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UGO FOSCOLO
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LE IDEE
“Se
Vincenzo Monti fu lo specchio
dell'Italia fra i due secoli,
Ugo Foscolo ne fu la coscienza”:
con queste parole Attilio
Momigliano inizia il capitolo
dedicato al Foscolo nella sua
“Storia della Letteratura
italiana”, sintetizzando da par
suo un giudizio complessivo
sulla validità storica della
presenza foscoliana.
La concezione meccanicistica
Il Foscolo da fanciullo
ricevette un’educazione
cristiana, ma gli studi
personali avidamente condotti su
filosofi razionalisti (Bacone,
Locke, Rousseau, Voltaire)
l'indussero ben presto a
rinnegare ogni fede trascendente
e ad accettare solo tutto quanto
fosse rilevabile con i sensi e
valutabile con la ragione. La
realtà che cade sotto i nostri
occhi è la “materia” che
costituisce l’universo, la cui
origine si perde nella notte dei
tempi ed il cui fine si
sprofonda nel nulla. La Ragione,
che è l’unica facoltà di cui
l’uomo dispone per tentare una
spiegazione della vita, non è in
grado di svelare questi misteri,
ma avverte con certezza che la
vita è un perenne “divenire”
della materia che si attua
mediante un’incessante
trasformazione delle sue
“forme”: gli “individui” non
sono che aspetti particolari di
una forma universale e momenti
particolari della perenne
trasformazione della materia: il
Tempo tutto travolge ed
annienta. Questo solo possono
dirci i sensi e la Ragione ed
era quanto appagava gli
Illuministi. Ma il Foscolo vive
profondamente la crisi
intellettuale e morale del suo
tempo, la crisi che
silenziosamente segnava il
passaggio dalla ideologia
illuministica a quella
romantica, e di ciò non si
appaga. Egli si chiede perché
mai l’uomo, che è anche dotato
di fantasia, debba rassegnarsi
alla triste realtà che lo vede
destinato al “nulla eterno” e
non tentare invece di superare
la frontiera fra la vita e la
morte. La fantasia, infatti, è
in grado di fornire all’uomo
degli ideali capaci di dare alla
sua vita un ben diverso valore
rispetto a tutte le altre cose
dell’universo e capaci ancora di
proiettarlo nel passato e
nell’avvenire, appagando la sua
sete di eternità. Questi ideali
costituiscono i valori più alti
della vita umana e sono di
ispirazione al pensiero ed
all’azione dell’uomo, dandogli
così la dignità di protagonista
della “storia”, la quale può e
deve essere considerata
anch’essa una “realtà”, anche se
il suo significato rispetto alla
vita universale sfugge alla
Ragione.
Le illusioni
Gli ideali capaci di dare un
senso ed un valore alla vita
dell’uomo sono la Libertà, la
Giustizia, la Patria, la
Famiglia, l’Eroismo, ma
soprattutto la poesia, che è
capace di sfidare i secoli
perpetuando la memoria degli
Eroi del pensiero e dell’azione.
La Ragione considera questi
ideali niente altro che delle
“illusioni”, ma il cuore può
accettarli con un “atto di
fede”: nasce così la “religione
delle illusioni”, una sorta di
religione “laica”, cui il
Foscolo votò la propria
esistenza a dispetto della
Ragione, che da sola non gli
consentiva di superare l’ateismo
illuministico.
Il conflitto interiore
Il Foscolo nutrì una profonda
fede nelle illusioni e a questa
fede assegnò l’ufficio di
appagare la sua sete di fama e
di eternità.
Non riuscì mai però ad
accettarle razionalmente, sicché
esse non valsero a fargli
superare il materialismo
iniziale della sua ideologia e
furono occasione di un
appassionato conflitto interiore
fra cuore e intelletto, fra
sentimento e ragione: un
conflitto dominante la vita
spirituale del Poeta e che si
protrasse per quasi tutta la sua
esistenza fra alterne vicende,
fra esaltazioni e disinganni,
fra entusiasmi e depressioni, a
seconda che prevaleva il “cuore”
o la “ragione”: un conflitto
che, al di là dei momenti di
eccitazione o di abbandono,
segnò la nota dominante della
sua poesia, la malinconia. E non
solo della sua poesia, se anche
nelle pagine di critica è dato
cogliere pensieri come questi:
«...il mortale non s'affanna
d'errore in errore, se non
perché travede in essi la verità
ch'ei cerca ansiosamente
conoscendo che le tenebre
ingannano e che la luce sola lo
guida; ma la natura, mentre gli
concesse tanto lume d'esperienza
bastante alla propria
conservazione, fomentò la
curiosità e limitò l'acume della
sua mente, ond'ei tra le
credulità ed i sospetti eserciti
il moto della esistenza,
sospirando pur sempre di vedere
tutto lo splendore del vero:
misero s'ei lo vedesse! non
troverebbe più forse ragioni di
vivere» (dall’ “Orazione
inaugurale” al corso di
eloquenza presso l’Università di
Pavia).
Il classicismo
Il Foscolo avvertì
coscientemente questo drammatico
conflitto interiore e tentò di
superarlo, non potendo con la
ragione, con la poesia. E si
rivolse con profonda speranza al
mondo classico non solo perché
sentiva scorrere nelle sue vene
sangue greco, ma perché quel
mondo gli appariva la patria
della suprema “Armonia”, la
terra lontana cui attingere
quell’equilibrio spirituale che
gli consentisse, se non di
liberarsi delle passioni, almeno
di poterle dominare e sublimare
in fantasmi di pace e di
serenità. Egli si rivolse al
mondo classico con l’animo
nostalgico del pellegrino che
sogna la patria lontana sapendo
di non potervi ritornare. Il suo
classicismo non fu dunque di
maniera, non fu formale adesione
ad un gusto e ad uno stile, ma
necessità intima dello spirito,
esigenza profonda di trovare la
“calma interiore” che gli
consentisse di sposare nell’arte
il “Vero” al “Bello”. Non fu mai
per lui motivo di evasione dai
problemi della realtà, perché
mai egli rinunziò al
convincimento che la poesia
dovesse svolgere un’alta
missione civile.
E se fece anche lui, come i
neoclassici, largo uso della
mitologia, a questa non attinse
come si attinge da un guardaroba
fornitissimo l’abito più bello e
più adatto per ciascuna
circostanza: al mito antico si
rivolse quando in esso sentiva
l’eco lontana d'un suo palpito
presente, quando nel mito
riconosceva un brandello della
sua tormentata coscienza: la sua
mitologia è viva e palpitante,
moderna, non antica.
Classicismo e romanticismo
Giustamente il Momigliano
osserva: «Il classicismo, che
nel Monti è imitazione,
decorazione, fonte, nel Foscolo
è purificazione della sua anima
romantica, elevazione delle sue
melanconie e dei suoi turbamenti
nella sfera di un mondo
ideale... Il Monti è una
parentesi nella storia della
poesia italiana ed europea; il
Foscolo, erede del romanticismo
e del patriottismo dell'Alfieri,
maestro del nostro risorgimento
e del Carducci, precursore delle
negazioni leopardiane e
affratellato dal suo spirito
fantastico e melanconico ai
romantici d'oltralpe, è parte
integrante della storia poetica
d'Europa».
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