IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

Critica letteraria

CINQUECENTO

 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 CRITICA DELLA LETTERATURA: IL CINQUECENTO

La posizione storica del Vasari

Il vero schema della vicenda biografica narrata dal Vasari sta in questo processo attivamente ricercato: portare al centro del racconto l'individuata personalità dell'artista. Le opere, guardate sempre con gusto vivace e sensibilità commossa, i casi della vita ora distesamente narrati attraverso la formazione, la maturazione e il trionfo (nell'arte e nella vita, nel domare la materia come nell'accumulare ricchezze), ora isolati nell'aneddoto curioso e gustoso, risultano accostati in profondità soprattutto quando il suo schema di narrazione si è veramente maturato ed ha raggiunto una solidità strutturale intera. Se non fosse l'uomo, il personaggio, a porsi al centro della sua attenzione, né quei concetti da cui egli prende avvio, né lo stesso risultato artistico della sua opera, potrebbero riuscire, quelli tanto densamente pregni di sostanza culturale, questo così fortemente avvertibile.
Ad un certo punto l'artista diviene nella concezione del Vasari un eroe, che dispone, come strumento della sua battaglia, dell'arte: questa sua entusiastica conquista rientra perfettamente negli ordini della società e della cultura di secondo Cinquecento. Come in lui l'idea del suo artista-eroe non era ricavata in una dimensione unica, ma era risultato di singoli contatti con la realtà circostanziata del suo personaggio, ora ironico, ora ingegnoso, ora entusiasta, sempre generoso e umanissimo, così il nuovo ideale dell'uomo che si viene formando sarà pronto a sentire di esso la miseria e la nobiltà, la volontà eroica e il pianto interiore, l'eroico e il patetico: e siamo già al personaggio tassesco, a Tancredi e Clorinda, a Solimano ed Erminia.
In questa dimensione è necessario disporre e sentire il concetto fondamentale che è proprio dell'intuizione vasariana della sua storia e dei suoi artisti: cioè il concetto di «maniera». Esso non è per lui una categoria, in nessun senso: per lui ogni artista ha una sua maniera, per poco che ci sia di veramente artistico ed originale in lui. Essa potrà dare risultati grandi o no, ma è certamente criterio fondamentale, e la sua presenza o meno è spesso elemento decisivo. Essa può essere spesso elemento così importante, risultato tanto brillante dell'opera di un grande artista, da creare una scuola, da divenire un modo di condursi: ma la sua essenza prima non è in questo. Essa è l'ingegno stesso di un artista che si esprima in arte: ad ogni ingegno di qualche peso corrisponde una maniera: L'uso frequente ch'egli fa di questo concetto, per sistemare nella storia delle arti figurative le opere dei suoi pittori, scultori e architetti, non diviene mai in lui uno schema, strumento esterno di sistemazione storica di un'attività: è invece sempre essenzialmente individuato in un artista singolo e, nella sua più vera ed interiore sostanza, irripetibile e inimitabile.

Sicché essa, se fosse separata dalla propria individuazione circostanziata in un artista, perderebbe quasi completamente di significato. La «maniera» di un artista si realizza solo, nella narrazione vasariana, in un modo di fare, di dipingere o di scolpire o di costruire edifici: essa si sostanzia in una dimensione che concretizza totalmente l'umanità del personaggio, e con questa le sue qualità di artista. È il senso meraviglioso delle strutture architettoniche del Brunelleschi e il senso della vita come dramma del Buonarroti. Questi possono anche essere oggetti non veri del guardare alle arti proprio del Vasari: possono essere cioè obiettivi che egli si finge per rispondere ai suoi interessi immediati spesso limitati. Ma come accade sempre nell'arte, l'opera va al di là dell'intenzione dell'artista: egli attraverso quelle individuazioni ci comunica quella viva commozione che lo ha toccato. La sua poetica, cioè le sue idee, la sua meditazione, i suoi ideali, trovano una ferma realizzazione nella sua pagina di biografo: la sua opera non è più soltanto cronaca o storia, non è più soltanto neppure critica, ma è arte con tutto il peso che così viene ad avere per tutta l'epoca che si trovò a viverla da vicino e con forza tale da caratterizzare di sé i tempi successivi.

Così, se stendere la storia delle arti figurative durante il Rinascimento (nell'idea estesa dal XIV al XVI secolo ch'egli ne ha) era stata la sua prima intenzione nell'accingersi al proprio lavoro, l'opera compiuta trova la propria unità ideale e artistica in una ben diversa sostanza: non è più, a darla, la schematica successione delle figure che vengono via via illuminate, ma è la coscienza che quella storia, come tutta la storia, si attua negli individui, nelle singole personalità che una voce quasi divina chiama all'opera. E il fatto che dopo Michelangelo egli continuasse la «descrizione delle opere» di nuovi artefici, è indubbiamente, fin che si vuole incerta e confusa, ma non meno evidente testimonianza che quel suo entusiasmo per l'uomo artefice gli consentiva di spiare nel futuro dell'arte ogni volta che un artista vero si fosse presentato alla storia.
Gli ideali rinascimentali si sono nel Vasari condensati in viva passione: egli non consegna quindi alla sua età solo il bilancio freddo di un'epoca che sente chiusa o rinchiudentesi allora. Gli affida invece una somma di elementi vivi di tutto il suo entusiasmo: il senso della crisi dei valori rinascimentali egli lo denuncia nel fissare fortemente l'ideale michelangiolesco che percorre tutta la sua storia. Ma non si ferma a questo risultato: da questo egli ricava un senso più vivo della capacità di fare propria degli uomini, e con lui ci si avvia ad un'età in cui l'uomo sarà diversamente guardato, non solo come cosa di un mondo complesso, ma come esso stesso mondo fatto di spirito, di sentimenti, di volontà. Sui suoi contemporanei tutto questo ebbe certo un'eco notevole e d'altra parte molte delle sue idee egli le ricavava dall'ambiente che lo circondava: il suo porre le tre arti figurative sullo stesso piano, e sul piano di ogni altra parte, gli deriva certo in gran parte dalla disputa che sulla metà del Cinquecento si animò in Firenze intorno alla superiorità dell'una o dell'altra arte; disputa alla quale il Varchi aveva apprestato la risposta conciliante, e a cui perfino Michelangelo aderiva, che qualsiasi umana azione si proponesse gli stessi fini fosse da considerare simile. Non è per altro con questi mezzi tutti esterni che si può provare la piena storicità di un'operazione come quella compiuta dal Vasari. Il suo pieno significato esso lo attinge nella forza con cui afferma quei suoi atteggiamenti: quando il Borghini si fa a considerare il poema dantesco sarà bene a considerazioni e impostazioni di quel tipo che si potrà interiormente richiamare. Del resto, certamente l'azione del Borghini sul Vasari fu altrettanto importante e determinante. È in realtà il clima culturale nuovo che si viene a formare in Firenze che deve essere fatto sfondo di tutto ciò, e spiegare ma soprattutto essere spiegato da un'opera come questa che ci è dinanzi.

E tutta una serie interessantissima di osservazioni potrebbe ricavarsi dal linguaggio vasariano: noi ci limiteremo ad osservare un fatto fondamentale. Gli elementi tecnici, realistici e popolari, che gli sono propri hanno individualmente dietro di sé una solida tradizione, di cui Machiavelli nel pieno Rinascimento era interprete e simbolo. Ma qui essi sono in verità assai spostati da quella tradizione: che è il modello, ma niente di più. Il significato di cui queste nuove forme sono dense sta nella diversa sostanza spirituale di cui sono costituite: non c'è più in esse quella sicurezza interiore che si definisce in linee di ferma evidenza, ma un'ansia di determinazione, uno sfumato complesso, un costante desiderio di attingere le più intime zone dell'umano carattere, uno sforzo per sentire le ragioni segrete delle azioni. Si stabilisce con esse un piano di più varia, morbida, risentita umanità: sono insomma il risultato di un modo diverso di sentire, di una diversa civiltà, di quel momento particolare della storia dello spirito e delle lettere che è il «manierismo».

Il manierismo vasariano ha un significato e una sostanza ben diversi da quelli che la critica gli ha spesso attribuito. Non è il calco, sia pure entusiastico, sia pure commosso, di figure e cose dell'età del Rinascimento maturo: è un atteggiamento culturale e umano che reca individuati, vari e numerosi i suoi prodotti. Manierismo è solo il termine per definire in una formula una esperienza culturale, artistica e umana che non comporta una valutazione restrittiva. Il Vasari scrittore è un artista che possiede intimamente il proprio mondo espressivo. Come tutti i momenti della storia umana più gravidi di motivi diversi e contrastanti, difficilmente unificabili, l'età che ci è dinanzi non ci si presenta in una dimensione unica, in una sua unitarietà immediatamente percettibile. Ma multiforme com'è, essa ha una sua sostanza ineccepibile, che il Vasari ha il merito storico di avvertire e di offrire ai suoi tempi.

Riccardo Scrivano

© 2009 - Luigi De Bellis