La vita
del Cellini
Ciò che domina nel libro celliniano è sempre, sappiamo,
la battagliera e impetuosa individualità di Benvenuto;
quella individualità cui ben si potrebbe riferire il
motto summa tulisse iuvat, inciso dal Cellini sotto un
suo Atlante. Questo motto può essere l'epigrafe
migliore, la definizione più opportuna della Vita; il
cui protagonista subisce le più feroci offese dai nemici
e dal fato e riesce con la sua virtù e con la protezione
divina a conseguire la sua vittoria; e trattisi pure di
vittoria morale, quando la vittoria effettiva non sia
umanamente conseguibile.
Da quanto s'è detto deriva un'altra conclusione: e
precisamente che il carattere dell'autobiografia è
serio, contrariamente a quanto notato da parecchi
critici, i quali hanno parlato di un afflato
comico-novellistico di quella. A nostro parere,
l'elemento comico-novellistico e quello religioso,
surrealistico, patetico, ambientale hanno nella Vita
un'importanza piuttosto secondaria, rispetto
all'essenziale tema della personalità celliniana, e si
presentano soprattutto, come complementi necessari, come
umane ed estetiche integrazioni, onde si determinano
quel totale respiro umano e quel senso di superiore
armonia artistica, che sono propri del libro. Quella di
Benvenuto Cellini è veramente umanità integrale e
circolare; ed il senso supremo di totalità, che la Vita
emana, è determinato, appunto, dall'alterna vicenda dei
motivi che la costituiscono, dalla varia rifrazione e
ripercussione che il tema della virtuosa consapevolezza
della propria eccellenza ha su tutti gli altri elementi,
su cui domina nel modo più completo. L'ispirazione della
biografia celliniana è seria; e la stessa comicità,
l'arguzia e l'umorismo di tante pagine acquistano un più
alto valore estetico, proprio per la loro episodicità, e
valgono altresì da contrappeso ideale a certi momenti di
epico e grave abbandono narrativo, con la loro
equilibratrice e armo= nizzatrice funzione artistica.
Per questo si parlava d'integralità spirituale della
Vita; in cui tutti gli aspetti dell'esistenza sono
presenti, trascritti nella suprema metafora dell'arte.
Colui che considerava la sua vita come una continua
resistenza all'inimica fortuna, come un'osteggiata e
contrastata affermazione di virtù, non poteva non
scrivere un'opera essenzialmente seria; carattere,
questo, che tanto più doveva essere presente alla
fantasia e alla memoria del nostro autore, in quanto
egli dalla Vita si attendeva non solo, come si diceva in
principio, il plauso dei letterati, ma anche la vittoria
morale sugli avversari, il riconoscimento del proprio
umano ed artistico valore. E quando sono in gioco la
dignità e la gloria d'un individuo, si sa che non è
quello il momento adatto per scherzare. La Vita è,
insomma, la grande epopea dell'eroe Benvenuto; ed i
principali episodi della narrazione, quelli che
massimamente contano nella valutazione estetica e danno
il tono fondamentale all'opera intera (e precisamente la
relegazione del Cellini, la stupefacente evasione, il
dissidio con la Tampes e il trionfo del Perseo) sono
sottesi, si può ben dire, in un arco epico ed assunti in
un cielo semplice e grandioso di chanson de geste. |