IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

CRITICA LETTERARIA

IL NOVECENTO

 

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CRITICA: IL NOVECENTO

ITALO SVEVO

 

 

Innanzi tutto il tono di Svevo è condizionato dalla presenza del tema autobiografico che, anche se trattato con la libertà inventiva dell'artista, ritorna costante almeno come dato di partenza in tutte le pagine significative, dal giovanile romanzo Una vita fino alle novelle della maturità e al libro interrotto dalla morte. Né l'autobiografia risulta espediente minore di attacco verso la narrativa: anzi s'impone come procedimento naturale per aderire a una prima e profonda verità che non voleva esser tradita. Rilevare l'ingenuità letteraria della maniera con la quale lo scrittore trasferisce intenzioni e segreti della propria coscienza in personaggi che hanno il nome di Alfonso Nitti o Emilio Brentani importa meno che osservare come di volta in volta l'autobiografia torni rinnovata ad assolvere proprio un nuovo assunto letterario; perché non solo la tecnica ingenua di Una vita è abbondantemente riscattata dai pregi di una forte tempra di narratore ed è la medesima delle opere giovanili di scrittori più grandi, ma l'autobiografia si snoda con modulazioni assai varie, dalla concentrazione drammatica di Senilità all'ironia signorile della Novella del buon vecchio e della bella fanciulla. Tuttavia nel diario-romanzo di Zeno si realizza quanto di più nuovo e di più vero ci ha dato Svevo, e il libro si presenta come un'autentica opera narrativa; misurabile sui personaggi, le situazioni, il tempo. I personaggi che in Una vita e ancora in parte in Senilità erano presentati con un amore minuzioso del vero che li rendeva in parte sproporzionati al significato delle vicende, nella Coscienza di Zeno trovano la loro misura esatta, riportati assiduamente e pure senza ostentazione polemica o sentimentale a quell'indice sicuro di verità che è l'animo del protagonista. Persino figure caratterizzate da una mossa tipica e ridotte quasi alla fissità delle macchiette, si trovano infatti riscattate nel gioco di attrazione, di repulse, di manie che è la coscienza di Zeno : si ricordi, per esempio, quel Tullio che parla dei cinquantaquattro muscoli della gamba, o il Copler, l'amico malato che introduce Zeno da Carla, o l'agente di cambio di Guido, il Nilini. Ma innanzi a tutti stanno le donne, Augusta, Carla, Ada, che intrecciano, consapevolmente o no le loro esistenze, non collaborano solo a compiere l'educazione di Zeno: gli conservano dinanzi con irrefutabile urgenza la sua controversa idea del mondo amato e ostile. E Zeno, ormai vecchio, sul punto di ritrovare l'equilibrio dell'uomo sano, ma pronto ancora a tradire sua moglie, tenterà infatti di riassumere in forma compendiosa il valore di questa sua storia sentimentale: «Fu un vero raccoglimento il mio, uno di quegl'istanti rari che l'avara vita concede, di vera grande oggettività in cui si cessa finalmente di credersi e sentirsi vittima. In mezzo a quel verde rilevato tanto deliziosamente da quegli sprazzi di sole, seppi sorridere alla mia vita e anche alla mia malattia. La donna vi ebbe una importanza enorme. Magari a pezzi i suoi piedini, la sua cintura, la sua bocca, riempirono i miei giorni. E rivedendo la mia vita e anche la mia malattia le amai, le intesi! Come era stata più bella la mia vita che non quella dei cosiddetti sani, coloro che picchiavano o avrebbero voluto picchiare la loro donna ogni giorno salvo in certi momenti. Io, invece ero stato accompagnato sempre dall'amore...». Sono parole fortemente rivelatrici, se anche condensano in una forma quasi concettuale la fluidità difficilmente ripetibile della storia di Zeno, sempre perplesso tra le due condizioni opposte di chi vuole una certezza o dal mondo o da sé, quelle in qualche modo simboleggiate dalla sua doppia vocazione di studente di chimica e di studente di legge. E Svevo tenta ancora di estrarne una giustificazione al «sistema» del suo personaggio nelle ultime pagine del romanzo, quando Zeno sfiduciato della cura del medico psicanalista si rivolge al vecchio dottor Paoli e trova una calma insperata all'idea di essere malato di diabete: «Il Paoli analizzò la mia orina in mia presenza. Il miscuglio si colorì in nero e il Paoli si fece pensieroso. Ecco finalmente una vera analisi e non più una psicoanalisi. Mi ricordai con simpatia e commozione del mio passato lontano di chimico e di analisi vere: io, un tubetto e un reagente! L'altro, l'analizzato, dorme finché il reagente imperiosamente non lo desti. La resistenza del tubetto non c'è o cede alla minima elevazione della temperatura e la simulazione manca del tutto». Perciò la salute come equilibrio spirituale Zeno la raggiunse senza un suo intervento attivo; anzi nella calma del suo animo il romanzo si esaurisce; nella serenità a cui è approdato si spengono le ragioni che l'hanno fatto scrittore. Ancora una volta sussiste la coincidenza tra la biografia e l'arte, se al punto d'equilibrio sorridente e deluso Svevo arrivò molti anni dopo la composizione di Senilità, non senza che il secondo romanzo portasse già le tracce della disposizione che La coscienza di Zeno doveva alleggerire e perfezionare, non tradire...

I non pochi lettori che riconobbero in Senilità l'opera più riuscita di Svevo, cedettero senza dubbio alla suggestione della compostezza strutturale del racconto più che al senso di verità umana dei personaggi; veramente Senilità tradisce in ogni parte la condizione di uno scrittore intelligentissimo e perciò sensibile ai fatti più sottili dell'anima, e pure rivela un'istintiva forza di intuizione psicologica che si impone quasi al di fuori della sua consistenza letteraria.

Forse un lungo discorso a questo proposito si potrebbe svolgere sul particolare clima della letteratura in quella provincia eccentrica che è Trieste, aperta al richiamo di opposte e lontane civiltà e per questo anche rimasta fuori da un'esatta linea di tradizione letteraria. Non si verrebbe che a confermare «la ragione di uno pseudonimo che sembra voler affratellare la razza italiana e quella germanica» suggerita dallo scrittore; e senza dubbio si andrebbe più lontano di quanto non si possa con i molti raffronti tentati nella letteratura europea. Ma il tono della narrativa di Svevo non verrebbe molto meglio chiarito nella sua essenza, nella sua contraddizione difficilmente sanabile, eppure tanto efficace a un effetto di poesia. Perché in Senilità la consistenza delle persone e la semplificazione nel racconto, mentre vanificano la parte della tesi (quella delle ultime pagine che dà il titolo al romanzo, dànno la misura del vigore naturale dello scrittore, in una forma che, indulgendo meno al divertimento dell'ironia e tenendo la situazione in una forte tensione di dramma, risolve più immediatamente in ritmo narrativo l'implacabile amore di verità. I rapporti fra Senilità e La coscienza di Zeno non restano meno stretti per queste ragioni. Ma mentre la critica ha insistito sull'affinità di personaggi dei due libri, più vero e utile sarebbe sottolineare certi tratti che, come materia psicologica, possono misurarsi su uno stesso metro e stilisticamente si risolvono in fatti diversi nella diversa atmosfera dei due libri. Si risalirebbe anzi per questa lettura a Una vita, ,trattata magari come zibaldone giovanile e portrait of the artist as a young man. C'è, per esempio, come situazione necessaria nei tre romanzi quella del protagonista che si riconosce e si stacca da un mondo di illusioni e d'errori nel contemplare la morte di una persona cara: Alfonso Nitti di fronte alla madre; Emilio Brentani dinanzi ad Amelia, Zeno nei giorni che precedono la morte del padre. Ma quello che in Una vita e ancor meglio in Senilità segna un momento conclusivo, la svolta per un nuovo destino, in Zeno sta piuttosto come un ammonimento che insistentemente riaffiora nella coscienza, oltre che per la sua enormità, per quel tanto d'ingiusto e d'inspiegabile che contiene. Dalle pagine tragiche, quel ceffone misurato al figlio in un estremo moto di reazione che viene a punire il passato più che il presente si proietta quasi come una fatale condanna sulla storia degli errori e delle debolezze di Zeno. Allo stesso modo la sottile analisi dei suoi sentimenti e della sua colpa che fa Zeno per assolversi prima ancora di compiere l'adulterio riconduce alla debolezza di Emilio di fronte ad Angiolina, specialmente quando ritorna a lei per averla finalmente, conoscendo già in anticipo l'amarezza che gli lascerà il possesso. E dal confronto risalta la differenza delle due esperienze e dei due stili, con tutto il vigore nativo che c'è nella più scoperta e immediata vicenda di Senilità, con la sua traboccante forza d'espressione e con il fango che pure si trascina dietro, in tutto, anche nella lingua.

Ettore Bonora

© 2009 - Luigi De Bellis