L'esperienza poetica di Guido
Cavalcanti
Della poesia di Guido il Luzi dà, coerentemente con i
caratteri essenziali dello Stil Novo, un'interpretazione
insieme psicologica e concettuale. Per un verso vi appare
per la prima volta un senso piú concreto dei rapporti tra il
poeta e la donna, mentre però l'aspetto celebrativo
dell'eccellenza e della virtù della persona amata determina
quell'angoscia e quella « paura » di abbandono, che sono
nota costante dei più celebri versi di Guido; per altro
verso, come dice concludendo il Luzi, la dolente « voce
privata n del poeta nasce da una nozione fondamentale
dell'uomo e del suo destino.
Egli ebbe per sé la ventura di incontrarsi d'un tratto con i
corpi, con i volti vivi, di sentire nel significato più
vasto del termine il volume e il peso delle figure che
avvengono nell'estrema tensione dell'anima e del pensiero.
Questo senso della figura che rapidamente si attuava
nell'unica figura possibile per un poeta di tanto fervore,
faceva che essa, per l'intenso stupore e la meraviglia
sempre nuova della scoperta, diveniva assorta e lontana, e
pur cosí vitale, si perdeva nella luce eccessiva da cui era
investita. Importa ora osservare che quella luce rara e
ineffabile nella sua trasparenza, impossibile ad
identificarsi ed a ripetersi in qualsiasi ora e in qualsiasi
città del mondo, quella luce di cui Guido non parla mai ed è
non di meno sempre presente, è la luce interiore di lui che
nasce per noi soltanto dalle cadenze chiare, dagli accenti
aperti del suo verso. A quell'irraggiungibilità della donna,
a quel suo tradursi nell'immagine della sua eccessiva virtù,
come controcanto piuttosto che come commento, corrisponde
nel poeta un senso per ora nascosto di pericolo, di paura,
di perdimento che riflette il posto occupato in lui da
quell'immagine che si è addensata unica contro il nulla, la
morte.
Lo sconforto che ne deriva al poeta è tanto più drammatico
quanto più chiaramente egli riesce a sentire che la propria
natura spirituale non ha altra via per attuarsi che il
possesso definitivo di quella immagine. La paura di cui
Guido ci parla che altro significherebbe infatti se non che
al di fuori di tale possesso l'anima, mancandole insieme
all'oggetto destinato ogni ragione di forza e di vita,
finirebbe nel perdimento più buio ed informe? Avvinto da un
desiderio tanto acuito ed esclusivo, egli intende che
l'irreversibilità della propria vicenda non ammetterebbe per
lui un ritorno alla disposizione interna d'attesa e di
perplessità, in cui proprio la figura della donna aveva fra
tutte preso rapidamente campo e straordinario rilievo. A
questo carattere di irreparabile, a quest'aria di avventura
mortale egli vede pervenire ora il significato di quella
figura, e tuttavia il motivo della paura interiore
appartiene ancora fortemente alla dialettica della sua vita.
Proprietà essenziale di questa alternativa drammatica è di
consumarsi tutta quanta nell'intimo e direi nel sangue del
poeta fino a che risulti soltanto una particolare accezione
nel sentire e nel canto. Egli non ne prospetta i termini in
modo da costruire e disporne il calore sotto l'urto
interrogativo della mente che accentua e rincalza; ma
comincia direttamente dall'effetto lirico. La voce nasce in
lui quando il dolore ha già mortificato e pervaso ogni sua
facoltà: l'aggettivo «sbigottito» e l'avverbio «sbigottitamente»
danno il tono e la misura diretta di questa penetrazione:
d'altro canto un verso come «Tu m'ài sí piena di dolor la
mente», per quanto si sappia che il termine dugentesco
avesse un significato assai più vasto del nostro, per
effetto poetico del linguaggio riesce a suggerirci il gelo,
il vuoto e lo sperdimento che avevano reciso alle radici
ogni sua possibilità di pensare e di percepire la varietà
delle cose della terra. Questa drammatica trasparente
ottusità, mentre lasciava che il dolore spaziasse e
ricadesse in lui come una cosa inerente al suo sangue e al
suo respiro, escludeva, insieme al bisogno di comunicare e
all'idea stessa di società, l'eloquenza e la ricerca
riflessa. L'ordine e l'armonia interiori, attraverso tante
vicende si ricompongono nell'atto chiaro del dire e del
confessare. La potente coralità della sua voce compatta che
lascia intendere appunto quell'ordine sia pure negativo e
cioè come tutte le forze in lui fossero sottoposte ad uno
stesso destino, schiacciate da uno stesso peso e animate da
un unico umore, non si dirige verso l'esterno, ma ripiega
tutta su di lui ed ivi perfettamente esaurita nasce alle sue
risonanze. La natura di essa non è pertanto mutata se non di
qualche tonalità; ancora le circola intorno quel silenzio
assorto e nitido in cui, come prima i fenomeni e le
rivelazioni, ora i movimenti interni e le figure traslate
avvengono con la medesima sorpresa e miracolo.
E per concludere sull'arte di Guido si ricordi come, portata
fuori dei termini del suo quotidiano conflitto, da elementi
nuovi - l'esilio e il viaggio a Tolosa - tragga la medesima,
l'unica voce ormai connaturata con la sua persona
spirituale. E poiché a proposito di questa persona si è
parlato di incertezza e di malinconia, mi piace richiamare
alla nostra attenzione la sua forza precisa che colloca
immediatamente nel suo significato ultimo e decisivo gli
avvenimenti; il suo accento grave e lucido di tristezza, ben
al di là di un'inclinazione riflessa alla solitudine e di un
gusto del proprio isolamento, ci parla di un dolore totale
che rimane miracolosamente ancora uno strumento di vita.
Assai più oltre di una voce privata, la sua incide
nell'essere intero dell'uomo fino a restituircene una
nozione disperata e pure composta. È la prima nozione
fondamentale della vita e dell'essere che ci dà - e in quale
legittima concreta maniera - la poesia italiana.
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