IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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UGO FOSCOLO

LA RIVOLUZIONE E FOSCOLO


Delineiamo nei tratti generali il quadro storico in cui va collocata la figura di Foscolo.

Dal punto di vista sociale e politico, la sua età coincide con il momento di svolta tra Settecento e Ottocento, quando attraverso la rivoluzione francese e l'egemonia napoleonica si avviò in Europa la trasformazione dello Stato dalle forme politiche di antico regime a quelle moderne; dal punto di vista di storia delle idee, la formazione di Foscolo su un impianto tradizionale accoglie tipici interessi di derivazione illuministica, vissuti però con la passionalità e gli accenti di pessimismo che stavano diventando l'espressione caratterizzante del primo movimento romantico; dal punto di vista delle scelte letterarie, è il repertorio tematicoformale del neoclassicismo che ne condiziona la poesia. Foscolo ci appare dunque come una figura di trapasso, un segno di contraddizione in molti campi: contraddizione, per esempio, tra la novità dei problemi di cui egli è portavoce e la relativa staticità del sistema letterario in cui vorrebbe convogliarli.
Dopo i vari e spesso contrastanti giudizi proposti su di lui già dai contemporanei, oggi l'ipotesi interpretativa più interessante è quella che vede in Foscolo un tipo di letterato da avvicinare a numerosi altri dell'epoca: non solo gli italiani Alfieri, Monti e Cuoco, con cui egli ebbe in comune l'inserimento nella tradizione nazionale, ma Goethe, Hòlderlin e soprattutto (nonostante la diversità di scelta riguardo ai generi letterari) Stendhal. Per tutti è in questione il valore dell'arte e della letteratura di fronte a nuove istituzioni e a una nuova composizione sociale; è inevitabile il coinvolgimento politico in un alternarsi di entusiasmo utopico e delusione; è tema centrale, con intensi riecheggiamenti autobiografici, lo scontro dell'individuo con le forze sovrastanti della società e della natura. Foscolo, in particolare, si sentì interprete della crisi rivoluzionaria (segnata quasi simbolicamente dalla vicenda di Venezia e dal trattato di Campoformio del 1797 ), a cui fece seguire un'ambigua accettazione del dominio napoleonico e un meditato rifiuto della Restaurazione austriaca, mentre Stendhal (simile a lui per l'egotismo e di poco più giovane) legò al dominio napoleonico le sue speranze di carriera e l'ideazione di Julien Sorel, il protagonista esemplare di Il rosso e il nero, e accettò ambiguamente la Restaurazione. Un'altra differenza, che vale la pena di notare perché indica il ritardo accumulato dalla letteratura italiana nel Sette e Ottocento: Foscolo procede via via al recupero del classicismo e del linguaggio dotto, trovandosi disorientato e umiliato nell'ambiente inglese, che richiedeva uno scrittore di professionalità moderna; Stendhal capisce lucidamente le condizioni del mercato e scrive romanzi che possano piacere anche a un pubblico borghese, femminile, provinciale.
In questa chiave di lettura la fase più mossa e drammatica della produzione foscoliana è costituita dagli anni dei sonetti, delle odi, delle prime stesure del romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis e di altre prose autobiografiche, come il cosiddetto Sesto tomo dell'Io; attraverso un incessante parlare di sé, in prospettive sempre diverse e continuamente confondendo la realtà vissuta con la sua trasfigurazione nella scrittura, Foscolo disegna una sua mitologia personale presentandosi in figura di figlio e amante, esule perseguitato ingiustamente e poeta avido di gloria, intellettuale appassionato ed esagitato (Ortis) oppure disincantato e severo (Didimo). Soprattutto la lenta stratificazione del romanzo, che si prolunga fino al 1817, attesta (insieme con il ricchissimo Epistolario) l'interazione fra scrittura e vita, l'incessante adeguarsi dell'opera alle mutate condizioni esistenziali: il principale nucleo tematico risulta incentrato sull'impossibilità di resistere nella posizione dell'uomo di lettere che non può comandare né vuole ubbidire, prima comparsa forse di quel tema dell'incontro/ scontro fra intellettuali e politici destinato a percorrere l'intera nostra storia degli ultimi due secoli; e risulta evidente che il suicidio di Jacopo corrisponde, ma nell'ordine simbolico, a una realtà storica e biografica (fine dell'ipotesi giacobina, che aveva prospettato la speranza di una rigenerazione politico-morale e di nuovi compiti per lo scrittore, e chiusura per Foscolo della sperimentazione giovanile e della disponibilità a una collaborazione attiva e senza riserve con i Francesi). Per il resto, tra le molte oscillazioni, è importante rilevare la compresenza di atteggiamenti politici non omogenei: residui di egualitarismo risalenti a Rousseau, un'insistita celebrazione dell'identità nazionale, un atteggiamento di attrazione e repulsione per il tiranno Bonaparte (personaggio implicito nel testo ma non nominato), infine, nella lettera datata 17 marzo e aggiunta solo nel 1816, la rivalutazione (sulla scorta di Alfieri) della proprietà privata e la denuncia degli espropri e di ogni altro metodo violento applicato dai rivoluzionari. Tra gli studi critici segnaliamo: pagine di un saggio di M. Rak, che nel linguaggio spesso difficile della sociologia letteraria pone tuttavia bene in luce l'omologia tra la struttura del romanzo e la realtà sociale; un commento di M. Fubini, che caratterizza i personaggi di Ortis e Didimo, due complementari maschere dell'autore; passi di fitta erudizione di M. Praz, che disegna lo sfondo su cui nascono le immagini neoclassiche della poesia delle odi; gli esercizi di minuziosa analisi condotti da M. Pagnini e M. Cerruti sul sonetto Né più mai toccherò le sacre sponde, in cui entrano in gioco la prospettiva strutturali stico-semiologica, e inoltre gli strumenti della ricostruzione filologica, dell'antropologia, della psicoanalisi.
Due fasi successive si possono individuare rispettivamente negli anni che vanno dalla composizione del carme Dei sepolcri alle ultime campagne e alla sconfitta definitiva di Napoleone, mentre Foscolo attendeva soprattutto alla stesura del poemetto Le Grazie; e infine nel periodo dell'esilio londinese, speso quasi interamente nella ricerca di collaborazioni giornalistiche e in lezioni e saggi storico-letterari. Sia nella pratica della scrittura sia nelle teorie sull'arte Foscolo si impegnò allora in una riproposizione della qualità mitopoietica, e in questo senso conoscitiva, del linguaggio poetico che è frutto della fantasia e produce incantesimi, e nella riscoperta quindi di archetipi, quali sono le grandi figurazioni mitiche ereditate dalla tradizione occidentale (Omero, Ettore, Ulisse, Cassandra ed Elettra, Venere e la nascita delle Grazie, Aiace che solo in morte ottiene la gloria, ecc.), o nella creazione di nuovi miti in cui si condensa il messaggio del poeta: l'amico che piange sulla tomba dell'estinto, la donna innamorata che prega, l'albero che cresce sulla tomba, la poesia che tramanda le memorie collettive, la bellezza femminile che grazie alle arti della musica, della danza, del canto incarna visibilmente l'idea astratta del bello ideale.
Il tema ricorrente è il viaggio a ritroso nella storia, verso il mito e verso l'immagine della Grecia antica, ma l'obiettivo è pienamente attuale: si tratta infatti di vedere su quali nuove basi sia possibile che gli individui e i popoli, pur essendo sottoposti alla legge del naturale decadimento e della scomparsa, diano un senso alla loro esistenza e siano motivati ad agire positivamente; di trovare quindi le vie di sublimazione che vincano le pulsioni di morte (vittoriose invece nel romanzo); di valorizzare, senza rimuovere la concezione materialistica, la realtà psichica che istintivamente fa agire l'uomo come se egli fosse destinato a sopravvivere. Formalmente l'arte di Foscolo si è fatta difficile e oscura (come lamentavano già i primi lettori); egli dichiara di voler scrivere alla greca, imitando i modi di Omero e Pindaro, e si avventura, con Le Grazie, in uno stile di gusto prezioso, fitto di allusioni dotte e di nomi che evocano un'alta letterarietà, tendenzialmente descrittivo.
La critica appare divisa tra un giudizio riduttivo, che nell'ultimo classicismo foscoliano vede una via di fuga e disimpegno (giudizio tipico degli studiosi ideologicamente impegnati), e l'ammirazione invece per la perfezione dei frammenti, lontana da quelle tecniche di retorica della eloquenza con cui erano stati costruiti molti passi dei Sepolcri. Per la storia della critica si tengano presenti, per i Sepolcri le interpretazioni risorgimentali e soprattutto quella di De Sanctis, attenta ai contenuti morali e civili; più recentemente i saggi di O. Macrì, che dà risalto alla sostanza simbolica, e di G. Getto, che percorre i motivi di tempo e di spazio; L. Derla dà invece un esempio di lettura ideologica e pone in luce il significato regressivo del classicismo.

 

 

© 2009 - Luigi De Bellis