Epicità
della Gerusalemme
La Gerusalemme sembra in qualche modo essere scritta sul
modello della Iliade; ma se deve dirsi imitare lo
scegliere nella storia un argomento che abbia
somiglianza colla favola della guerra di Troia, se
Rinaldo è una copia d'Achille, e Goffredo di Agamennone,
ardisco asserire che il Tasso ha superato il suo
modello. Ha un fuoco eguale a quello d'Omero nelle
battaglie, ma con maggior varietà. Tutt'i suoi eroi
hanno caratteri differenti, come quei dell'Iliade; ma i
suddetti caratteri sono meglio esposti, più fortemente
descritti, e infinitamente meglio sostenuti; perché non
ve n'è quasi uno che non si contradica nel poeta greco,
e non. ve n'è uno che non sia invariabile nel poeta
italiano.
Egli ha dipinto quello che Omero disegnava: ha
perfezionato l'arte di mescolare i colori, e di
distinguere le differenti specie delle virtù, de' vizi,
e delle passioni che per altro sembrano essere le
medesime. Così Goffredo è prudente e moderato,
l'inquieto Aladino ha una politica crudele, il generoso
valor di Tancredi è opposto alla ferocia d'Argante,
l'amore in Armida è una mescolanza di civetteria e di
rabbia: avvi in Erminia una amabile e dolce tenerezza,
né vi è fino all'eremita Piero uno che non faccia un
personaggio in pittura, e un bel contrasto col mago
Ismeno, e queste due figure sono assolutamente superiori
a Calcante e a Taltibio. Rinaldo è una imitazione
d'Achille, ma i suoi difetti sono assai più scusabili:
il suo carattere è più amabile, il suo ozio è meglio
impiegato. Achille abbaglia, e Rinaldo interessa.
Io non so se Omero ha fatto bene o male ad ispirare
tanta compassione per Priamo nemico de' Greci: ma l'aver
renduto Aladino odioso è senza dubbio un colpo da
maestro. Senza questo artifizio più d'un lettore si
sarebbe interessato in favore de' Maomettani contra i
Fedeli. Uno sarebbe tentato a riguardare questi ultimi
come brigandieri alleati per uscire dal fondo
dell'Europa a desolare un paese, sul quale non aveano
diritto alcuno, ed a fare strage a sangue freddo d'un
Monarca venerabile di 8o anni, ed un intero popolo
nnocente che non aveva alcuna pretensione con loro.
Nelle Crociate mescolavansi le più scandolose
dissolutezze, e talvolta il furore più barbaro con
teneri sentimenti di divozione. Scannavano alcuni tutto
in Gerusalemme senza distinzione né di sesso, né di età.
Ma quando arrivarono al Santo Sepolcro ancora lordati
del sangue delle donne uccise dopo averle violate,
baciarono la terra e si percossero il petto: tanto è
capace la natura umana d'unire gli estremi.
Il Tasso fa vedere, com'egli deve, la Crociata in una
luce tutta diversa. Ella è un'armata d'Eroi che sotto la
condotta d'un savio Capitano va a liberare dal giogo
degl'Infedeli una terra consecrata dalla nascita e dalla
morte d'un Dio. L'argomento della Gerusalemme riguardato
in questo senso è il più grande che sia mai stato. Il
Tasso l'ha trattato degnamente, avendovi impiegato non
meno interesse che grandezza; l'opera è ben condotta,
essendovi quasi tutto mescolato con arte: gli
avvenimenti sono maneggiati destramente, e saggiamente
distribuiti i chiari e gli scuri. Fa passare il lettore
dallo strepito della guerra alle delizie dell'amore, e
dopo la pittura de' piaceri lo riconduce al campo:
eccita la sensibilità per gradi, e si solleva sopra se
stesso di libro in libro. Il suo stile è per tutto
chiaro, ed elegante, e quando l'argomento richiede
sublimità, maravigliosa cosa è come la delicatezza della
lingua italiana prende un carattere nuovo nelle sue
mani, e si cangia in maestà ed in forza.
Si trovano evvero nella Gerusalemme 200 versi circa, ne'
quali l'autore si perde dietro a giuochi di parole, ed a
concetti puerili; ma queste debolezze erano una specie
di tributo, che la sua gloria pagava al gusto che aveva
il suo secolo per l'arguzie, e che dopo di lui
maggiormente crebbe; ma del quale gl'Italiani si sono
interamente disfatti. |