IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

Critica letteraria

CINQUECENTO

 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 CRITICA DELLA LETTERATURA: IL CINQUECENTO

Il perfetto gentiluomo e l'amore divino

Tra gli ideali di perfezione che il Cinquecento elaborò, si leva, nel Cortegiano di Baldesar Castiglione, l'immagine del perfetto uomo di corte. Espressione estrema e placata del Rinascimento, questo libro compone nell'aureo equilibrio dell'azione e del pensiero un uomo d'arme che sia esperto ad un tempo d'ogni disciplina della mente, per una matura consapevolezza umanistica divenuta un abito di vita, così nei campi di battaglia come nelle sale di corte. Il libro si propone di «formar con parole un perfetto cortegiano, esplicando tutte le condizioni e particolari qualità che si richieggono a chi merita questo nome»: ricerca la «forma di cortigiania più conveniente a gentiluomo che viva in corte di principi», e al modo stesso compone l'immagine della perfetta «donna di palazzo» ...

Il cortegiano perfetto non può esser cosa lodevole, semplicemente e per sé, ma per rispetto del fine al quale è indirizzato: se le doti e gli esercizi di lui dovessero produrre soltanto il frutto del cortegiano per se stesso, tanto studio e tanta fatica sarebbero un eccesso.
Il fine a cui mira la perfetta cortigianìa è l'illuminazione del principe e dunque la salute dello stato. In termini moderni la cortigianìa è il consiglio e il parlamento del principe, o anche l'amministrazione ultima che vigila sulle cose dello stato. E se lo stato secondo la regal frase è il principe voluto da Dio, diventa ufficio capitale del cortegiano farsi istitutore del principe nel dirgli la verità sulle condizioni dello stato, indurlo al cammino della virtù, rimuoverlo da ogni intenzione viziosa. Musica, feste, giochi e l'altre condizioni piacevoli «son quasi il fiore»: ma «indurre o aiutare il suo Principe al bene e spaventarlo dal male, è il vero frutto della cortigiania».
Ma il cortegiano, istitutore del principe, deve anche attuare in se stesso il fine supremo della vita: l'amore che nel suo grado ultimo è un ritorno a Dio. Qui la vita terrestre che il Castiglione ordinò nello stato retto dal principe, società degli umili e dei grandi che obbediscono alla volontà giusta del reggitore, vuol superarsi nel principio dell'amor cosmico che unisce l'uomo a Dio, dalla politica passa al maggior grado dell'etica. In vie non sempre consapevoli, ma tracciate dalla logica insita alle idee che egli professa, il Castiglione persegue una soluzione del rapporto tra politica e morale, fra terra e cielo. Per necessità di perfezione il cortegiano deve attuare in sé l'amor divino: e qui il cortegiano è soltanto l'esempio di ogni uomo che aspiri alla perfezione. Il processo di elevazione del cortegiano si collega al tema dell'amore e della bellezza...

Sulla grande invocazione del Bembo all'amor divino si chiude ogni disputa del libro del Cortegiano: il quale è divenuto l'immagine, nel tempo e nello spazio, dell'uomo perfetto, che vive la vita terrena compiutamente, perché la illumina con l'ideale di una perfezione eroica il cui termine fisso è il Creatore. E non sentite che lo stesso ideale di cortigianìa è oltrepassato? Il cortegiano tende all'ottimo fine di istituire il principe nella verità, nella giustizia, nella forza e in ogni virtù terrena; ma di là da quelle virtù terrestri tende ad una perfezione che porrà il suo amino a contatto con Dio. E questa suprema aspirazione che affina e purifica il cortegiano di là dai termini umani, lo rende sicuramente più atto al suo ufficio presso il principe; e certo il modello di vita che qui si disegna per attuare una pienezza d'opera e di contemplazione, è proposto a coloro che dovran vivere accanto ai reggitori di popoli e per vie dirette o segrete consigliarli, sostenerli, far loro sentire la lode o perfin la riprensione. Ma il modello morale e universale del Cortegiano, chi muti certi dati contingenti che toccan soltanto quella professione, può esser proposto ad ogni uomo, come un trattato del governo dello stato può anche addirsi al governo della famiglia e perfino alla solitaria legge d'ogni individuo per il legame che egli ha col prossimo civile.
Né il Castiglione, dovendo figurare una ideal perfezione umana, poteva uscire dalla gerarchia sociale in cui viveva: e se perfin le fiere, nel detto di Senofane, farebbero a lor somiglianza le immagini degli Dei, non è meraviglia che il Castiglione sublimasse la propria vocazione e missione.
In fine il Cortegiano è l'idea platonica della vita di Baldesar Castiglione: la vita che condusse, quella a cui aspirava: l'autobiografia che avrebbe voluto scrivere di sé. E qui è il più vitale lievito artistico dell'opera.

Alcuno dei moderni poté sentire nell'ultimo libro del Cortegiano (che anche materialmente sembra posteriore alla stesura degli altri tre) una deserta malinconia; non già quell'accoramento stilistico di cui abbiam detto in principio, ma una tristezza che è riflesso di un disagio politico. Il Castiglione doveva sentire astratto il suo cortegiano, non potendogli offrire ideali concreti in cui credere, fossero quello di una monarchia, o di una repubblica, o di una patria. In Italia il cortegiano del Castiglione non poteva empire di una reale aspirazione il suo uffcio, poi ch'era randagio dall'una all'altra corte: non poteva mutare in ideale il mestiere della cortigianìa. Di qui la sconsolata sofferenza del Castiglione, nel cui animo solitario si faceva consapevole la dolorosa fiacchezza dei popoli d'Italia. Ma sembra a me che questo giudizio, nato da un acuto sentimento dello stile di Baldesar Castiglione, sforzi in termini di logica l'animo dello scrittore, e gli attribuisca pensieri e reazioni che soltanto gli Italiani nati col Risorgimento possono sentir vivere in sé medesimi. Certo il Castiglione sentiva la presente miseria dell'Italia con un tono grave e mesto ormai non resta nazione che di noi non abbia fatto preda; tanto che poco più resta che predare; e pur ancor di predar non si resta...

Ma l'ideale del Cortegiano, per essere un'idea di perfezione, non è passibile di sofferenza: non è particolare a una corte o ad un popolo, ma a qualunque corte e a qualunque popolo. Le idee platoniche nascono in un cielo tanto sereno da non poter essere contaminate dai fatti contingenti. E qui si è visto che a -un punto l'ideale del cortegiano di Baldesar Castiglione oltrepassa ogni limite di corte e di società per istituire un rapporto finale tra l'individuo e l'universo, tra il singolo e Dio. In questo ideale ogni altro principio diventa angusto e provvisorio: né si può negare che il libro, tanto concreto, sembra per poco perdere il suo equilibrio e sconfinare in una impossibile fantasia. Ma lo stile tranquillo del Castiglione riporta la misura, con ordinata sicurezza.

Francesco Flora

© 2009 - Luigi De Bellis