IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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ALESSANDRO MANZONI

LA CONVERSIONE


A Parigi il Manzoni frequentò soprattutto il Fauriel, già amico della coppia Imbonati-Beccaria, col quale strinse rapporti di profonda amicizia nonostante la differenza di età. Ebbene, in quegli anni, il Fauriel si dibatteva intimamente col problema religioso. Egli, illuminista e ateo, aveva più volte espresso anche in pubblico la necessità per l’uomo di affermare le idee di Dio e della Giustizia eterna, senza le quali gli pareva impossibile fare entrare nelle coscienze umane i principi dell’amore, della carità, della solidarietà, insomma della fraternità, convinto come era che l’ateismo portasse all'egoismo. L’influenza del Fauriel non dovè essere estranea a quel misterioso processo spirituale che portò il Manzoni sulla strada del cattolicesimo. Certo è che il Manzoni, dopo il matrimonio con Enrichetta Blondel, accettò di buon grado che la moglie frequentasse le lezioni catechistiche del dotto reverendo Eustachio Degola, avendo ella maturato il proposito di abiurare la fede protestante in cui era stata educata e di convertirsi al cattolicesimo. Anzi alle conferenze del Degola partecipò lo stesso Manzoni, che in seguito istituì col sacerdote rapporti di amicizia.

Il Degola, però, si professava apertamente un giansenista, cioè un aderente a quel movimento di cattolici iniziato da Giansenio (1585-1638) nel secolo XVII e ben presto condannato dalla Chiesa. Questo movimento affermava che l’uomo a causa del peccato originale aveva perduto la Grazia e la capacità di fare il bene; inoltre riteneva inefficace la redenzione ed affermava il principio della predestinazione: l’uomo, nascendo, ha già segnato il proprio destino di salvezza o di perdizione dalla imperscrutabile volontà divina. Chiaro, dunque, che l’insegnamento del Degola non sarebbe dovuto essere conforme all’ortodossia cattolica. Ma allora perché i coniugi Manzoni si rivolsero a lui? Avevano forse in animo di avvicinarsi anch’essi a quella eresia? E' certo che non fu questa la loro intenzione e ne spiegheremo i motivi. Intanto la scelta del maestro è ampiamente giustificata dalla fama che questi aveva di sacerdote dalla vita esemplare, dalla sua vasta e profonda cultura, dalla sua ampia disponibilità al dialogo aperto e non saccente come quello dei gesuiti; e certamente anche dalla assoluta sfiducia verso il clero ortodosso. Esiste poi la prova che il Degola, durante la sua lunga opera di persuasione svolta verso il Manzoni, evitò sapientemente di trattare gli argomenti dottrinali spinosi e preferì la lezione del Vangelo, tanto è vero che quando consegnò alla convertita Enrichetta (ma il destinatario sottinteso era anche Alessandro che si convertirà poco dopo della moglie) il “Règlement” che le avrebbe dovuto far da guida di vita cristiana per l’avvenire, non fece riferimento ai dogmi, ma soltanto a precetti di vita morale: segno, questo, che dovette egli stesso rinunziare alla pretesa di condurre al giansenismo i suoi discepoli o che questi rifiutarono ogni eventuale tentativo in questa direzione. D’altra parte Enrichetta aveva, già prima di incontrare il Degola, deciso fermamente di entrare nella Chiesa cattolica e di educare i propri figli secondo quella Fede e quella dottrina, mentre Alessandro - che ateo nel senso stretto del termine non era mai stato - aveva solo bisogno di ritrovare il Dio della sua infanzia e quella pace interiore che solo una fede religiosa può dare. C’è infine da aggiungere che il Manzoni aveva appreso proprio dagli illuministi che il ruolo di ciascun uomo deve essere svolto soprattutto con l’intento di contribuire al progresso morale dell’umanità e questo principio non era certamente estraneo all’insegnamento di Cristo: logico, quindi, che egli rivolgesse la propria attenzione principalmente alla dottrina etica che non a quella teologica della Chiesa cattolica. Ciò spiega quel “rigore morale” cui informò la propria esistenza pratica, la cui condotta fu esemplare e così simile non solo a quella del Degola, ma anche a quella dell’altro giansenista, padre Luigi Tosi, cui il Degola affidò la direzione della vita spirituale dei Manzoni quando questi si trasferirono in Lombardia.

Il Manzoni pertanto non fu un giansenista e ne diede prova nella sua opera, non solo negli “Inni Sacri”, nei quali afferma esplicitamente l’efficacia della Redenzione e la sua validità per tutti gli uomini (“Non sa che al regno i miseri / seco il Signor solleva? - Che a tutti i figli d'Eva / nel suo dolor pensò? / Nova franchigia annunziano i cieli, e genti nove”), ma anche nella complessiva concezione religiosa manifestata nel romanzo.

 

© 2009 - Luigi De Bellis