Gaspara
Stampa
La poesia del «Canzoniere» stampesco nasce dalle
condizioni di una società raffinata e libera, in cui la
«musica» e cantante Gasparina conduce le sue esperienze
amorose e la sua attività artistica con molta maggiore
libertà e dominio sentimentale e letterario di quanto si
soleva immaginare per la eroina del romanzo passionale
romantico.
Si riduca subito l'alone romantico e drammatico, si
riduca l'eco profonda di una passione unica e
travolgente, si noti il tono generale di una vita libera
ed amorosa, ma soprattutto non si neghi il carattere
anche di convenzione socievole e letteraria, entro cui
si svolge la tenue vicenda amorosa e si affermano gli
accenti più genuini della poesia della Stampa.
Anzitutto tenue vicenda, tenue disegno romanzesco
intorno a pochi momenti biografici essenziali: una prima
fase gioiosa dell'amore, un soggiorno del «conte» in
Francia, un ritorno, il definitivo abbandono, e subito
il nuovo amore per Bartolomeo Zen, poi il pentimento.
Dire diario, come dice il Croce, indica il legame
occasionale delle poesie, ma io non credo tanto a questa
aderenza immediata diaristica quanto alla generale
verità di vicende riordinate secondo schemi
canzonieristici già noti e con libertà di collocamento
dei singoli componimenti, senza un ordine cronologico
veristico né con ferreo ordine di romanzo d'amore. Ciò
non toglie che alcune di queste poesie possano
rappresentare uno sfogo più immediato di momenti
sentimentali, ma in generale questo tono di immediatezza
e di diario appare assai voluto e letterario in una
larga parte di sonetti, mentre quelli più vicini ad una
cronaca immediata non sempre vengono perciò a
raggiungere la migliore purezza lirica della Stampa.
Ed ecco indicati i confini della poesia della Stampa,
spesso più convenzionale di quanto si creda, e spesso,
viceversa, troppo facilmente risolta in espressioni
affrettate: il punto di equilibrio, di originalità
artistica, si ha quando su di una linea letteraria poco
profonda, ma chiara e ben posseduta (quella di una
apparente drammaticità «piacevole» e cantabile), la
ispirazione amorosa della Stampa sincera, ma non
drammatica, si costruisce poeticamente in movimenti
agili ed elastici, canori e aggraziati, non violenti e
mai privi di una tenerezza sensibile che può farsi
sorridente anche nel momento in cui enuncia i suoi
crucci e le sue ansie. E si guardi bene che ciò non è
una diminuzione, ma una precisazione della natura della
poesia stampesca, inutilmente portata ai toni di Saffo e
viva davvero nella sua genuinità poco profonda, nella
sua ricerca poetica bene indirizzata ed abile; direi
quasi un tono di improvvisazione riconquistata
attraverso un'elaborazione adeguata ad un canto poco
profondo, ma splendido di grazia sensibile, di movimenti
slanciati e liberi, di un disegno ben concluso e senza
sforzo apparente, senza violenza e senza echi troppo
fondi.
La tesi dell'amore unico e fatale si accompagnò di
solito con quella della poetessa inconsapevole e magari
«malgrado se stessa», del semplice diario d'amore, del
romanzo senza preoccupazione di stile.
La verità è che la mancanza di profonda elaborazione
artistica coincide con limiti di fantasia sincera e poco
profonda, ma che nei limiti della sua potenza e della
sua intenzione (notevole coscienza e quasi «furberia» ed
abilità non mancarono alla Stampa), la poetessa veneta
si preoccupò dello stile - come si può vedere da
moltissimi sonetti in cui lamenta l'inadeguatezza della
sua arte al suo soggetto o si fa «pusilla» con una certa
leziosità di donna debole e sentimentale che nella sua
insistenza ci rivela una chiara preoccupazione
letteraria - e d'altra parte va ricordato che accanto al
canzoniere per Collaltino, alle rime per lo Zen e a
quelle di pentimento, ci rimangono numerose rime di
occasione per diversi letterati e signori del tempo che
testimoniano la vita di relazione illustre e letteraria
della «virtuosa di canto» e poetessa mentre dimostrano
la sua attività letteraria non dovuta solamente
all'urgenza del suo animo innamorato: anche se è nelle
altre poesie del Canzoniere e non in queste, deboli,
convenzionali ed esteriormente petrarchistiche che la
Stampa ottiene i suoi risultati più veri e più
impegnativi.
Ed anche a proposito del petrarchismo, bisogna dire che
la interpretazione petrarchistica della Stampa è
certamente assai personale, ma che essa può sembrare
solo superficialmente una autentica ribellione. In
realtà la lettura del canzoniere convince della volontà
di adesione al linguaggio ed ai moduli
platonico-petrarchistici, ma nell'inclinazione tipica
della sua ispirazione, tale adesione si risolve in una
utilizzazione melodrammatica, cantabile, «piacevole»,
tenera, di motivi alti e spirituali che essa non riesce
ad adeguare e ad esprimere originalmente quando tenta la
via della «gravità», della solennità decorosa e
monumentale alla Colonna o la drammaticità impetuosa di
un Tarsia o la meditativa composizione musicale di un
Della Casa.
È questo il punto che va chiarito e che è fondamentale
per una valutazione non arbitraria della Stampa: non
Saffo novella e non semplice improvvisatrice e diarista,
ma poetessa di tenue e sincera sostanza Poetica, di
autentica ed esile ispirazione, la cui natura femminea e
sentimentale si piega ad una omogenea ricerca di tenero
canto aggraziato, di toni piacevolmente melodrammatici.
Nella sua limitata perizia letteraria (non dunque
superamento del petrarchismo in fiammeggiante genialità
passionale) - limitata, ma consapevole ed abile - la
Stampa sa volgere la sua forza espressiva verso
risultati di «piacevolezza» in senso cinquecentesco,
ritrovati dentro una trama « piacevole » di romanzo
d'amore, a base poco complessa e più facilmente risolta
in esiti di canto nella naturale via della sua
ispirazione. Le sue rime son veramente, come dice al
sonetto XVI, «scritte e cantate» e la mèta del canto è
davvero la meta più genuina della sua poesia. Ed è
perciò che anche la sua condizione di «virtuosa di canto
e musica» sembra perfettamente corrispondente alla
direzione essenziale della sua poesia melodiosa e poco
approfondita, non priva mai di un'eco cantabile e quasi
della lontana suggestione di una dizione accompagnata
dall'arpa. |