Il Parini
rinnovatore della poesia italiana
Nella
grande costruzione storiografica della letteratura italiana
disegnata dal De Sanctis, il Parini occupa la posizione
fondamentale del rinnovatore, dopo i secoli del culto
esclusivo della «bella forma» e del trionfo del «letterato
puro», indifferente all'oggetto della poesia. Col Parini
rinasce, infatti, in Italia la poesia come espressione di un
vigoroso e sincero senso morale: di nuovo sono contenuto di
essa i grandi ideali dell'uomo, concretamente e intensamente
vissuti da una coscienza equilibrata e serena. L'ambito in
cui si esercitano l'osservazione e la passione morale del
Parini è la vecchia società aristocratica, che sta per
dissolversi, e il modo della rappresentazione è l'ironia,
capace di porre in rilievo la sproporzione fra le apparenze
fastose di quel mondo e la sostanza misera e inerte: ma è
un'ironia senza riso, triste perché si trova di fronte a uno
spettacolo che suscita disgusto, essendo negazione di ogni
vita interiore.
Parini era uomo più di meditazione che di azione. Non aveva
il gusto de' piaceri, aveva pochi bisogni e nessuna
cupidigia di onori e di ricchezze. La società non avea presa
su di lui: rimase indipendente e solitario, inaccessibile
alle tentazioni e a' compromessi, e, come Dante, fece parte
da sé. Quel mondo nuovo, che fermentava negli spiriti
fondato sulla natura e sulla ragione e in opposizione al
fittizio e al convenzionale del secolo, giuntogli attraverso
Plutarco e Dante più che per influssi francesi, rimase in
lui inalterato, puro di quelle macchie e ombre che vi
soprappongono le vanità e le passioni e gl'interessi
mondani, perciò puro di esagerazioni e ostentazioni. Era in
lui una interna misura, quell'equilibrio delle facoltà che è
la sanità dell'anima, quella compiuta possessione di se
stesso che è l'ideale del savio, quella mente rettrice che
sta sopra alle passioni e alle immaginazioni e le tiene nel
giusto limite. La sua forza è più morale che intellettuale,
perché la sua intelligenza si alza poco più su del luogo
comune, ed è notabile più per giustezza e misura che per
novità e profondità di concetti. Lo alza su' contemporanei
la sincerità e vivacità del suo senso morale, che gli dà un
carattere quasi religioso, ed è la sua fede e la sua
ispirazione. Rinasce in lui quella concordia dell'intendere
e dell'atto mediante l'amore, che Dante chiamava «sapienza»:
rinasce l'uomo.
E l'uomo educa l'artista. Perché Parini concepisce l'arte
allo stesso modo. Non è il puro letterato, chiuso nella
forma, indifferente al contenuto; anzi la sostanza dell'arte
è il contenuto, e l'artista è per lui l'uomo nella sua
integrità, che esprime tutto se stesso: il patriota, il
credente, il filosofo, l'amante, l'amico. La poesia ripiglia
il suo antico significato, ed è voce del mondo interiore;
ché non è poesia dove non è coscienza, la fede in un mondo
religioso, politico, morale, sociale. Perciò base del poeta
è l'uomo.
La poesia riacquista la serietà di un contenuto vivente
nella coscienza. E la forma si rimpolpa, si realizza,
diviene essa medesima l'idea, armonia tra l'idea e
l'espressione.
La base del contenuto è morale e politica: è la libertà,
l'uguaglianza, la patria, la dignità, cioè la corrispondenza
tra il pensiero e l'azione. È il vecchio programma di
Machiavelli, divenuto europeo e tornato in Italia. La base
della forma è la verità dell'espressione, la sua comunione
diretta col contenuto, risecata ogni mediazione. È la forma
di Dante e di Machiavelli, riverginata con esso il
contenuto.
Il contenuto è lirico e satirico. È l'uomo nuovo in vecchia
società.
L'uomo nuovo non è un concetto o un tipo d'immaginazione: ha
tutte le condizioni della realtà, è esso medesimo il poeta.
Protagonista di questo mondo lirico è Giuseppe Parini, che
canta se stesso, esprime le sue impressioni, si effonde,
cosí com'è, nella ingenuità della sua natura. Spariscono i
temi astratti e fattizi di religione, di amore, di moralità.
Tutto è contemporaneo e vivo e concreto, prodotto in mezzo
al movimento de' fatti e delle impressioni. Il poeta,
ritirato nella pace della natura e nella calma della mente,
sta al di sopra del suo mondo, e sente le sue agitazioni, i
suoi piaceri e le sue punture, ma non sì che giungano a
turbare l'eguaglianza e la serenità del suo animo. Ci è in
questo uomo nuovo una vena d'idillio e di filosofia, come di
uomo solitario, più spettatore che attore, avvezzo a vivere
tranquillo con sé, a conservare l'occhio puro e spassionato
nel giudizio delle cose. Ci è nel poeta un po' del pedagogo,
ammaestrando, librando con giusta misura i fatti umani. Ma
il pedagono è trasfigurato nel poeta, e vi perde ogni lato
pedantesco e pretensioso. II suo amore per la vita campestre
non è misantropia, anzi è accompagnato con la più tenera
sollecitudine per l'umanità. La sua rigidità pel decoro e
l'onestà femminile è raddolcita da un vivo sentimento della
bellezza. La sua dignità è scevra di orgoglio, la sua
severità è amabile, la sua virtú è pudica, piena di grazia e
di modestia. Ne' suoi concetti e ne' suoi sentimenti ci è
sempre il limite, un'armonica temperanza, dov'è la sua
perfezione intellettuale e morale di uomo e di .poeta.
Quando leggi la Vita rustica, la Salubrità dell'aria, il
Pericolo, la Musa, la Caduta e la sua Nice e la sua Silvia,
provi una soddisfazione più che estetica, senti in te
appagate tutte le tue facoltà.
La vecchia società è còlta non nelle sue generalità
rettoriche, come nel Rosa, nel Manzoni e in altri satirici,
ma nella forma sostanziale della sua vecchiezza, che è la
pompa delle forme nella insipidezza del contenuto. Quelle
forme cosí magnifiche, alle quali si dà una importanza così
capitale, sono un'ironia, messe allato al contenuto. La
Batracomiomachia è l'ironia dell'Iliade, la Moscheide è
l'ironia dell'Orlando: sono forme epiche applicate a un
mondo plebeo. L'ironia è la forma delle vecchie società, non
ancora conscie della loro dissoluzione. È il vecchio che
vuol farla da giovane, con tanta più ostentazione nelle
apparenze quanto più meschina è la sostanza. Questo è il
concetto fondamentale del Giorno, fondato su di un'ironia
che è nelle cose stesse, perciò profonda e trista. Parini
non vi aggiunge di suo che il rilievo, una solennità di
esposizione che fa più vivo il contrasto. E perché sente in
quelle mentite forme negato se stesso, la sua semplicità, la
sua serietà, il suo senso morale, non ha la forza di riderne
e non gli esce dalla penna uno scherzo o un capriccio. Ride
di mala grazia, e sotto ci senti il disgusto e il disprezzo.
L'Italia avea riso abbastanza, e rideva ancora ne' versi di
Passeroni e di Goldoni. Qui il riso è alla superficie, sotto
alla quale giace repressa e contenuta l'indignazione
dell'uomo offeso. La sua interna misura e pacatezza, la sua
mente rettrice gli dà la forza della repressione, sì che il
sentimento di rado erompe sulla superficie e l'ironia di
rado piglia la forma del sarcasmo. L'ironia de' nostri padri
del Risorgimento era allegra e scettica, come nel Boccaccio
e nell'Ariosto, perché era rivendicazione intellettuale
dirimpetto alle assurdità teologiche e feudali,
rivendicazione accompagnata con la dissoluzione morale: era
l'ironia della scienza a spese dell'ignoranza, e l'ignoranza
fa ridere. Ma qui l'ironia è il risveglio della coscienza
dirimpetto a una società destituita di ogni vita interiore:
lí era l'ironia del buon senso, qui è l'ironia del senso
morale. Senti che rinasce l'uomo, e con esso la vita
interiore. |