L' "HOMO NOVUS"
DELLA FRUSTA LETTERARIA
Il Baretti,
nella Frusta Letteraria, trasferisce nell'ambito letterario
esigenze proprie della civiltà illuministica, conferendo ad
esse una profonda risonanza spirituale. Nella Frusta fa la
sua comparsa l'uomo nuovo della borghesia italiana, non
tanto preoccupato di una polemica formalistica e accademica,
ma tutto teso ad una rivendicazione dei contenuti morali,
tutto impregnato da un senso vivo della concretezza e
dell'individualità dell'umana esperienza. Per queste ragioni
il Baretti appare, malgrado le sue numerose oscillazioni e
incertezze, una figura già significativa del nuovo clima
preromantico.
Anche La Frusta Letteraria ha valore di indizio della
civiltà illuministica, ma proprio conducendo tale esigenza
di civiltà più solida ed attiva in ambito più chiaramente
letterario la stacca più del Caffè da preoccupazioni più
immediate, un po' faticose, e dà alla sua empiria un
carattere più profondo e più spirituale. Cosí le sue
recensioni numerose su libri di carattere pratico,
economico, come le Lettere dello Zanon sull'agricoltura del
Friuli, non sono documenti gustosi, pretesti di letteratura
come gli annunci della « Gazzetta » gozziana, né significano
un'ansia di riforma scabra e disadorna come nel Caffè, ed
indicano l'interesse di una letteratura moralistica, non
illuministicamente descrittiva, ma cosciente di una sua
destinazione utilitaria nel senso di una complessa civiltà
in cui la poesia sia insieme libera espressione fantastica e
nutrita di vita morale, di fecondi riferimenti umani,
civili. L'homo novus della nuova borghesia italiana, il
letterato non cortigiano, non accademico, fa nella Frusta
una prima apparizione clamorosa, a suo modo rivoluzionaria
ben al di là del decoroso civismo pariniano che pure in tal
senso è certo da collegarsi, come il gusto pariniano di un
realismo sano e concreto, alla linea del romanticismo
italiano nel suo aspetto risorgimentale, nella sua sostanza
di antiastrattezza e di costruttivo utilitarismo generoso e
sanguigno.
Molti sono i legami che naturalmente trattengono questo
nuovo letterato al vecchio mondo e non ultimo un certo
carattere di bizzarria, di eccezione tollerabile in un
cerchio socievole settecentesco, come il concetto del
capriccio e dell'estro costituiva molto spesso niente altro
che la via d'uscita e la segreta garanzia di una equilibrata
poetica razionalistica. Ma ciò che rende storicamente
importante questo letterato Baretti e la sua Frusta, non è
la sua singolarità, o la forza di prosa con cui avrebbe
realizzato intuizioni già portate da altri, ma, nella sua
nuova violenza sanguigna, nella sua intolleranza
inquisitoriale, il suo gusto individualizzante ad ogni
costo, la sua brusca irruzione moralistica e contenutistica
in nome della concretezza nel mondo di una vecchia forma
estenuata e stilizzata, nell'equilibrio di un esile
classicismo arcadico e illuministico che solo nel Parini
aveva trovato forza e sviluppo personale, limitato dalle
possibilità rivoluzionarie del sensismo. E in una storia di
passaggio tra due civiltà letterarie meglio che in generiche
prospettive unilaterali, si può ben capire quale importanza
rivesta un atteggiamento simile, non tanto di stroncatura
dell'Arcadia, che pure non era morta e condizionava spesso
le nuove esperienze, quanto di novità rozza, contenutistica,
vitale, che rende meno casuale, anche se non meno originale,
la «pianta uomo» alfieriana, il vigoroso senso
dell'individuo che nell'Alfieri troverà un'adeguata e
profonda giustificazione. Così il Baretti, che già nel suo
ritratto quotidiano rivela al di là delle smorfie bernesche,
lineamenti di nuova decisione (si pensi all'omicidio
londinese nella replicata narrazione dell'Epistolario, al
suo amore non solo letterario per il Cellini, al suo odio
profondo non più accademico per Appiano Buonafede), ben più
che un illuminista entusiasta di rischiarare e di riformare
è, con tutti i limiti che si devono riconoscergli, di
sensibilità e di mentalità, una potente figura preromantica:
e proprio con risultati in un campo specificamente di storia
letteraria.
Certo moltissime delle idee cardinali della sua critica sono
strambe o reazionarie, il suo gusto è compromesso (esita fra
la Tancia e Shakespeare), la sua sensibilità è ruvida
(poeticamente realizzata in rime burlesche scadentissime),
ma la sua critica contenutistica, e spesso bassamente
veristica, ha un senso vivo del concreto, dell'individuato,
dell'umanamente esperito, che nella loro rozza formulazione
significano la profonda insofferenza del suo tempo più vero
alla vecchia poetica e superano idealmente quegli stessi
esemplari come il Giorno, in cui sembrano soddisfarsi,
mentre autorizzano un gusto del grandioso e del fantastico
misurati d'altronde sul metro della correttezza e della
traducibilità in evidenza di immagine e di personaggi.
L'esigenza del concreto, viva anche in altri preromantici, è
nel Baretti più potente anche se più grossolana e facilmente
scaduta in esigenza di una bruta, immediata realtà, di una
veristica verosimiglianza, di una psicologica emozione. |