PAROLA E
MUSICA NELLA POESIA DEL METASTASIO
L'arte
metastasiana deriva la propria coerenza e armonia
dall'essere il ritratto fedele della società del suo tempo,
eroica e solenne nelle istituzioni e nelle apparenze, ma
vuota dello spirito del tempo antico, assonnata, idillica ed
elegiaca. La poesia del Metastasio fiorisce da questa
società e ne è al tempo stesso il melodico accompagnamento;
essa non crea né comunica, ma è piuttosto un canto,
originale per agilità e chiarezza, che tende a dissolversi
in musica.
Il mondo metastasiano può parere assurdo innanzi alla
filosofia, come innanzi alla filosofia pareva assurda la
società ch'esso rappresentava. Come arte, niente è più vero
per coerenza, per armonia, per interna vivacità. È il
ritratto più fiorito di una società vicina a sciogliersi, le
cui istituzioni erano ancora eroiche e feudali, materia
vuota dello spirito che un tempo l'animò, e che sotto quelle
apparenze eroiche era assonnata, spensierata, infemminita,
idillica, elegiaca e plebea. Guardatela. Essa è tutta
profumata, incipriata, col suo codino, col suo spadino,
cascante, vezzosa, sensitiva come una donna, tutta «idolo
mio», «mio bene» e «vita mia». La poesia di Metastasio
l'accompagna con la sua declamazione, con la sua cantilena;
la parola non ha più niente a dirle; essa è il luogo comune,
che acquista valore trasformata in trillo, con le sue fughe
e le sue volate, co' suoi bassi e i suoi acuti; non è più
un'idea, è un suono raddolcito dagli accenti, dondolato
dalle rime, attenuato in quei versetti, ridotto un sospiro.
Una poesia, che cerca i suoi mezzi fuori di sé, che cerca i
suoi motivi e i suoi pensieri nella musica, abdica già,
pronunzia la sua morte. Ben presto Metastasio sembra troppo
poeta al maestro di musica, né il pubblico sa più che farsi
della parola, e non domanda cosa dice, ma come suona. La
parola, dopo di avere tanto abusato di sé, non val più
nulla, e la stessa parola metastasiana, così leggiera, così
rapida, non può essere sopportata. La parola è la nota, e i
nuovi poeti si chiamano Pergolese, Cimarosa, Paisiello. Cosi
terminava il periodo musicale della vecchia letteratura,
iniziato nel Tasso, sviluppato nel Guarini e nel Marino,
giunto alla sua crisi in Pietro Metastasio. Oramai si viene
a questo: che prima si fa la musica, e poi Giuseppe secondo
dice al suo nuovo poeta cesareo, all'abate Casti: - Ora
fatemi le parole.
In seno a questa società in dissoluzione si formava
laboriosamente la nuova società. E che ce ne fosse la forza,
si vedeva da questo: che non teneva più gran conto della
forma letteraria, stata suo idolo, e che cercava nuove
impressioni nel canto e nella musica. Il letterato, che
aveva rappresentato una parte così importante, cade in
discredito. I nuovi astri sono Farinello e Caffarello,
Piccinni, Leo, Iommelli. La musica ha un'azione benefica
sulla forma letteraria, costringendola ad abbreviare i suoi
periodi, a sopprimere il suo cerimoniale e la sua solennità,
i suoi aggettivi, i suoi ripieni, le sue perifrasi, i suoi
sinonimi, i suoi parallelismi, le sue trasposizioni, tutte
le sue dotte inutilità, e a prendere un'aria più spedita e
andante. Gli orecchi, avvezzi alla rapidità musicale, non
possono più sopportare i periodi accademici e le tirate
rettoriche. E se Metastasio è chiamato «divino» è per la
musicalità della sua poesia, per la chiarezza, il brio e la
rapidità dell'espressione. |