IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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DANTE ALIGHIERI

AL POCO GIORNO E AL GRAN CERCHIO D'OMBRA


Dante volle gareggiare, scrivendo questa sestina, con Arnaut Daniel che aveva scritto la sestina Lo ferm voler qu'el cor m'intra («Il forte desiderio che m'entra in cuore»), primo modello del genere. Anche Petrarca, come vedremo, si provò in questa forma. La composizione si regge sulle sei parole-rima, che tornano in tutte le strofe. Le sei parole-rima della sestina di Arnaut erano intra, ongle, arma, verga, oncle, cambra (entra, unghia, anima, verga, zio, stanza), ed erano parole singolari, cariche di significati (anche sensuali), attorno a cui il poeta si aggirava ossessivamente. Dante rifiuta la sensualità aperta di Arnaut, sceglie parole-rima meno eccezionali, ma ugualmente ricche di significati, legate fra loro da sottili corrispondenze anche foniche (due parole hanno un'assonanza in o: Ombra e cOlli; tre un'assonanza in e: Erba, vErde, pEtra). Dante «fin dal principio, porta la poesia all'aperto, passa dalla cambra ai dolci colli, al verde della natura». Egli «vede l'amore della Petra nel gran cerchio di fenomeni naturali, e la sua sestina intreccia le immagini della natura con quelle della donna».
Analizziamo il sistema semantico (Strumenti) delle parole-rima e l'uso che Dante fa delle potenzialità poetiche di questo sistema, sulla scorta dell'analisi compiuta da un giovane studioso di metrica, Costanzo Di Girolamo.
Di Girolamo osserva che, nella sestina dantesca, «due termini si riferiscono al paesaggio, erba e colli, ai quali si oppone donna; elementi intermedi sono ombra e verde, connessi ora alla donna, ora al paesaggio; petra, infine, per la sua funzione di parola-chiave del gruppo di liriche a cui la sestina appartiene occupa un posto centrale, e funge da filtro tra i due distinti poli semantici».

Dante applica nelle varie strofe questo sistema inserendo la parola-rima in un contesto ogni volta diverso.
«[Ecco] i contesti di verde: v. 4: e 'l mio disio però non cangia il verde, "non appassisce"; v. 11: e che li fa tornar di bianco in verde (i colli, a primavera); v. 15: perché si mischia il crespo giallo e 'l verde (della ghirlanda, sui capelli di madonna); v. 24: poggio né muro mai né fronda verde; v. 25: Io l'ho veduta già vestita a verde; v. 32: prima che questo legno molle e verde (ovvero, la giovane amata); v. 38: sotto un bel verde la giovane donna (il verde della veste). Come si vede, l'aggettivo assume funzioni assai diverse, a seconda dei contesti in cui compare. E lo stesso si dica per colli, termine ancora più "concreto" semanticamente: al bianchir de' colli (v. 2), e il dolce tempo che riscalda i colli (v. 10) sono indicazioni di stagione, inverno e primavera; al v. 37: Quandunque i colli fanno più nera ombra è perifrasi per "sera", "notte"; che m'ha serrato intra piccioli colli (v. 17) sembra un verso carico di informazioni, al confine con l'autobiografia (potrebbe trattarsi dei colli che circondano Firenze); al v. 31, colli compare in un adunaton: Ma ben ritorneranno i fiumi a' colli; mentre al verso prima gli altissimi colli chiudevano irrealisticamente il praticello in cui il poeta fantastica l'incontro d'amore con l'amata; per piani e per colli (v. 21), infine, egli è fuggito per scampar da cotal donna. Osservazioni non dissimili valgono per il terminechiave petra, che compare solo tre volte nell'accezione 4 banale di "sasso" (vv. 26, 34, 39), una volta in quella di "mattone" (v. 18), due volte è connesso alla donna, per mezzo di metafora (v. 5), o di similitudine (v. 9); al v. 19, la petra è una "pietra preziosa". Meno oscillante, pur all'interno dei vari contesti, il significato di donna: v. 7: questa nova donna, v. 22: cotal donna, v. 38: la giovane donna (a designare in tutti e tre i casi l'amata); v. 6: che parla e sente come fosse donna, v. 14; trae de la mente nostra ogn'altra donna, v. 29: innamorata com'anco fu donna, v. 33: come suol far bella donna (generico e quasi impersonale in queste altre occorrenze). Si noti pure che nella sestina Dante evita l'oscillazione del termine tra i significati di "donna", "madonna" - "signora", "padrona", frequente in altre rime e nelle stesse petrose; oscillazione che è evidentemente sentita come rima equivoca [v. 5]. Erba, parallelamente a colli, compare due volte in circonlocuzioni che indicano la stagione dell'anno (vv. 3-12); è fatta d'erba la ghirlanda dell'amata (v. 13); in un bel prato d'erba lei è stata desiderata dal poeta (v. 28): erba figura ancora nella similitudine del verso finale (com'uom petra sott'erba), e nel paradosso del v. 35, gir pascendo l'erba; infine, nel senso di "erba medicamentosa", al v. 20, con sbavatura semantica ' vicina a quella di petra, "pietra preziosa" del v. 19 ».

Cosa si ricava da questo esame? Dante, messo nella condizione - che è tipica dell'autore di una sestina - di poter «modificare», più o meno lievemente, il significato delle parole-rima, purché rimanga all'interno di quel circolo immaginario che racchiude tutte le sfumature consentite di significato di una parola, applica due tecniche distinte: «La prima consiste nel mettere a fuoco, di volta in volta, in forma alterna o ciclica, ecc., una particolare sfumatura semantica: in Dante, petra del v. 19 si oppone fortemente, come significato alla medesima parola-rima del verso precedente: "mattone" (bloccato dalla calcina) versus' "pietra preziosa, dai poteri magici". La seconda tecnica consiste invece nel mantenere il più possibile fisso il contenuto semantico della voce, mutando però il contesto in cui essa ricorre, in modo da sovvertire il significato generale, non della parola-rima, ma dell'enunciato: ancora in Dante, quando si perde lo color ne l'erba, "d'inverno", è l'opposto di percbé li copre di fioretti e d'erbe, "di primavera". Questi i casi-limite. Più normalmente l'oscillazione, quando occorre, avviene ricorrendo all'ausilio delle figure retoriche, che senza dubbio variano, a seconda del loro impiego, la "densità" semantica della parola coinvolta. Si considerino i due contesti danteschi: Quand'ella ha in testa una ghirlanda d'erba, e [...] che mi torrei dormire in petra // tutto il mio tempo e gir pascendo l'erba: è chiaro che la concretizzazione paradossale in cui figura erba, nel secondo degli esempi citati, smaterializza semanticamente un termine che nel primo caso ha ben più sostanza, inserito nella immagine, colorita e vivace, della ghirlanda d'erba sui capelli di madonna».

Tiriamo alcune conclusioni

Dante rappresenta se stesso mentre «fantastica» un incontro d'amore con la donna desiderata. Aggirandosi come prigioniero dentro il cerchio ristretto di alcuni precisi termini, egli ricorre, per esprimere attraverso immagini e simboli il desiderio:

a. alle oscillazioni di significato di quei termini;

b. alle risorse che la retorica offre per stravolgere il significato di quegli stessi termini, soprattutto per trasferirli in nuovi contesti (e sono le figure della perifrasi, della metafora, della similitudine, del paradosso quelle che più gli vengono comode, Strumenti). La forte carica sensuale non viene espressa direttamente, ma indirettamente, facendo violenza al linguaggio, sfruttandone (fino all'estremo dell'artificio) le potenzialità espressive, cercandone tutte le equivalenze metaforiche e «simboliche» (l'asprezza della pietra, la freschezza del verde, ecc.).

Mario Casella

© 2009 - Luigi De Bellis