LO
STILNOVO
Lo Stil Novo, definito dal Sapegno come un fatto
essenzialmente di poetica, cioè di gusto e cultura
artistica, e collocato nella prospettiva della tradizione
lirica che lo ha preceduto, è caratterizzato nella sua
«novità» prevalentemente da un «approfondimento e
raffinamento», sia nei concetti sia nel linguaggio,
dell'indagine psicologica.
Lo «stil novo» è il risultato di una evoluzione lenta e
progressiva di concetti e d'atteggiamenti, i quali si vengon
formando in seno alla letteratura provenzale e trovano le
loro radici anche nella vecchia lirica italiana, ovvero è,
come fu detto, una «rivoluzione», l'esplosione spontanea e
imprevedibile d'un contenuto nuovo con la sua forma
singolare? Questione grave che agitò, trent'anni or sono,
profondamente le acque sempre poco tranquille della critica.
A dire il vero, se si guarda soltanto alla novità del
sentimento e all'originalità dell'espressione di alcuni dei
poeti stilnovisti e la si mette a confronto con l'arte
troppo piú rozza e inefficace dei lirici precedenti, si
propenderà ad ammettere che si tratti proprio d'una
«rivoluzione». Senonché la poesia dei singoli, presa in se
stessa, è proprio l'argomento meno utile a definire il
concetto, in sé, dello «stil novo»: fatto non estetico bensí
culturale in largo senso.
E se noi ci volgiamo a considerare, il contenuto
concettuale, la materia grezza, quel determinato
atteggiamento del gusto, che è poi il vero punto di contatto
fra i singoli rímatori, allora riconosceremo senza fatica
gli antecedenti dello «stil novo», i quali fan tutt'uno con
gli elementi disparati della cultura consapevole od
inconscia, diretta o indiretta, dei giovani poeti che a quel
movimento collaborarono.
Si dovrà ammettere allora una continuità di svolgimento
nella dottrina di amore, dagli ultimi provenzali, attraverso
Chiaro Davanzatí, al Guinizelli. Oppure si dovrà constatare,
che una canzone del primo Guido riprende concetti e immagini
da una canzone di Americo di Peguilhan e da un sonetto di
Jacopo da Lentino. E, piú in generale, osserveremo che nelle
poesie degli stilnovisti si riecheggia ancora una volta
quella discussione sulla natura sui caratteri sugli effetti
dell'amore, che percorre tutta la lirica medievale di
Francia e d'Italia: e inoltre vi appare la conoscenza minuta
di tutti i testi della questione, dai commenti e rifacimenti
dell'Ars amatoria d'Ovidio, al trattato d'Andrea Cappellano,
a quello d'Enanchet, alle definizioni erotiche dei poeti
francesi, provenzali, siciliani e toscani fino a Guittone.
Ricollegheremo perciò lo «stil novo», a tutta la vasta e
varia letteratura psicologica che il medio evo ha visto
nascere e fiorire: a tutto quel complesso e multiforme
travaglio di osservazione e d'interpretazione che culmina
nella creazione d'una serie di schemi sottili e di analisi
penetranti. Vedremo come, a determinare certi concetti
caratteristici dello «stil novo» abbian collaborato le
indagini appassionate dei mistici - filosofi asceti lirici -
sull'amore divino; riconosceremo l'influsso delle dottrine
scolastiche, piú o meno vasto e diretto a seconda della
minore o maggiore intelligenza filosofica dei singoli poeti
stilnovisti.
Infine la scuola poetica fiorentina ci apparirà, come è
giusto, nel quadro generale della cultura contemporanea, non
piú che un momento, certo assai notevole, dell'affermarsi
d'una nuova coscienza e religiosità laica, che propone ed
esalta il valore morale dei sentimenti umani. Cotesta
affermazione sorge su per giú nello stesso tempo, e in
maniera piú o meno indipendente, ma con forme non dissimili,
nella Francia meridionale, con lo sviluppo estremo della
poesia cortese, da noi con lo «stil novo», e anche nella
nazione germanica con Walther von der Vogelweide. Il «dolce
stil novo» ebbe certamente importanza piú larga e profonda
che non gli altri movimenti da noi ricordati - non fosse
altro perché da esso prese le mosse l'arte luminosa di Dante
- ma a quelli, e piú in generale a tutta la lirica
psicologica del medio evo, dev'essere senza dubbio
riaccostato da chi voglia intenderlo davvero ne' suoi
limiti.
Dove dunque sarà da cercare la novità dello «stil novo» cosí
solennemente attestata da Dante? In un approfondimento e
raffinamento appunto dell'indagine psicologica.
Approfondimento di concetti: ovvero, in altre parole,
creazione di schemi piú numerosi, piú agili e duttili, che
si giova di una piú vasta e attenta cultura quale è quella
che si va diffondendo ogni giorno di piú tra i laici. E
raffinamento di forme: ritrovamento cioè d'una lingua piú
schiva e delicata, piú limpida e piú sensibile, atta ad
esprimere in immagini nuove le pieghe piú recondite e meno
afferrabili della coscienza.
Alcuni concetti, nati nella poesia degli ultimi Provenzali,
ma pochi ancora, sparsi ed incoerenti, s'unificano si
coordinano s'arricchiscono nella mente del Guinizelli e de'
suoi seguaci, organizzandosi, come mostrò benissimo il
Parodi, «in una profonda persuasione sentimentale»: tra
essi, essenziali, l'idea dei rapporti di gentilezza con
virtú e d'amore con gentilezza, e la concezione d'amore come
sorgente di perfezione morale ed elevazione a Dio.
Con il Cavalcanti, e tra i suoi amici ed imitatori, si fa
strada anche una piú minuta attenzione alle distinte facoltà
od attività dell'organismo: queste acquistano una loro
figura individuale, diventano personaggi d'un dramma ideale
ed astratto, se pur sostanziato d'umanità. L'anima, la
mente, il cuore, gli occhi, gli spiriti (nei quali trovan la
loro concretezza le singole potenze morali e sensitive) son
gli elementi di questa, talora complicata, sempre
convenzionale, mitologia.
La passione d'amore acquista apparenze costanti e definite,
sempre le stesse nei diversi poeti dello « stil novo ». È
adorazione d'una donna-angelo, per mezzo della quale
l'amante acquista perfetta umiltà e somma elevatezza
spirituale: ma, al tempo stesso, è distruzione delle energie
fisiche, presentimento e, talora desiderio di morte,
accasciamento e tremore, battaglia aspra ed angosciosa.
Le qualità della donna si ripetono anch'esse, non senza
monotonia: bellezza, gentilezza, umiltà, chiarità. Il suo
saluto è mirabile dono. Le donne che stan con lei ne
ricevono luce e onore.
Insieme con questi concetti, cosí piú o meno logicamente
fissati e chiariti e coordinati, si crea tutta una nuova,
piú o men costante, terminologia. «Virtú», «valore»,
«pietà», «mercede», «gentilezza», «umiltà», «ira»,
«superbia»: ecco altrettante parole che acquistano un
significato nuovo e singolare, quasi, direi, scientifico.
E, accanto ad esse, tutta una serie d'atteggiamenti, nuovi o
rinnovati, che si ripetono ne' vari canzonieri del «dolce
stile». Se per il Cavalcanti, ad esempio, l'amore è
inquietudine e tormento («Non sentí pace né rimorso alquanto
/ poscia ch'amore e madonna trovai») lo stesso è anche per
Cino:
|
Senza
tormento di sospir non vissi,
né senza veder morte un'ora stando
fui, poscia che i miei occhi riguardando
e la bieltate di madonna fissi. |
|
Se l'Amore
«assale» il Guinizelli con «fiera battaglia di sospiri» e lo
abbatte a terra, «battaglia» è l'incontro con la sua donna
anche per il Cavalcanti e per Dante della Vita Nuova: e Lapo
raffigura Amore «infaretrato com'arciero» o come «scherano»
che sta al varco «rubando i cori e saettando strali», e Cino
lo definisce «uno spirito ch'ancide». Se il secondo Guido
afferma che «amore ruppe tutti i suoi spiriti a fuggire»,
anche Dante dice che esso
|
prende
baldanza e tanta securtate
che fere tra' miei spiriti paurosi
e quale ancide, e qual pinge di fore. |
|
Se gli
occhi del Cavalcanti, che han guardato alla bellezza della
sua donna, son dal poeta chiamati «folli», cosí definisce i
suoi anche Cino. Alle donne che circondano l'amata si
rivolgono, invitandole a rispecchiare in sé la bellezza di
lei e ad onorarla a gara, Guido e Dante, Gianni Alfani e
Cino. Alla Morte indirizzano i loro versi; invocandola, se
pur con tono diversamente intenso, il Cavalcanti,
l'Alighieri, Dino Frescobaldi.
Anche le immagini e i modi dell'espressione si ripetono non
dissimili. La donna amata «par lucente sole» al Guinizelli,
«risplende piú che sole» per l'altro Guido: e per Lapo gli
occhi di lei sono «lucenti ceme stella». Il Guinizelli non
crede «che nel mondo sia cristiana / sí piena di beltade e
di valore», il Cavalcanti afferma che «in questo mondo non à
creatura / sí piena di bieltà né di piacere». Il Guinizelli
innamorato rimane «como statua d'ottono, / ove vita né
spírto non ricorre, / se non che la figura d'uomo rende», il
Cavalcanti va «come colui ch'è fuor di vita, / che pare, a
chi lo sguarda, come sia / fatto o di rame o di pietra o di
legno / che sé conduca sol per maestria».
L'elenco potrebbe essere, senza fatica, continuato. Senonché
non riuscirebbe mai ad esaurire la novità e la peculiarità
vere della lingua dello «stil novo» e ce ne darebbe solo le
caratteristiche piú esteriori e convenzionali. La novità è
piuttosto in quella voluta ricerca di levità fantastica e di
rarefazione spirituale per cui ogni immagine e ogni parola
ci trasportano in un mondo ideale e raffinato, nel quale i
sentimenti si sviluppano nella purezza incontrastata della
loro linea e nulla di corporeo viene mai a toccarli e
sminuirli. Allo stesso modo, l'elenco, che prima abbiamo
tentato, di alcuni concetti piú generalmente accettati e
ripetuti dagli stilnovisti, non potrà mai darci la sostanza
viva di quel movimento intellettuale.
Il vero è che a quell'insieme di concetti e a quello
speciale linguaggio s'accompagna, nei singoli rimatori, la
persuasione di possedere meglio e piú intimamente la realtà
della vita amorosa, e in genere spirituale, e di saperne
dare una rappresentazione piú adeguata. Qui è là novità
affermata da Dante: in questa coscienza di seguir piú da
vicino le parole del «dettatore»; in questa consapevolezza
d'una cultura privilegiata e fiducia della sua verità ed
efficacia. Vi è in tutto ciò alcunché di giovanile, e
comunque di ingenuo: una superbia, come spesso accade, non
scevra da pedanteria. Ma vi è anche una forza vera: il culto
del sentimento, che, nella sua purezza spirituale, eleva
l'uomo al di sopra della mentalità volgare, non è solo
ostentato come un privilegio, ma vissuto dagli stilnovisti
con sincerità: e nella rappresentazione della vita
psicologica la loro arte è veramente, se pur píú povera di
colore e di concretezza, piú intima anche e piú sottile. |