dove le resistenze erano
più forti. |
103 |
Di lui si
fecer poi diversi rivi
onde l'orto catolico si riga,
sì che i suoi arbuscelli stan più vivi. |
|
103 |
Da lui (paragonato prima a
un torrente) si formarono poi numerosi ruscelli le cui
acque irrigarono fecondandolo l’orto della Chiesa, così
che i fedeli sono (ora) più vigorosi nella fede. |
|
I diversi rivi che ebbero origine dall'opera di San
Domenico sono i tre rami del suo ordine: i predicatori,
le suore e i terziari. In Domenico non c'è sosta, e
quasi nemmeno, si direbbe, pausa contemplativa: pensiero
ed opera fanno tutt'uno, la sua mente e piena di
flirtate nell'atto stesso del concepimento, e fa
profetare la madre, che sogna la visione del cane bianco
e nero che porta in bocca la fiaccola incendiaria, e il
prodigio si replica nella madrina del battesimo, che
sogna il fanciullo con la stella in fronte, e
un'ispirazione santa dichiara il nome che gli deve
essere dato, Domenico, " pertinente al Signore ". Anche
la triplice menzione di Cristo ribadisce, rafforzandolo,
il richiamo devoto e fermo della vita santa, mentre
l'esaltazione si allarga, dopo l'estasi della preghiera
notturna (tacito e desto), nella propiziazione dei nomi
dei genitori, Felice e Giovanna, che s'interpretava "
grazia di Dio": non un dubbio sfiora il panegirista, e
l'affermazione è ancora una volta squillante di una
certezza superba. E deciso, sicuro, è il cammino di
Domenico verso la sapienza, gran dottor, ma per
lavorare, umile ed operoso, alla vigna mistica di
Cristo, non per conquistare ricchezza e potere con la
scienza decretalista o con quella medica. Il
personalismo francescano, riassunto in forme d'arte già
tanto numerose e vulgate, conduceva Dante ai grandi
quadri della vita di Francesco e a riassumere nei
magnanimi colloqui coi grandi della terra i suoi atti;
ma qui una preoccupazione più istituzionale, ed anche lo
scadere della potenza fantastica dopo il volo dell'altro
canto, lo inducono a fermarsi su tratti raccolti: le
suppliche di Domenico alla Chiesa, fatte nei debiti modi
procedurali e rituali, evitano ad una ad una le
tentazioni mondane, e si raccolgono, ancora una volta,
nel tema epico: licenza di combatter. Dottrina e volontà
convergono nei tratti dell'eroe operoso, ma ancora la
preoccupazione istituzionale e la riverenza all'autorità
pontificia fanno cadere l'accento sull'officio
apostolico quasi per riscattare ogni personalismo da
quell'impeto soverchio. |
106 |
Se tal fu
l'una rota de la biga
in che la Santa Chiesa si difese
e vinse in campo la sua civil briga, |
|
106 |
Se tale fu una delle due
ruote sulle quali si resse il carro della Santa Chiesa
che vinse combattendo apertamente la sua guerra civile
(perché la lotta fra eretici e fedeli avviene in seno
alla Chiesa stessa), |
109 |
ben ti
dovrebbe assai esser palese
l'eccellenza de l'altra, di cui Tomma
dinanzi al mio venir fu sì cortese. |
|
109 |
ben ti dovrebbe essere
sufficientemente chiara l’eccellenza dell’altra ruota
(San Francesco), riguardo alla quale Tommaso fu cosi
cortese (facendone l’elogio) prima che io venissi ( con
la seconda corona di beati). |
112 |
Ma l'orbita
che fé la parte somma
di sua circunferenza, è derelitta,
sì ch'è la muffa dov' era la gromma. |
|
112 |
Ma il solco segnato dalla
parte esterna della circonferenza di questa ruota, è
abbandonato, così che dove c’era virtù e unione c’è
(ora) corruzione e disunione. |
|
E la muffa dov'era la gromma:
è una ad essa. Dopo vani tentativi di riportare la pace
fra le due correnti dei frati minori, il pontefice
Giovanni XXII nel 1317 e nel 1318 condannò gli
spirituali come eretici e ribelli. Dante in questo
momento non prende posizione per nessuna delle due
parti, condannando, per mezzo di San Bonaventura, le
divisioni che hanno trascinato l'ordine francescano
fuori dell'orbita segnata da colui che fu tutto serafico
in ardore. |
115 |
La sua
famiglia, che si mosse dritta
coi piedi a le sue orme, è tanto volta,
che quel dinanzi a quel di retro gitta; |
|
115 |
Il suo ordine, che aveva
seguito le orme del proprio fondatore, si è tanto volto
in direzione opposta, che cammina a ritroso; |
118 |
e tosto si
vedrà de la ricolta
de la mala coltura, quando il loglio
si lagnerà che l'arca li sia tolta. |
|
118 |
e ben presto dal raccolto
si vedrà la cattiva coltivazione, quando il loglio con
suo dolore si vedrà escluso dall’arca. |
|
Il Barbi così spiega i versi 118-120: "i frati che, per
uno o per altro eccesso, si sono allontanati dalla
volontà di San Francesco, piangeranno il loro errore
quando si vedranno esclusi per sempre dal regno dei
cieli". Dante si è così servito della parabola della
zizzania (Matteo XIII, 24-30) per mettere sotto accusa
le divisioni che lacerano l'ordine francescano. |
121 |
Ben dico,
chi cercasse a foglio a foglio
nostro volume, ancor troveria carta
u' leggerebbe "I' mi son quel ch'i' soglio"; |
|
121 |
Io dico che chi esaminasse
ad uno ad uno i frati del nostro ordine, ne troverebbe
ancora qualcuno fedele alle virtù francescane, nel quale
potrebbe leggere “Io sono quel che un buon francescano
soleva essere”; |
124 |
ma non fia
da Casal né d'Acquasparta,
là onde vegnon tali a la scrittura,
ch'uno la fugge e altro la coarta. |
|
124 |
ma quello non verrà né da
Casale né da Acquasparta, da dove provengono tali
interpreti della regola francescana, che uno la fugge, e
l’altro cerca di renderla più rigida. |
127 |
Io son la
vita di Bonaventura
da Bagnoregio, che ne' grandi offici
sempre pospuosi la sinistra cura. |
|
127 |
Io sono l’anima di
Bonaventura da Bagnorea, che nei grandi incarichi ( da
me ricoperti) posposi sempre la cura delle cose mondane
(a quella delle cose spirituali). |
|
Il panegirico si raccoglie nel modulo fissato da
Tommaso, il cui discreto latino ha fatto l'elogio di
Francesco: dalla dignità dell'uno si trae la nozione
della dignità dell'altro, scelto per un'opera concorde
dalla Provvidenza: e l'immagine di questa concordia
s'innalza armoniosa sopra l'immagine terrena delle
contese fra gli ordini religiosi. Ma passando al
rimprovero fatto ai confratelli, un rimprovero
amareggiato, ma non corruccioso, Bonaventura sostituisce
la similitudine paziente del carro (versi 106-108;
112-113) alla similitudine avventurosa della nave, usata
da Tommaso nella sua condanna del corrotto ordine
domenicano (canto XI, versi 118-120). Passando di
metafora in metafora, immagina poi una botte il cui buon
vino è guasto, ed alla botte in cui il buon vino è
guasto, ed alla gromma che lo conserva si è sostituita
la muffa che l'inacidisce. Ha certo il suo peso, in
questa ricchezza soverchia di metafore, un gusto barocco
che conduce all'uso e abuso di rime preziose: così al
Tomma, familiare e quasi dialettale, corrisponde
l'aulico e retorico somma. Ed è certo acuta
l'osservazione del Sapegno il quale giudica questa parte
del canto uno squarcio di eloquenza improvvisata; ma
dove il centro dell'invenzione poetica non è una
situazione drammatica, la tecnica oratoria, della cui
sapienza e scaltrezza il poema sacro dà prove
innumerevoli, diventa fine a se stessa. |
130 |
Illuminato e
Augustin son quici,
che fuor de' primi scalzi poverelli
che nel capestro a Dio si fero amici. |
|
130 |
Si trovano in questa
corona Illuminato (da Rieti) e Agostino (d’Assisi ), che
furono fra i primi seguaci di San Francesco, i quali,
cingendosi del capestro (accettando, cioè, la regola
francescana), si resero cari a Dio. |
133 |
Ugo da San
Vittore è qui con elli,
e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,
lo qual giù luce in dodici libelli; |
|
133 |
Sono qui con loro Ugo da
San Vittore, e Pietro Mangiadore e Pietro Ispano, la cui
fama splende in terra grazie ai suoi dodici libri; |
|
Ugo, nato a Ipres in Fiandra verso il 1097, fu canonico
dell'abbazia di San Vittore presso Parigi, dove morì nel
1141. Fu un famoso teologo della corrente mistica della
Scolastica. Pietro Mangiadore (Petrus Comestor) nacque a
Troyes, in Francia, all'inizio del secolo XII e mori
nell'abbazia di San Vittore nel 1179, dopo essere stato
cancelliere dell'università di Parigi. La sua opera,
Historia Scholastica, è un commento allegorico alla
Bibbia. Pietro Ispano, nato a Lisbona verso il 1226, fu
medico e teologo di chiara fama. Diventato cardinale, fu
eletto al pontificato con il nome di Giovanni XXI nel
1276. Fu autore delle Summulae logicates in dodici
libri. |
136 |
Natàn
profeta e 'l metropolitano
Crisostomo e Anselmo e quel Donato
ch'a la prim' arte degnò porre mano. |
|
136 |
(si trovano qui) il profeta Natan e il
metropolita Crisostomo e Anselmo e quel Donato che si
occupo della scienza grammaticale. |
|
Natan, profeta ebraico, rimproverò a David il suo
adulterio con Betsabea (III Samuele XII, I sgg.). San
Giovanni d'Antiochia, detto Crisostomo, "bocca d'oro",
per la sua eloquenza, fu metropolita di Costantinopoli e
mori nel 407. E' uno dei più grandi Padri della Chiesa
greca, autore di innumerevoli scritti di teologia e di
morale. Anselmo d'Aosta (c. 1033-1109) entrò nell'ordine
benedettino e divenne arcivescovo di Canterbury nel
1093. EL uno dei maggiori teologi del Medioevo. Elio
Donato, celebre grammatico del IVsecolo, fu maestro di
San Gerolamo. La sua opera più importante è l'Ars
gramatica, che per secoli costituì nelle scuole il testo
ufficiale per lo studio della grammatica (la "prima"
delle sette scienze o arti del Trivio e del Quadrivio )
e della lingua latina. |
139 |
Rabano è
qui, e lucemi dallato
il calavrese abate Giovacchino
di spirito profetico dotato. |
|
139 |
È qui Rabano, e mi
risplende di fianco l’abate calabrese Gioacchino, dotato
di spirito profetico. |
142 |
Ad inveggiar
cotanto paladino
mi mosse l'infiammata cortesia
di fra Tommaso e 'l discreto latino; |
|
142 |
Ad emulare (celebrando le
lodi di San Domenico) un così valido paladino (San
Tommaso, paladino di San Francesco) mi indusse l’ardente
cortesia di frate Tommaso e le sue assennate parole; |
145 |
e mosse meco
questa compagnia». |
|
145 |
e mosse insieme con me gli
altri spiriti: (a manifestare il loro consenso con la
danza e il canto)". |