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IL REALISMO
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CARDUCCI BARBARO
Poesia e poetica s'erano sempre
mal conciliate in Carducci. La
sua poetica d'intransigente
classicismo (quello che avea
forzato l'ordine anche al
realismo manzoniano) si era
trovata a dover conciliarsi con
un'attuazione poetica romantica.
Dalle prime esperienze mal
carreggia la volontà
classicistica del gusto
carducciano le necessità di
realismo che il Romanticismo ha
imposto per sempre all'arte.
Peggio quando, accettata
nell'arte la fondamentale
intuizione del Romanticismo
italiano: gli interessi della
vita che ritornano, dall'esilio
dell'umanesimo e delle
accademie, nell'arte a
ricostituire il fondo non solo
dell'arte ma di tutto lo spirito
in una serietà nuova che superi
l'etica irreligiosa del
Rinascimento; si troverà (e
classico e parnassiano si
confondono) a giustificare in
essa (nel seno della poesia
attuata lo farà sovrapponendo i
vecchi istinti dei Giambi alla
nuova arte che non li sopporta)
una pratica alessandrina
dell'arte (questa più confessata
nelle lettere, e solo in margine
nei suoi scritti).
Poesia e poetica si dividono.
E il Romanticismo nostro fatto
d'interiorità, di sapienza
morale, d'attenta osservazione
umana, di superbi entusiasmi:
tutto ritrovabile in Manzoni in
una calma che la distinzione del
gentiluomo affina in superiore
dignità, si vuota in una ricerca
di colore e di suono.
Ma quel mondo interiore è morto
con gli entusiasmi del Ca ira.
La storia ci dice che Ca ira è
una voce posteriore alle Odi
Barbare: l'uomo dei Giambi non
s'adattava a questa rinunzia, ma
la rinunzia era più forte
dell'uomo perché era un segno di
tutta un'età.
D'una prodigiosa esteriorità le
Barbare, fino ai confini del
prezioso: date le Barbare sono
in vista Pascoli e D'Annunzio; i
Poemi Conviviali ed Elettra.
Anche dove l'unità di visione si
raccoglie intorno al motivo
romantico della nostalgia di un
passato tramontato per sempre
alla consolazione stanca del
poeta, lo stile, così
magnificamente sensuale del
nuovo Carducci, determina il
ritmo. E naturalmente legato al
particolare, la riduce e la
limita. Siamo fuori decisamente
dal Carducci che avea fusi tutti
gli istinti del Romanticismo
nostro in una visione integrale
e perciò classica,
carreggiandone le conquiste di
tecnica artistica a sostenere la
continuità decisa dell'arte.
È un mondo nuovo tutto
determinato dal lavoro di
cesello, cui il poeta sottomette
la sua ispirazione: un problema
di tecnica che non scopre sotto
un problema d'arte.
Dovunque i particolari
s'accumulano a delizia. del
lungo travaglio del poeta e non
si fondono; manca la passione
che avea trascinato altrove
Carducci: proprio quella
passione che ormai non voleva
confessare più: neppure pel Ca
ira.
È una poesia che s'impronta ad
un teso sensualismo estetico,
che non ostante il lungo lavoro
non riesce a nascondere, a
trasformare il suo carattere
romantico: l'immediatezza non
superata in poesia. Tanto più
dove è più brillante e meno
raccolto.
La confessione è in Carducci: il
1877, in pieno svolgimento della
poesia barbara,, ricordava
proemiando alla prima raccolta e
mantenendosi ancora sulla
vecchia linea teorica, che la
lirica, individuale com'è, par
che resista, e può durare ancora
qualche poco, a condizione per
altro che si serbi arte»...; ma
poco prima questa sua arte la
determinava proprio nella sua
ambizione di «recare qualche po'
di varietà formale nella nostra
lirica moderna, che non ne ha
mica quel tanto che alcuni
credono». Alessandrinismo: «émeute
de rhétoriciens» la sua svolta
«barbara», decisamente.
E tale è nell'opera creata.
Sembra un ritorno indietro,
verso il classicismo degli anni
giovani dall'indecisione e dallo
scolasticismo ripreso con mano
nuova in un'arte nuova, ma è
invece un sicuro svolgimento
verso un'arte preziosa, il cui
valore fosse tutto riposto nel
solo lavoro dell'arte.
Non è solo la purificazione
dalle passioni onde erano usciti
i Giambi, ma è un deciso ritorno
ad un mondo in cui tutte le
passioni s'allontanassero,
nell'assoluto dominio dell'arte.
Quindi l'esteriorità delle
Barbare. E la loro sensualità
stilistica, così romantica e
lontana, lontana dagli
esperimenti classicistici della
lontana giovinezza.
È il Romanticismo italiano che,
dopo la salda vigilia cominciata
da Berchet e chiusa da Carducci
come poesia della storia e delle
confessioni, si dissolve in una
ricerca nuova di perfezione
stilistica.
È il Romanticismo decadente che
entra nel Romanticismo italiano
a spezzare quella salda unità,
così netta nel Romanticismo
italiano, fra arte e vita, a
reazione del lungo secolare
accademismo della tradizione
classicistica nostra e a
spingere verso il tentativo,
disperatamente dissolvitore,
d'un'arte chiusa nel mondo della
sua bellezza.
Il Carducci dai Giambi s'era
innalzato all'arte, alla sua
grande arte, proprio sulla via
iniziata da Berchet, quella
della storia che rinsalda e
vigila l'ispirazione, quando
dalla polemica quotidiana s'era
volto a ritrovare le sue
passioni nel movimento, vicino e
lontano, della storia.
Ma la passione era restata al
centro, proprio a dar unità al
suo mondo, non più con
l'irrompere scomposto dei Giambi
ma con il movimento continuo
dell'ispirazione. E nella sua
poesia la tecnica del
Romanticismo, il realismo, avea
svolto tutte le sue possibilità.
Tecnica e passione che
scompaiono dalle Barbare,
tentativo esasperatamente
romantico di reazione artistica,
il cui valore è d'inizio della
sensualità del Romanticismo
decadente che si svolgerà
lontano da noi e dissolverà per
sempre la tradizione poetica
nostra in quello che di più
severo ci avea trasmesso: il
discorso poetico, carattere
distintivo di una poesia su cui
la ragione avea avuto un lungo e
lontano dominio.
E lo dissolve proprio sotto le
apparenze d'un ritorno
classicistico, in nome del
lavoro artistico
sull'ispirazione disordinata.
Poesia frammentaria, quella
delle Odi Barbare: frammentaria
in una passione di luce, di
suono, di colore, che disperde
in una serie di motivi e di
decorazioni il centro lirico
della poesia.
I Giambi, con un atteggiamento
giacobino, avevano continuato la
volontà di poesia attuale dei
Levia Gravia e dei Juvenilia
(usiamo i nomi della raccolta
ultima) e s'erano atteggiati in
vista della satira, e i
precedenti c'erano stati proprio
nella vigilia classicista,
romanticamente cioè
realisticamente.
L'andatura dei Giambi, la
tecnica, dà l'impronta a tutta
la poesia «volgare» di Carducci:
ultimo saliente documento il Ca
ira.
Nelle Barbare è ricacciata
lontano ogni forma di realismo,
ma non risorge la lingua della
tradizione nostra, quella che
avea fatto gli ultimi miracoli,
con una semplicità che sa di
prodigio, fra le mani di
Leopardi, ma viene creandosi una
lingua sensuale che vuole e sa
godere di sé. La parola diventa
colore e musica a inseguire
lontano il desiderio del poeta.
La parola si fa carne (non nella
misura che Maurras ritrova in
Chateaubriand, ma il problema è
di qualità) ad esprimere quel
mondo limpido che è fermo in
immagini immobili e rigide, in
una perfezione calma che
tradisce sempre, nella linearità
della forma, il motivo di
decorazione.
Carducci è l'iniziatore del
Romanticismo sensuale, quello
che dissolverà in pieno la
tradizione nostra:quella
eloquente: l'ultimo artista che
Carducci riconosceva, Prati,
eloquente proprio per le due
odi, A Ferdinando di Borbone e
Il Due Dicembre, in cui il
discorso poetico è innanzi tutto
sicurezza di serrato ritmo
tradizionale.
Ora, nonostante le proteste,
proprio carducciane, le Barbare
segnano anche la via al trapasso
dalla metrica tradizionale
nostra al verso libero, quello
che dovea inseguire, senza
turbamento di leggi ritmiche, i
motivi più riposti
dell'ispirazione. E sia pure che
le Barbare vengano dopo la
riforma leopardiana della
canzone; certo sono lontane dai
« vers antiques > della formola
di Chémer.
Ed è questo movimento romantico
ed alessandrino insieme che
limita il significato
classicistico della riforma
carducciana: Lionardo Dati,
nella Firenze del 1441 avea
tentato sulle sillabe volgari
l'imposizione della quantità
latina proprio a nobilitare il
volgare pur mo' risorgente
dall'oblio d'un cinquantennio,
per una via che Dante del De
Vulgari Eloquentia non vorrebbe
sua, tutto inteso a esaltare il
volgare nella nobiltà intrinseca
della sua nuova origine. E i
tentativi si proseguono per
tutta l'età nostra classica.
Una limitazione di lingua
poetica le Barbare, ma in vista
del lavoro di cesello. Che è
proprio l'impronta più
decisamente romantica delle
barbare.
Gautier avea esaltata la novità
della lingua baudelairiana
dinanzi alla lingua raciniana :
questa povera nella scelta
continua che il poeta s'impone,
l'altra ricercante d'ogni dove
espressioni infinite alle
proprie complicazioni sensuali.
Ma il fondo su cui batte
quest'infinita e disordinata
ricerca di Baudelaire (ricordate
Ronsard là alle soglie del '600,
invocante d'ogni dove
espressioni alla sua arte?) è lo
stesso su cui batte la
limitazione carducciana e in
tutti e due è documentabile il
comune fondo di sensualità
romantica.
È che il mondo poetico
carducciano si ordina, si
limita, si lineanizza proprio
per raccogliersi in vista della
sensualità artistica che lo
trascina sino al prezioso.
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Domenico
Petrini | |
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