VITA NOVA -
CAPITOLO XVIII
Dante riproduce qui, come in altri
passi della Vita Nuova, una
situazione cortese: il ragionare
d'amore in una cerchia di donne,
donne gentili, capaci di conversare
con eleganza.
Nella scena tradizionale così
predisposta introduce una
definizione inconsueta dell'amore e
ne sottolinea il carattere di novità
attraverso le parole di una sua
interlocutrice.
Il poeta, interrotta l'unica
relazione personale (il saluto) che
aveva stabilito tra se stesso e la
donna, rappresenta l'amore come
esperienza che avviene tutta
all'interno del soggetto-amante.
L'amore si appaga di sé; la
beatitudine che esso può dare non
dipende da nulla che gli sia
esterno: «Amore ... ha posto tutta
la mia beatitudine in quello che non
mi puote venire meno»; dunque il
favore della donna cessa di essere
l'obiettivo dell'amante e la
condizione della sua felicità.
La beatitudine si realizza nell'atto
dello scriver versi: «In quelle
parole che lodano la donna mia».
Dante così formula un principio di
poetica (argomento della poesia
d'amore deve essere la lode della
donna) e sancisce, al tempo stesso,
la non-comunicazione con l'oggetto
reale del desiderio. L'amore,
sottratto alle vicende empiriche e
perciò a quelle occasioni di
sofferenza o di tentazione che il
rapporto vissuto con una donna
potrebbe provocare, è proposto come
fenomeno puramente intellettuale e
si attua con pienezza nella
rappresentazione di se stesso.
Il saluto di Beatrice sarà, nei
componimenti successivi, descritto
non in relazione a Dante, ma nella
sua funzione oggettiva, che si
esercita nei confronti di ogni
creatura. |