IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

CRITICA LETTERARIA

La letteratura minore

 
 
 
 

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LA LETTERATURA MINORE

LE CONFESSIONI E LA PISANA


Il disegno delle Confessioni era straordinariamente grandioso. Raccogliere intorno al filo d'una immagine autobiografica, una raffigurazione della vita italiana che, dal piccolo mondo feudale del Settecento, si volge agli ideali di libertà, prima in Venezia, poi nelle effimere repubbliche romana e partenopea, fino all'epoca, torbida e sconsolata, delle congiure e degli esili. Tutto ciò, non già visto dal ristretto angolo d'una prospettiva paesana; ma scorrazzando per lungo e per largo la penisola, e spingendosi, in ultimo, tra le nebbie londinesi; muovendo e facendo parlare personaggi a dozzine, e introducendo, come negli episodi, per verità meno riusciti, del padre reduce di Turchia e dell'incognita sorella Aglaura, spunti d'un gusto quasi picaresco. Il romanzo era scritto prima che il Nievo partisse con la spedizione dei Mille. E considerata la giovinezza dell'autore e la mole e complessità dell'assunto, è soltanto ovvio che si debba prendere atto delle sue discontinuità e imperfezioni.
Superfluo dire che mai il Nievo compone a freddo o d'accatto. Ed anche nelle parti della trama meno convincenti, la fantasia, la lingua, il dono di penetrazione morale, sanno riscattarsi con continue sorprese. La inesauribile felicità di temperamento del narratore, irradia situazioni che parrebbero quasi disperate. Con tutto ciò, dopo il capitolo decimo, l'edificio più e più traballa con brusche oscillazioni.
Cos'è più gustosa, specie in rapporto al tempo nel quale fu dettata, di quella descrizione di Bologna al capitolo decimottavo a Spregiudicata, d'una sensualità tinta d'umorismo, come potrebbe essere in un odierno fantasista; laddove, per esempio, nei due precedenti capitoli i fatti d'arme di Velletri e di Bisceglie sono spennelleggiati con l'irruenza banale e un po' spaccona ch'è nei bozzetti di un Sanesi, d'un Pollastrim, d'un Ussi ed altri «battaglisti» di metà secolo, che appunto s'erano accodati agli scrittori di romanzo. Al modo stesso che l'episodio della Pisana, che a Londra va attorno chiedendo l'elemosina per Carlino diventato cieco, sembra concepito in gara, con le lacrimosità del romanticismo nordico. E precede soltanto di poche pagine la morte della Pisana, per dolcezza di stile e arditezza di affetti, tra le cose più insigni che uscirono dalla penna del Nievo.

Su questo giuoco d'alti e bassi sarebbe facile trattenersi a lungo; ciò che infine riuscirebbe pedantesco. Talune mende sarebbero certamente sparite se, dopo la campagna di Sicilia, il Nievo avesse potuto riprendere il suo manoscritto. Ma è da temere che, nella rielaborazione dell'insieme, e sotto il minuzioso lavoro della lima, in parte avrebbe finito anche col perdersi qualcosa di essenziale: quell'ineffabile trepidità, quell'arcana lievitazione, quel senso di entusiasmo che fanno delle Confessioni, incomparabilmente, il più bel poema di giovinezza della letteratura italiana. Non per nulla l'autore di questo poema fu con Garibaldi a Varese, a Calatafimi, a Palermo. E a trent'anni, quando gli altri incominciano a vivere e a scrivere, ebbe già fornito l'opera e la vita...
Per colorire le altre figure, potevano bastare al Nievo il gagliardo talento, la virtù naturale dell'osservazione e dell'espressione, la versatile oggettività nello sceverare cause ed effetti delle azioni morali: tutte doti che, sebbene possedute ad un grado e in una fusione così singolari, non però hanno in sé troppo di misterioso e meraviglioso. La meraviglia e il mistero cominciano ogni volta che entra in scena la Pisana. Come per il fascino di una presenza che lo esalta e trasfigura, il Nievo acquista nuovo potere. E direi quasi che parla con una nuova voce.
Altrove si esprime in prosa, ma qui si esprime in poesia. Altrove ritrae, descrive, commenta; ma qui crea, come soltanto creano i veri poeti. Ed altrove si può parlare d'ingegno, di talento, di gusto. Ma qui, e non sembri parola eccessiva: qui occorre parlare di genio. D'un genio saltuario, non chiarito a se stesso; ma ben riconoscibile nelle sue operazioni. Altrove il Nievo è tuffato e invischiato nel proprio tempo. Ma quando la Pisana lo piglia per mano e conduce, la servitù al tempo si scioglie; e sbocciano nel libro superbe anticipazioni. Anticipazioni anche per il giorno d'oggi: dopo che tanti sudori ed inchiostri furono sparsi in Italia sugli amori infantili e le dolci ebefrenie, e sugli altri amori che spesso, pur troppo, diventavano bigottamente insipidi o intellettualmente frigidi per paura di riuscire volgarmente o preziosamente sensuali.
Che con i suoi capricci, i suoi inganni, la sua amoralità, la Pisana, oltre che tremendamente viva e vera, sia una figura talmente adorabile, ed inviti ad una confidenza grave, casta, profondamente umana, è tra i più galanti e misteriosi trionfi della poesia di qualunque tempo. Paragonatela, bambina, alle bambine del Dossi; ed esse vi parranno fiorellini malati, nevrasteniche scimmiette. Paragonatela, amante, alle donne del D'Annunzio; e non soltanto vi parranno infinitamente meno carnali e desiderabili, ma psicologicamente quasi ottuse; congenitamente incapaci a investirsi d'una così armonica molteplicità di sentimenti, significati e contraddizioni. Che or è un secolo, sia stato possibile, a uno scrittore talmente giovane, spirare tanta originalità di vita e di sentimento in questa figura di donna, resterà sempre uno dei fatti più portentosi e imperscrutabili di tutta la nostra storia letteraria.

Non si diminuisce il pregio delle Confessioni, riconoscendo il loro spirito più inedito e vigoroso nel personaggio della Pisana. E' piuttosto da ammettere che questo italianissimo personaggio, non è stato ancora studiato ed amato dai critici, quanto sarebbe degno: che in parte può essere una conseguenza della sua straordinaria novità. Dalla migliore comprensione della splendida figura, si avvantaggerebbe certo anche la nostra presente arte narrativa; che talvolta va a cercarsi modelli di qua e di là, fino agli antipodi e a casa al diavolo: ma non vi troverà mai il cordiale sorriso, la grazia amorevole e ardita, l'anima di fuoco d'un'altra Pisana
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Emilio Cecchi

© 2009 - Luigi De Bellis