Vitalità
della cultura medievale
Il Medio Evo ebbe una concezione sua propria del mondo
classico poiché esistette veramente quello che io ho
chiamato altrove il classicismo medievale. Al gusto
raffinato dei moderni potrà sembrare un classicismo
deformato, mutilato o bizzarro; eppure esso fu una forza
formatrice degli spiriti di quel secolo dodicesimo, che fu
sostanzialmente un tempo che vide la gioventù spingersi
avanti per emergere. È uno spettacolo divertente assistere
all'incontro di questa gioventù con gli anziani; è uno
spettacolo che possiamo seguire di decennio in decennio e
che culmina, per quanto mi permette di affermarlo la mia
esperienza, verso il 1170. Arrivati a questa data troviamo
«manifesti» poetici e retorici che vengono a costituire una
specie di Dichiarazione dei Diritti. Sono proclamati da un
gruppo di scrittori che si attribuiscono il nome di Moderni.
Essi si fanno banditori di nuovi modelli in poesia,
nell'arte dello scrivere in prosa, nella filosofia, e in
ogni altro ramo del sapere. Sono convinti che sta sorgendo
una nuova età e citano a proprio conforto le parole di San
Paolo: «Le vecchie cose sono svanite; guardate, esse sono
diventate nuove». Avete qui un esempio della graziosa
ingenuità di quell'epoca che conobbe una censura
ecclesiastica veramente minima. Non c'era ancora
l'Inquisizione, non c'era ancora la sorveglianza papale sul
corso degli studi; varietà di posizioni caratterizzavano la
teologia e la più squisita elaborazione dei dogmi. Il secolo
dodicesimo fruí di una libertà intellettuale che il secolo
seguente avrebbe soppresso. Per questo è un errore parlare
del Medio Evo come di una età tutta uniforme poiché sarebbe
come se noi potessimo, a modo d'esempio, parlare degli
ultimi quattro secoli come di un tutto unico. Dobbiamo,
invece, tentare di delineare ogni secolo come fu nelle sue
caratteristiche singolari, profondamente diverse da quelle
degli altri secoli. Quando ci si guarderà dal parlare di uno
«spirito medievale» si sarà fatto un grande passo sulla
strada della comprensione della storia.
Ma mi si permetta di parlare ancora dei Moderni del 1170.
Circa un mezzo secolo prima gli Antichi erano stati definiti
dei giganti, mentre i Moderni parevano nani che potevano
spaziare su un più vasto orizzonte solo perché stavano sulle
spalle di quei giganti. Ma verso la fine del secolo i
Moderni hanno spiegato le ali e si vantano di essere uguali
ai loro antenati. Anzi, manifestano un certo fastidio nei
riguardi dello stile dei classici: Si sentono capaci di fare
meglio di loro e coniano, intanto, molte parole nuove.
Sono dei ribelli... ma solo fino a un certo punto. Essi,
infatti, continuavano a scrivere in latino; e mentre
attendevano ad affinare versi elaborati, si fece avanti un
altro gruppo che spinse più a fondo la ribellione. Giovanni
di Salisbury, il più grande umanista del dodicesimo secolo,
deplora il crescente disprezzo della grammatica, della
retorica e delle lettere. Gli autori classici sono messi da
parte. Coloro che si mantengono fedeli ai classici vengono
fatti segno a frecciate di derisione: «Che cosa pensa questo
vecchio asino? Perché mai non fa che ripetere i detti e i
fatti degli Antichi? Noi troviamo in noi stessi la sorgente
del sapere».
Questa ammirevole gioventù ha scoperto il potere del
ragionamento e prova un'attrazione irresistibile per le
argomentazioni logiche che si librano sopra i fatti e ogni
altra forma di sapere.
La logica pare a costoro un dono sublime che essi possiedono
per diritto di nascita. Sono tutti presi dalla frenesia per
la dialettica e provano e confutano, affermano e negano ogni
cosa. Gli antecedenti remoti a cui assomigliano sono i
Sofisti greci. Essi sono per noi interessanti perché
rappresentano la tendenza a scardinare il sistema educativo
fondato sulle discipline letterarie. Il loro tentativo non
fu coronato da successo soltanto perché non avevano niente
da mettere al posto di quelle.
Verso il 1200 noi troviamo due nuove discipline del sapere:
il diritto e la medicina. Si sviluppa un nuovo sistema
educativo quando le scuole episcopali vengono soppiantate
dalle Università. Si diffondono in traduzione latina le
opere di Aristotele che forniscono uno sterminato corpo di
cognizioni relative all'universo, alla storia naturale e
alla metafisica. Questo materiale sarà adattato e
trasformato per divenire parte del grande sistema della
scolastica. Cosí il secolo decimoterzo segna il trionfo
della filosofia perché questa disciplina si insinua dovunque
e usurpa ogni cosa. Verso il 1225 la splendida fioritura di
poesia e letteratura latine termina bruscamente. Se ne deve
cercare la ragione in una riforma dell'educazione. Nel 1215
il corso degli studi in vigore all'Università di Parigi
venne radicalmente alterato: abolito lo studio dei classici,
subentra al suo posto quello della logica formale.
L'insegnamento della letteratura e della retorica venne
continuato da alcuni maestri isolati e in alcune scuole
arretrate. Ma questi maestri ebbero una vita stentata. Essi
erano insultati dagli alfieri della filosofia. Si ingaggiò
un terribile «Combattimento dei Libri». In una composizione
poetica che tratta di questo argomento, il filosofo cosi si
rivolge al poeta: «lo ho seguito la via del sapere; tu
invece preferisci fanciullaggini, come la prosa ritmica e il
verso. Quale è la loro utilità? Essi devono essere valutati
proprio niente... Tu conosci la grammatica, ma non possiedi
neppure un briciolo né di scienza né di logica. Perché
dunque meni tanto vanto? Tu sei un ignorante ("ignoramus
")». Cosí stanno le cose verso il 1250. Alcuni anni più
tardi Ruggero Bacone lancia i suoi violenti attacchi contro
Alberto Magno e San Tommaso. Egli li rimprovera di avere
messo da parte lo studio del latino, del greco e
dell'ebraico. Ai suoi occhi il secolo decimoterzo sembra una
età che riprecipita nella barbarie. Non si esce forse
dall'argomento ricordando che Goethe fa di lui grandi lodi.
Tuttavia sarà bene non dimenticare che vario fu il giudizio
di Goethe sul Medio Evo perché, in genere, egli lo considerò
un periodo di tenebre culturali. Ma il fatto che fosse
possibile trovare in tale periodo uno spirito come Ruggero
Bacone confermò Goethe nella sua opinione che, cioè, in ogni
tempo si possono trovare uomini eccellenti e che la loro
serie costituisce una specie di galassia che si estende
sopra lo spazio vuoto della notte.
Che dire delle basi della cultura occidentale? Le basi della
cultura occidentale sono l'antichità classica e il
Cristianesimo: La funzione del Medio Evo fu quella di
ricevere quel deposito, di trasmetterlo e di adattarlo. Per
mio conto, il suo legato piú prezioso è lo spirito che
riuscì a creare mentre eseguiva questo compito. I fondatori
sono stati San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e
pochi altri. Sono figure che appartengono al quarto e al
quinto secolo della nostra era e rappresentano l'ultima fase
dell'antichità greco-romana che coincide con la prima fase
del Cristianesimo. La lezione del Medio Evo è proprio
nell'accettazione riverente e nella fedele trasmissione di
un deposito prezioso. Ma questa è anche la lezione che noi
deriviamo da Dante e da Goethe secondo quanto egli ci
insegna nella sua opera poetica, nei suoi scritti di storia
e di filosofia, nelle sue lettere e nei suoi colloqui. Il
secolo decimonono ha fatto nascere un tipo di scrittore che
si è eretto a campione di idee rivoluzionarie e di una
poesia parimenti rivoluzionaria.
Trasmettere una tradizione non significa cristallizzarla in
un complesso dottrinario immutabile e in un canone fisso di
alcuni libri prescelti. La lettera uccide, ma lo spirito
vivifica. Lo studio della letteratura dovrebbe procedere in
modo da dare un gaudio allo studioso e suscitare la sua
meraviglia dinanzi a bellezze che egli non sospettava
nemmeno. La devozione e l'entusiasmo sono le chiavi che
apriranno questi tesori nascosti. lo sono convinto che vasti
campi della letteratura medievale aspettano ancora il
rabdomante che sappia scoprirvi sorgenti di bellezza e di
verità.
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