Il "Convivio"
L'esame del quarto trattato permette al Terracini di
indicare il carattere di universalità che già il Convivio
possiede, pur nella varietà dei temi e delle argomentazioni,
anticipando così quell'espressione totale dello spirito e
del sapere umano che si compie nella Commedia.
Si discusse a lungo per immaginare che cosa avrebbe
contenuto il trattato secondo il disegno di Dante e i
rimandi che egli fa. Da una parte si pensò allo schema di un
vero e proprio trattato, se non dei vizi e delle virtù, come
usava, per lo meno delle «virtù attive» (fortezza,
temperanza, liberalità, ecc.). Dall'altra fra le canzoni
dottrinali di Dante si cercarono quelle che, o per
allusioni, o per la materia, avrebbero dovuto far parte
dell'opera.
La discussione è importante per noi perché conferma quel
carattere vivo di scienza vissuta e di esperienza che è il
fondamento del Convivio. Non espressione di scienza pura, ma
scienza viva legata intimamente a un sentimento di moralità.
Ardore di beneficare il lettore con il suo scritto,
soprattutto sdegno contro il male e gli ignavi, già fanno
capolino nel primo libro; ma sono elementi che si sviluppano
in tutto il loro vigore nel IV del Convivio, dove, nei primi
paragrafi, si aggiunge il cenno politico all'Imperatore e
alla Storia di Roma che preludono alla Monarchia e alla
Commedia. Insomma il mondo interiore di Dante nel Convivio è
immensamente più complesso che nella Vita Nuova e annunzia
decisamente quello della Commedia. Chi sostiene che il
Convivio è rimasto interrotto perché Dante sentì l'esigenza
di una più alta espressione di ciò che aveva nell'animo, ha
torto, se pretende di opporre il Convivio come prosa, alla
Commedia come poesia; ma ha pure ragione nel senso che la
Commedia sale ad una tensione espressiva più alta. Nella
Commedia, per es., Dante assume la funzione di vate; e il
tono profetico pervade tutto il poema; nel Convivio esso
certo non manca, ma è strettamente limitato al terreno
formale dell'espressione.
Non solo da questo punto di vista il IV del Convivio è di
importanza capitale per comprendere lo spirito di tutta
l'opera. Esso intanto, nonostante la permanenza dello schema
di commento alla canzone, riveste, tanto come il I, il
carattere e la struttura di un trattato.
I primi paragrafi sono di carattere espositivo e riconoscono
ampiamente l'autorità dell'imperatore cui Dante non vien
meno se si dispone a confutare la sentenza d'uno di essi:
che la nobiltà si ha per nascita e ricchezze. Segue la
confutazione di questa sentenza. Viene poi la ricerca di che
cosa sia la nobiltà, la quale porta che Dante si addentri
nella teoria dell'anima umana e delle sue disposizioni e
dell'appetito naturale alla virtù, in cui appunto la nobiltà
consiste. A sostegno della sua tesi Dante si dilunga nel
descrivere il vario aspetto di questa tendenza insita
nell'uomo attraverso le sue quattro età. Il trattato si
chiude con la confutazione di alcune possibili obbiezioni.
Ma oltre alla saldezza della strutturazione, molte pagine di
questo libro sono atte a mettere in evidenza quella totalità
unica dello spirito dantesco nella quale i motivi più
diversi: scienza e poesia, terra e cielo, ardore e sdegno
morale, e quindi le attitudini più diverse: di
contemplazione, di ricerca, di dimostrazione, di racconto,
ecc., confluiscono e si fondono in una armonia unica che
costituisce il fascino e ad un tempo l'oscurità dello
spirito dantesco; nel Convivio già come nella Commedia vi è
l'espressione di un'universalità fatta di riposte armonie e
atteggiata ad ogni momento a così diversi aspetti
(trasmutabile son per tutte guise), che il rappresentarla
con una formula che sia comprensiva e concreta ad un tempo è
ricerca necessaria ai fini di un'analisi stilistica e
linguistica, ma difficilissima. Come esempio di questa
continua varietà di motivi intimamente armonizzati e sfumati
l'uno nell'altro può valere la pagina dove è descritta la
serenità della vecchiezza saggia e virtuosa e l'aspettazione
della beatitudine eterna (Convivio, IV, XXVIII, 3-13):
pagina nella quale i commentatori videro a ragione come un
presagio degli ultimi canti del Paradiso. |