Il "duplice" viaggio di Dante
Il critico, dopo aver affermato l'importanza preminente
dell'aspetto allegorico del poema, illustra la duplice
dimensione in cui si svolge il viaggio di Dante: quello
«letterale», che conduce Dante attraverso i regni
dell'oltretomba, e quello che il poeta, simile in questo a
ogni uomo, compie nell'ascesa mistica dal peccato a Dio.
Proprio questo «secondo» e fondamentale viaggio si esplica
nelle figure e nelle vicende dell'«altro» viaggio, dalla
selva oscura all'Empireo.
Dobbiamo solo considerare per un momento che diverso poema
sarebbe la Divina Commedia se non fosse prima di tutto una
narrazione, il resoconto di un viaggio. Se ne elimini solo
questa parte, e l'intera sua struttura dovrà crollare. Sotto
il disegno di un viaggio tutto è intessuto: anche
quell'altra dimensione, il simbolismo delle cose vedute.
Perché appartiene alla vera natura del simbolismo il fatto
che le cose debbano far allusione ad altro che è al di là di
loro stesse, essere segni allo stesso tempo che cose. Ma se
le «cose» fossero vedute far allusione all'aldilà lungo i
cento canti di questo poema, e ciò nonostante si mancasse di
andare al di là di esse per obbedire ai loro segni e
renderli operanti, il loro alludere rimarrebbe allora un
monco gesto, senza visibile effetto. Sarebbero segni che non
condurrebbero a nessuno scopo raggiunto. Nessun inquieto
cuore proteso verso la meta agognata che essi con tanta
insistenza ed eloquenza annunciano vi sarebbe colà per
corrispondere ad essi. Il viaggio del poema è il viaggio
dell'inquieto cuore cristiano, e la sua presenza nella
struttura costituisce il vero pulsare dell'opera tutta.
L'avvenimento, l'evento letterale di un viaggio di Dante al
di là di questa vita richiama alla mente l'evento di una
specie di viaggio terreno. Così, allo stesso modo come le
cose, anche il viaggio letterale allude ad altro al di là di
se stesso. Ma c'è una differenza. Le cose vedute nel viaggio
oltremondano additano in alto con i loro segni, verso
l'Unico che giudica, che punisce o premia; mentre l'andare
di Dante, il viaggio in quanto tale, si volge ad alludere
giù verso questa nostra vita e questo nostro viaggio
terreno.
La direzione di questo doppio viaggio, una volta iniziato, è
quello verso cui tutti i segni danno indicazione. È un
duplice itinerarium verso Dio. È evidente che il viaggio,
letterale raggiunge tale meta. Così è anche per il viaggio
riflesso che segue quello letterale come sua vera e propria
ombra e rispecchiata immagine. E fra i due c'è sempre
l'inconfondibile distinzione riguardo al tempo e al luogo.
Ma è il tempo e il luogo del viaggio allegorico che invitano
ad un particolare esame. Poiché diciamo che questo è un
viaggio qui, in questa vita. Il cammino suo è qui, eppure
dov'è esso? E diciamo che ha luogo ora, ma come ora? Queste
sono domande che non si pongono nei confronti dei viaggio
letterale. Mai poema definì più esattamente o rappresentò
con maggior concretezza la vasta scena dell'azione che vi si
svolge, né poema fu mai più accurato nell'indicare il tempo
della propria azione. Questo, alla lettera, è l'anno 1300
dopo Cristo: questa è la settimana di Pasqua; né ci viene
tenuta celata l'ora esatta del giorno o della notte mentre
procediamo lungo il cammino.
Quanto al tempo e al luogo del viaggio riflesso, giungiamo a
vedere che non è possibile una determinazione precisa. Il
nome che comunemente veniva dato ad esso al tempo di Dante
era itinerarium mentis ad Deum (questo è il titolo di
un'opera di S. Bonaventura). Ma se questo viaggio è «della
mente», di chi sarà, secondo noi, questa mente? C'è una sola
possibile risposta: «di chiunque». Di nuovo prendiamo nota
della duplice condizione. Nel viaggio letterale il
protagonista è definito, possiamo dire chi sia. E' Dante,
fiorentino per nascita se non per costumi. Ma la
corrispondente immagine, la figura d'ombra che è in
allegoria, non ha identità precisa. È semplicemente un
«chiunque»: chiunque, cioè, per grazia divina scelga di
compiere, o sia scelto a compiere, quel viaggio della mente
che conduce a Lui in questa vita. Il viandante, in
allegoria, è un cristiano, qualunque cristiano. E' un homo
viator; ma, a rigore, non è Ognuno. È piuttosto
«qualsivoglia uomo», chiunque, cioè, sia scelto per questo
viaggio verso Dio mentre è ancora in questa vita dove,
volenti o nolenti, siamo tutti viandanti.
Tale andare terreno sarà un viaggio della mente e del cuore,
poiché solo in tal modo possiamo dirigerci verso Dio mentre
continuiamo a dimorare fra i viventi. Che un simile viaggio
hic et nunc sia una possibilità aperta a tutti, rimane il
postulato fondamentale e, per Dante, la base dottrinale su
cui egli può costruire l'allegoria della Divina Commedia.
Se il protagonista del viaggio riflesso è un «chiunque»,
allora il tempo del suo viaggio sarà un corrispondente
«qualsivoglia tempo». Molti si sono immessi in questo
itinerarium mentis nel passato, molti ancora vi si
immetteranno fino alla fine del tempo. Dobbiamo considerare
che esso ha luogo anche ora, in molti cuori cristiani. Il
tempo del viaggio allegorico è, così, un passato, un
presente o un futuro, senza che ciò comporti differenza; il
che vuol dire che il suo tempo è «qualsivoglia tempo» . E se
pensiamo di nuovo al viaggio letterale per questo riguardo,
di nuovo notiamo la fondamentale differenza fra il letterale
e l'allegorico. Protagonista e luogo d'azione non potrebbero
essere determinati con più esattezza nell'uno, o con minor
precisione nell'altro; e quanto al tempo, non penseremo che
il viaggio letterale abbia avuto luogo più di una volta, o
che mai potrebbe aver luogo di nuovo, mentre l'itinerarium
mentis è un evento che si ripete nel cuore cristiano, nello
svolgersi del tempo, più e più volte.
È vero che, passando attraverso il Purgatorio, Dante più
d'una volta menziona la propria attesa di un ritorno, di un
proprio ripercorrere nuovamente questo cammino. Ma è chiaro
che ogni suo viaggio di ritorno dovrà necessariamente essere
ben diverso da quello che il poema ci raffigura. Quando
tornerà a questo luogo, non vi sarà un Virgilio a guidarlo,
non vi sarà una Beatrice venuta ad incontrarlo sulla vetta
del monte. Il ritorno attraverso il Purgatorio, se avverrà,
sarà nella dimensione della «condizione di anime dopo la
morte», e non sarà allegorico. |