TEMA E MOTIVI
DELLA POESIA DEI MARINISTI
Il critico
enumera e illustra i temi essenziali della lirica dei poeti
seguaci del Marino, partendo dall'indicazione della varietà
come del carattere più rilevante e distintivo. Così, nella
poesia amorosa, la descrizione della donna moltiplica
l'analisi dei particolari fisici, la descrizione
dell'abbigliamento e delle situazioni in cui essa viene a
trovarsi; e ogni aspetto della realtà, ogni oggetto viene
accolto con inesauribile interesse. Tuttavia, questa ricca
presenza delle cose appare sempre immersa nella prospettiva
del tempo che trascorre e induce un senso di fragilità e di
morte, che riscatta con indubbia sincerità umana il gusto in
apparenza tutto esteriore della mobilità e della fastosa
molteplicità delle forme.
La predicazione multipla, numerosa e in certo modo
inesauribile, della donna appare come un contegno fra i più
tipici della scrittura dei canzonieri barocchi. Non solo la
bellezza, nei suoi innumerevoli modi di presenza e di
assenza, ma ancora il nome della donna, il suo
abbigliamento, il suo agire e il suo patire nella serie
illimitata delle possibilità, diventano pretesti di sempre
variati motivi di poesia. Il mondo dei sentimenti soltanto
rimane piuttosto estraneo alla considerazione di questi
poeti. Su di esso si ha solo qualche rara indicazione.
Le stagioni costituiscono un termine figurativo non
infrequente nella rappresentazione della donna e dell'amore.
La correlazione fra la donna e le stagioni ritorna in vari
componimenti. L'antico cliché poetico del quadro primaverile
evocante una nostalgia d'amore o determinante comunque la
cornice della donna e dell'amore, viene sottoposto, al
solito, ad una variazione: ed accanto alla primavera, la
stagione poetica tradizionale, compaiono le altre stagioni,
l'estate l'autunno e l'inverno, colte sovente nelle loro
caratteristiche di ardore e di siccità, di colma e colorita
vendemmia, di neve e di gelo. L'attrazione fantastica verso
questo motivo, in realtà, si fa sentire con tale
soverchiante prepotenza da ridurre talvolta l'interesse
simbolico a semplice pretesto dell'esercizio figurativo
delle stagioni (che finirà anzi, a un certo punto, con
l'accamparsi in piena autonomia, come determinante unico del
componimento). Si veda la canzone di Ermes Stampa in cui le
quattro stagioni sono passate in rassegna per concludere che
la più gradita è la stagione invernale perché in essa la
donna si mostra al poeta: dove il fascino della canzone non
è certo nella conclusione simbolica, che pone la donna come
sintesi delle stagioni, ma proprio nei quadri delle
stagioni, in quel gusto schietto delle opere e dei giorni
dell'uomo, in quel sentimento di goduta realtà, in quella
prospettiva ariosa di paese.
Del resto non è solo per le immagini delle stagioni che, nei
componimenti di struttura simbolica, la parte figurativa
soverchia spesso sull'enunciato -meditativo o sentimentale.
Ognuno dei molteplici aspetti della realtà può non solo
trovare diritto d'ingresso nella lirica barocca, ma avere
anche mezzo per usuparvi lo spazio maggiore e la più
prolungata attenzione. Esiste invero una condizione
espressiva tipica, in cui il tema tanto insistente
dell'amore preferisce introdursi in maniera indiretta,
attraverso la mediazione di scene di vita e oggetti
svariati, i quali, rovesciando i termini della loro
funzionalità, finiscono con l'invadere l'intero orizzonte
contemplativo, per ritrarsene solo negli ultimissimi versi,
quando, per fulminea via comparativa, subentra finalmente il
tema amoroso.
La Weltanschauung' di questi lirici barocchi insiste su una
visione della vita fragile e fugace, sulla presenza continua
del tempo distruttore e veloce, sull'ossessione lugubre e
desolata della morte. Non sono rari i componimenti che hanno
per unico soggetto la convinzione sul carattere effimero e
contrastante della vita.
Se l'età medievale avverti il tempo come una durata di tipo
inferiore, quella per cui esistono le cose che sono nella
materia e per le vicissitudini della quale l'uomo si scopre
mortale, questa durata era tuttavia sentita come quella che
conduce all'eternità, a Dio: l'attimo del presente si
colmava dunque di futuro, di una divina speranza di
infinito. E a sua volta l'età rinascimentale nell'intuire la
temporalità come il teatro della immortalità, in cui l'uomo
può affermarsi e lasciare memoria di sé, padrone del suo
destino e fabbro della - sua fortuna e conquistatore della
sua gloria, dava un significato al tempo presente, che
sembrava così caricarsi di passato e nobilitarsi di memoria
storica. Ma l'età barocca, in cui, mentre la immanenza
rinascimentale più non soddisfa e appare remota la semplice
concezione del mondo medievale, l'uomo si sente
dolorosamente solo, avrà del tempo una sensibilità più
disperata: per essa il tempo si pone con un carattere di
estrema instabilità, come presente senza speranza di futuro
e senza conforto di passato, come istante minacciato
continuamente dal futuro e sepolto senza rimedio dal
passato.
Di qui l'attenzione concentrata sulla morte, sulla morte
vista in una prospettiva tragica di distruzione e di
sepoltura. La pietra sepolcrale, la putrefazione della
tomba, lo scheletro e il teschio, la polvere a cui anche le
ossa saranno inevitabilmente ridotte: sono tutte immagini
ossessive della fantasia barocca.
Ad una intuizione della realtà e a una condizione di vita
quali sono queste cui abbiamo accennato, essenziali alla
civiltà barocca, paiono alludere e richiamarsi modi e
atteggiamenti della lirica marinista, sì da determinare una
direzione espressiva, se non unica ed assoluta, tuttavia
abbastanza costante. La stessa poetica della varietà (e
l'innumerevole serie predicativa della donna a cui essa dà
luogo) può forse raccordarsi a questa intuizione, per quel
carattere che, nell'economia totale di questi canzonieri,
assume, di mutevole inchiesta di ogni possibile elemento, di
inquieta provvisorietà di ogni singolo aspetto. Del resto,
proprio per la lirica amorosa, si insinua non raramente una
ragione di incertezza, di evanescenza e di illusione, sulla
realtà figurata. Saranno i dubbi dell'amante
sull'interpretazione di un sembiante, di un atteggiamento,
di un dono della donna; e le sue sottili elucubrazioni su
una situazione (alla maniera petrarchesca del resto, eppure
rinnovata da una coscienza diversa) con complicazioni di
echi di pensieri, e riflessi allusivi e illusivi, in un
inseguimento labirintico di certezze, di punti che si
sentono instabili e sfuggenti; e certe ansie
improvvisamente. affioranti, e certe turbate insoddisfazioni
d'amore; e la stessa ridente perplessità di scelta fra due o
più donne o fra la donna ed altra cosa; e il velarsi
reciproco di illusione e realtà di una figura o di una
situazione d'amore nella prospettiva aperta dal gioco ottico
di uno specchio, di un'ombra, di un ritratto, di un
palcoscenico; e il sentimento della bellezza che vien meno e
tramonta; e, nei riflessi espressivi, talune ricerche di
contrasto e rotture di equilibrio e di chiarezza: come
avviene nei sonetti sotto forma di sequenze di parallelismi
improvvisamente interrotte sul finale da una discordanza, e
nelle composizioni affollate di stile enumerativo, e
nell'uso mobile di una parola impiegata ora in senso proprio
ora figurato. Così ancora il forte intervento metaforico,
soprattutto nella figurazione della natura, che sposta le
parvenze da una realtà ad un'altra, che scambia e confonde
fra loro le cose, collabora a questa visione della instabile
realtà, a questo metaforismo universale, o metamorfismo
universale (in cui, appunto, i miti delle metamorfosi,
oggetto di particolare preferenza da parte di questi poeti,
determinano anch'essi un processo di linee in movimento). Ma
le «forme che volano», secondo sono stati chiamati i modi
stilistici del barocco in sede di arte figurativa, sono
prima che una realtà estetica una intuizione etica: un fatto
umano, prima che di stile. Il tema ascetico cristiano della
vanità delle cose terrene, della caducità della bellezza,
della ricchezza, della gloria, assume proporzioni grandiose
nell'età barocca e diffonde un velo di malinconia su tutto,
coordinandosi al senso tipico di questa età, di inquietudine
di spiriti e di oscillazione di forme: le cose della vita,
belle e piacevoli, se appaiono talora, in questa lirica,
assaporate con avidi sensi, sono anche troppo spesso velate
dalla tristezza del destino di morte dell'uomo, che le
possiede provvisoriamente, che neppure le possiede per un
istante con pieno abbandono, perché, come insisteranno
questi poeti, ogni cosa buona ha in sé un lato cattivo, ogni
cosa bella ha un lato brutto, perché tale è lo stato
dell'uomo che «il ciel sempre unisce / con infausto legame
il ben e 'l male»; anzi queste cose stesse, le più
desiderabili, quelle che donano amore e fortuna, sembrano
mutare e cadere nello stesso desiderio dell'uomo («Quel
ch'ieri si bramava oggi si sprezza... / ch'alfin è un lampo
amor, fortuna un vento»); così il sentimento del tempo che
passa veloce e muta le forme, avvertito com'è
nell'instabilità dell'attimo fuggevole, approfondisce ancora
questa visione della vita del barocco, alla quale del resto
non pare nemmeno sottrarsi la morte, se uno di questi poeti,
Antonio Basso, potrà dedicare un sonetto All'incenerite ossa
d'un umano cadavere per descrivere «la natural varietà della
nostra corruttibil materia, inquieta anche nelle ceneri
dell'uomo estinto». |