La
posizione storica del Vasari
Il vero schema della vicenda biografica narrata dal
Vasari sta in questo processo attivamente ricercato:
portare al centro del racconto l'individuata personalità
dell'artista. Le opere, guardate sempre con gusto vivace
e sensibilità commossa, i casi della vita ora
distesamente narrati attraverso la formazione, la
maturazione e il trionfo (nell'arte e nella vita, nel
domare la materia come nell'accumulare ricchezze), ora
isolati nell'aneddoto curioso e gustoso, risultano
accostati in profondità soprattutto quando il suo schema
di narrazione si è veramente maturato ed ha raggiunto
una solidità strutturale intera. Se non fosse l'uomo, il
personaggio, a porsi al centro della sua attenzione, né
quei concetti da cui egli prende avvio, né lo stesso
risultato artistico della sua opera, potrebbero
riuscire, quelli tanto densamente pregni di sostanza
culturale, questo così fortemente avvertibile.
Ad un certo punto l'artista diviene nella concezione del
Vasari un eroe, che dispone, come strumento della sua
battaglia, dell'arte: questa sua entusiastica conquista
rientra perfettamente negli ordini della società e della
cultura di secondo Cinquecento. Come in lui l'idea del
suo artista-eroe non era ricavata in una dimensione
unica, ma era risultato di singoli contatti con la
realtà circostanziata del suo personaggio, ora ironico,
ora ingegnoso, ora entusiasta, sempre generoso e
umanissimo, così il nuovo ideale dell'uomo che si viene
formando sarà pronto a sentire di esso la miseria e la
nobiltà, la volontà eroica e il pianto interiore,
l'eroico e il patetico: e siamo già al personaggio
tassesco, a Tancredi e Clorinda, a Solimano ed Erminia.
In questa dimensione è necessario disporre e sentire il
concetto fondamentale che è proprio dell'intuizione
vasariana della sua storia e dei suoi artisti: cioè il
concetto di «maniera». Esso non è per lui una categoria,
in nessun senso: per lui ogni artista ha una sua
maniera, per poco che ci sia di veramente artistico ed
originale in lui. Essa potrà dare risultati grandi o no,
ma è certamente criterio fondamentale, e la sua presenza
o meno è spesso elemento decisivo. Essa può essere
spesso elemento così importante, risultato tanto
brillante dell'opera di un grande artista, da creare una
scuola, da divenire un modo di condursi: ma la sua
essenza prima non è in questo. Essa è l'ingegno stesso
di un artista che si esprima in arte: ad ogni ingegno di
qualche peso corrisponde una maniera: L'uso frequente
ch'egli fa di questo concetto, per sistemare nella
storia delle arti figurative le opere dei suoi pittori,
scultori e architetti, non diviene mai in lui uno
schema, strumento esterno di sistemazione storica di
un'attività: è invece sempre essenzialmente individuato
in un artista singolo e, nella sua più vera ed interiore
sostanza, irripetibile e inimitabile.
Sicché essa, se fosse separata dalla propria
individuazione circostanziata in un artista, perderebbe
quasi completamente di significato. La «maniera» di un
artista si realizza solo, nella narrazione vasariana, in
un modo di fare, di dipingere o di scolpire o di
costruire edifici: essa si sostanzia in una dimensione
che concretizza totalmente l'umanità del personaggio, e
con questa le sue qualità di artista. È il senso
meraviglioso delle strutture architettoniche del
Brunelleschi e il senso della vita come dramma del
Buonarroti. Questi possono anche essere oggetti non veri
del guardare alle arti proprio del Vasari: possono
essere cioè obiettivi che egli si finge per rispondere
ai suoi interessi immediati spesso limitati. Ma come
accade sempre nell'arte, l'opera va al di là
dell'intenzione dell'artista: egli attraverso quelle
individuazioni ci comunica quella viva commozione che lo
ha toccato. La sua poetica, cioè le sue idee, la sua
meditazione, i suoi ideali, trovano una ferma
realizzazione nella sua pagina di biografo: la sua opera
non è più soltanto cronaca o storia, non è più soltanto
neppure critica, ma è arte con tutto il peso che così
viene ad avere per tutta l'epoca che si trovò a viverla
da vicino e con forza tale da caratterizzare di sé i
tempi successivi.
Così, se stendere la storia delle arti figurative
durante il Rinascimento (nell'idea estesa dal XIV al XVI
secolo ch'egli ne ha) era stata la sua prima intenzione
nell'accingersi al proprio lavoro, l'opera compiuta
trova la propria unità ideale e artistica in una ben
diversa sostanza: non è più, a darla, la schematica
successione delle figure che vengono via via illuminate,
ma è la coscienza che quella storia, come tutta la
storia, si attua negli individui, nelle singole
personalità che una voce quasi divina chiama all'opera.
E il fatto che dopo Michelangelo egli continuasse la
«descrizione delle opere» di nuovi artefici, è
indubbiamente, fin che si vuole incerta e confusa, ma
non meno evidente testimonianza che quel suo entusiasmo
per l'uomo artefice gli consentiva di spiare nel futuro
dell'arte ogni volta che un artista vero si fosse
presentato alla storia.
Gli ideali rinascimentali si sono nel Vasari condensati
in viva passione: egli non consegna quindi alla sua età
solo il bilancio freddo di un'epoca che sente chiusa o
rinchiudentesi allora. Gli affida invece una somma di
elementi vivi di tutto il suo entusiasmo: il senso della
crisi dei valori rinascimentali egli lo denuncia nel
fissare fortemente l'ideale michelangiolesco che
percorre tutta la sua storia. Ma non si ferma a questo
risultato: da questo egli ricava un senso più vivo della
capacità di fare propria degli uomini, e con lui ci si
avvia ad un'età in cui l'uomo sarà diversamente
guardato, non solo come cosa di un mondo complesso, ma
come esso stesso mondo fatto di spirito, di sentimenti,
di volontà. Sui suoi contemporanei tutto questo ebbe
certo un'eco notevole e d'altra parte molte delle sue
idee egli le ricavava dall'ambiente che lo circondava:
il suo porre le tre arti figurative sullo stesso piano,
e sul piano di ogni altra parte, gli deriva certo in
gran parte dalla disputa che sulla metà del Cinquecento
si animò in Firenze intorno alla superiorità dell'una o
dell'altra arte; disputa alla quale il Varchi aveva
apprestato la risposta conciliante, e a cui perfino
Michelangelo aderiva, che qualsiasi umana azione si
proponesse gli stessi fini fosse da considerare simile.
Non è per altro con questi mezzi tutti esterni che si
può provare la piena storicità di un'operazione come
quella compiuta dal Vasari. Il suo pieno significato
esso lo attinge nella forza con cui afferma quei suoi
atteggiamenti: quando il Borghini si fa a considerare il
poema dantesco sarà bene a considerazioni e impostazioni
di quel tipo che si potrà interiormente richiamare. Del
resto, certamente l'azione del Borghini sul Vasari fu
altrettanto importante e determinante. È in realtà il
clima culturale nuovo che si viene a formare in Firenze
che deve essere fatto sfondo di tutto ciò, e spiegare ma
soprattutto essere spiegato da un'opera come questa che
ci è dinanzi.
E tutta una serie interessantissima di osservazioni
potrebbe ricavarsi dal linguaggio vasariano: noi ci
limiteremo ad osservare un fatto fondamentale. Gli
elementi tecnici, realistici e popolari, che gli sono
propri hanno individualmente dietro di sé una solida
tradizione, di cui Machiavelli nel pieno Rinascimento
era interprete e simbolo. Ma qui essi sono in verità
assai spostati da quella tradizione: che è il modello,
ma niente di più. Il significato di cui queste nuove
forme sono dense sta nella diversa sostanza spirituale
di cui sono costituite: non c'è più in esse quella
sicurezza interiore che si definisce in linee di ferma
evidenza, ma un'ansia di determinazione, uno sfumato
complesso, un costante desiderio di attingere le più
intime zone dell'umano carattere, uno sforzo per sentire
le ragioni segrete delle azioni. Si stabilisce con esse
un piano di più varia, morbida, risentita umanità: sono
insomma il risultato di un modo diverso di sentire, di
una diversa civiltà, di quel momento particolare della
storia dello spirito e delle lettere che è il
«manierismo».
Il manierismo vasariano ha un significato e una sostanza
ben diversi da quelli che la critica gli ha spesso
attribuito. Non è il calco, sia pure entusiastico, sia
pure commosso, di figure e cose dell'età del
Rinascimento maturo: è un atteggiamento culturale e
umano che reca individuati, vari e numerosi i suoi
prodotti. Manierismo è solo il termine per definire in
una formula una esperienza culturale, artistica e umana
che non comporta una valutazione restrittiva. Il Vasari
scrittore è un artista che possiede intimamente il
proprio mondo espressivo. Come tutti i momenti della
storia umana più gravidi di motivi diversi e
contrastanti, difficilmente unificabili, l'età che ci è
dinanzi non ci si presenta in una dimensione unica, in
una sua unitarietà immediatamente percettibile. Ma
multiforme com'è, essa ha una sua sostanza ineccepibile,
che il Vasari ha il merito storico di avvertire e di
offrire ai suoi tempi. |