L'AVERROISMO DEL CAVALCANTI
Guido fu soltanto uno
spirito spregiudicato, di temperamento sdegnoso e
sprezzante, e si intende come volesse distinguersi dalla
volgare gente, la quale si vendicava di queste sue
altere virtù, dandogli del miscredente e dell'eretico.
Non si può negare che nel pensiero di Guido ci siano
degli aspetti averroistici ed epicurei; ma questa è già
la caratteristica dei poeti dello stil novo, che non
sono iniziati a una determinata scuola filosofica,
perché essi si valgono soltanto delle idee che sono
nell'aria (come avviene di solito ai poeti), e le
accolgono senza discriminazione alcuna e contaminandole
insieme, e, se mai, si giovano di un formalismo
logicizzante. Certo si può parlare della irreligiosità
di Guido, ma in questo caso irreligiosità non significa
ateismo, ma soltanto spregiudicato gusto di modernità.
Dopo Dante, robustamente incentrato nella religione e
nella filosofia tomistica, gli altri poeti cominciano a
respirare in un cielo diverso : sono nominalmente
cattolici, ma la loro religiosità non ha più nulla di
strettamente confessionale; si tratta di una religiosità
mondana, quale si trova sempre nel travaglio di ogni
originale Creatore. E non manca l'influenza
dell'averroismo, che portava nella filosofia cattolica
almeno l'eresia della doppia verità. È certo che nella
poesia di Cavalcanti manca ogni sentimento mistico
dell'amore e della morte, nel senso medievale del
termine, e le sue alate figure di angelelle si levano in
un cielo razionale, dove non si avverte il respiro del
vecchio
Dio. Se è suo il sonetto Morte gentil, rimedio de'
cattivi, bisognerebbe convenire che Guido era veramente
un po' fuori dalla religione tradizionale; ma il
desiderio e l'invocazione della morte, che nasce dal
sentimento malinconico e doloroso proprio dell'amore, è
un motivo diffuso nei poeti dello stilnovo. In Dante
certamente il sentimento della morte ha un forte
colorito mistico, ed ha qualcosa di soave, mentre in
Guido la morte viene presentata con un accento di
disperazione. Però in lui ci sono delle novità di ordine
speculativo, che lo staccano da tutta l'altra compagnia
di stilnovisti. Egli ha determinato le polemiche
organiche del corpo, ha distinto tra la mente, il core e
l'anima; il core sarebbe la sede degli affetti, l'anima
la sede delle facoltà vitali, la mente la sede delle
immaginazioni
e delle visioni.
Soltanto questa corporizzazione delle facoltà può dar
l'impressione che egli materializzi la vita dello
spirito (si ricordi Dante, nel Purgatorio, quello che
dice delle anime, che si accendono dentro l'una dopo
l'altra); ma a noi importa a questo punto rilevare che
nella lirica di Guido tali materializzazioni danno luogo
a una vis drammatica, che nasce per questo intervento o
conflitto o concordia delle varie potenze, nel loro
subire o nel loro agire alle operazioni dell'amore.
Prendiamo per esempio il sonetto S'io prego questa donna
che pietate Non sie nemica del su' cor gentile, noi vi
rileviamo la personificazione e drammatizzazione
dell'anima dei sospiri, del cuore e della mente: l'anima
dolente e paurosa piange nei sospiri che essa trova nel
cuore; questi sospiri escono bagnati di pianto,
e la mente assiste a tutto questo mortorio. Ma nella
nostra parafrasi, volutamente pedantesca, abbiamo
trascurato di dar rilievo che tali simboli speculativi
sono diventati i sentimenti stessi del poeta, e
liricamente espressi in maniera originale
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Allor par che ne la mente piova
una figura di donna pensosa
che vegna per veder morir lo core. |
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Per intendere tale
movimento poetico, è pur necessario richiamarsi
all'architettura, allo scheletro della filosofia
iniziale del rimatore : tale ambizione speculativa di
Guido fu reale, e quella sua filosofia parve a lui e ai
suoi contemporanei la più vera novità.
Per fortuna, autentico temperamento di poeta, egli
riuscì a umanizzare e a drammatizzare queste sue
astrazioni intellettuali; si prenda per esempio il
sonetto Voi che per gli occhi mi passate al core, dove
entrano in movimento tutte queste potenze organiche, la
donna che è passata nel cuore (del poeta) attraverso gli
occhi, e ha svegliato la mente che dormiva, l'amore che
assale con sì gran valore da distruggere e mettere in
rotta tutti i deboletti spiriti che van via. Partiti gli
spiriti non resta in potere d'amore che l'aspetto del
viso, con ciò volendo dire che per l'amore egli è
interamente morto, e rimangono soltanto i segni
esteriori della sua vita
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Riman figura sol'en segnoria
e voce alquanta che parla dolore. |
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Continua poi l'immagine
del combattimento: l'amore, armato di freccia, getta un
dardo dentro dal fianco; il cuore muore sotto il colpo,
e l'anima tremando si riscuote e assiste alla morte del
suo compagno
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Un
dardo mi gettò dentro dal fianco
Si giunse ritto 'l colpo al primo tratto,
che l'anima tremando si riscosse,
veggendo morto 'l cor nel lato manco. |
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Noi abbiamo accennato di
proposito al barocchismo di tali figurazioni, ma bisogna
riconoscere che esse in Guido hanno un valore
intenzionale, iniziale, che, invero, nel ritmo dolente
del suo verso, si trasformano e si obliano quali
figurazioni e simboli, per diventare immagini di
sentimento.
Questo lavorio cerebrale certo portò a una filtrazione
del suo sentire poetico, e nulla di strano che ci sia in
lui qualche volta un abuso di tale attitudine: è certo
che il rimatore si divertì un po' troppo, per esempio,
nel sonetto Per gli occhi fere un spirito sottile, dove
la parole spirito e spiritello è ripetuta quattordici
volte, una volta per verso. Sono le bravure di Guido,
analoghe a quelle dei poeti moderni, Mallarmé e Rimbaud,
autori di alcune poesie ingegnosamente costruite che
fanno oggi il giubilo dei loro ermetici interpreti. |