TOMMASEO: FEDE E SPERANZA
Intreccio e struttura dell'opera
Il romanzo è suddiviso in sei
"libri" e la narrazione comincia
in medias res, per poi subito
lasciare posto a una serie di
ampie analessi. Nel 1836 durante
una gita sul fiume Odet in
Bretagna, Maria, una giovane
italiana esule in terra
francese, racconta a Giovanni,
esule egli pure, la propria
storia, una storia di ingenuità,
illusioni, aspirazioni deluse,
sensualità e traviamento:
l'infanzia in Italia, il
trasferimento con l'ambigua
Madame Blandin in Francia, la
relazione con un conte russo,
l'abbandono, una seconda
relazione e un secondo
abbandono, un matrimonio non
realizzato con un mercante
bretone [libro i]. In seguito
Giovanni dà a Maria un quaderno
in cui, tra il 1831 e il 1836,
ha tenuto un diario dei suoi
studi, delle amicizie e degli
amori, e più in generale delle
sue aspirazioni e delusioni
[libro n]. Sempre in analessi,
si narra il primo incontro tra
Maria e Giovanni in Bretagna e
la loro frequentazione sino alla
scampagnata sull'Odet (raccordo
con l'incipit del romanzo). In
seguito Maria chiede a Giovanni
di allontanarsi qualche tempo da
lei per mettere alla prova il
loro amore: l'allontanamento
produce uno scambio di lettere
[libro ivi]. Riunitisi a Parigi,
dopo una serie di incomprensioni
e malintesi i due si sposano
[libro IV]. Decidono di
trasferirsi in Corsica, ma
Giovanni trascorre prima un
periodo a Bordeaux, da dove
scrive altre lettere a Maria.
Vivono qualche tempo in Corsica
prima di trasferirsi a Nantes,
dove Giovanni ottiene la
direzione di un collegio, che
però presto fallisce. Una sera
in Maria si manifestano i
sintomi della tisi [libro v].
Giovanni si batte in duello con
un francese che ha parlato male
dell'Italia e degli italiani;
non vuole però uccidere il
rivale ed è pertanto sicuro di
morire. Rimane tuttavia soltanto
ferito e, per il suo coraggio,
conquista l'amicizia del rivale.
Maria lo cura amorevolmente, ma
intanto la sua malattia si
aggrava sempre più, sino a
portarla alla morte, che
accoglie con cristiana
rassegnazione.
Fede e bellezza ha una struttura
composita: alterna parti in cui
è adottato il modulo del
narratore esterno che interviene
a commento, a parti in cui
subentrano narratori interni di
secondo grado: il
monologoconfessione di Maria (il
libro I quasi per intero), varie
lettere (specie nei libri III e
IV) e pagine di diario (il libro
II contiene un "quaderno" di
Giovanni che è il corrispettivo
della confessione di Maria). La
scelta del narratore esterno,
che interviene a commento
rimanda, al modello "realistico"
adottato da Manzoni, Balzac e
Flaubert. Viceversa le tecniche
della confessione, del diario e
della lettera rimandano a moduli
strutturali assai diffusi nel
romanzo settecentesco e in
quello "lirico-soggettivo" di
primo Ottocento. Molteplici sono
comunque i modelli tenuti
presenti dal Tommaseo (per lo
stile, anche il Leopardi delle
operette morali).
Novità dell'opera
Nel contesto storico-letterario
italiano, dominato per qualità
dal modello manzoniano e per
quantità dal minore romanzo
storico di natura avventurosa e
sentimentale, la pubblicazione
nel 1840 di Fede e bellezza
(composto in effetti in Francia
e manifestamente influenzata da
quel contesto culturale) segna
senza dubbio un elemento di
novità. L'aspetto più
significativo del romanzo a tal
proposito sta certo nella scelta
di trattare una materia
contemporanea, come avevano
fatto Stendhal e Balzac. Ma -
come vedremo più avanti - la
critica ha talora anche
insistito su certe componenti di
psicologismo ambiguo, tortuoso e
torbido, e su una pure ambigua
commistione di aspirazioni
religiose e inclinazioni
sensuali nella caratterizzazione
dei personaggi, pressoché
sconosciute alla narrativa
italiana coeva.
A proposito dell'adozione di una
materia contemporanea, va però
notato che la distanza di Fede e
bellezza dalle opere di Balzac e
Flaubert è enorme, proprio in
direzione del "realismo" («Si è
in un clima tutt'altro che
realistico» [Contini]), per il
carattere composito della
struttura narrativa, per
l'influsso di modelli
primo-ottocenteschi, ma
soprattutto per la rilevanza che
nel testo hanno l'intonazione
lirica e l'ispirazione
autobiografica, aspetti di Fede
e bellezza realmente
imprescindibili. Si è notata,
fra l'altro, la vicinanza e in
qualche caso la coincidenza di
pagine del romanzo con pagine ed
esperienze del Diario intimo del
Tommaseo. Ma la componente
autobiografica si rivela anche e
soprattutto nel diagramma delle
conflittuali esperienze
interiori dei personaggi, che
rispecchiano «l'aspetto spesso
drammatico della [...]
esperienza morale e
intellettuale [di Tommaseo],
vibrante del contrasto fra la
realtà e la norma ideale, fra il
temperamento e l'aspirazione a
conformarsi a modelli di
serenità e armonia interiore» (Puppo).
Debolezza narrativa
Concordemente la critica ha più
volte notato la scarsa
importanza che nell'economia
dell'opera assolve la trama, e
più in generale la scarsa
propensione del Tommaseo
all'affabulazione romanzesca.
Egli stesso nel Diario intimo
confessava: «m'accorgo che per
l'intrigo della narrazione io
non nacqui». Analoghe riserve
sono state espresse riguardo
alla caratterizzazione dei
personaggi (la cui psicologia è
talora indagata con acume o con
«delicatezza e novità di
intuizioni» [Puppo], ma che sul
piano narrativo e stilistico
sono spesso trattati con un
certo schematismo) e nella
stessa tecnica di concatenazione
degli eventi e degli episodi. Ad
esempio, Contini ha notato il
modo brusco, sbrigativo,
perentorio con cui Tommaseo
affronta i "nodi dell'azione",
di fronte ai quali «si trova a
disagio; se ne spiccia aspro,
frettoloso [...]. Si osservi
l'impeto con cui è introdotto
ogni dialogo; l'acida prontezza
delle decisioni e dei
mutamenti». Il che evidenzia al
tempo stesso carenze di tecnica
narrativa e schematismo od
oltranzismo psicologico
(profonde intuizioni, in questo
campo - se si vuole -, ma anche
una certa ruvidezza nel trattare
le sfumature e i trapassi,
eredità di un ben noto
oltranzismo romantico).
Eros e morale
Il romanzo al tempo della sua
prima pubblicazione fece
scalpore per alcune situazioni
ambigue e torbide, la cui
presenza - almeno episodica - è
innegabile e si fonda sul
contrasto e la commistione di
sensualità e aspirazioni
religiose. Tuttavia in merito a
un'esatta valutazione di queste
componenti la critica si è
divisa. Alcuni, come ad esempio
il Contini, le vedono tutto
sommato minoritarie o
marginalmente influenti: «Le
tentazioni tommaseiane sono così
ovvie che in funzione della loro
estrema frequenza è la
frequenza, quasi onnipresenza,
della reazione morale». Insomma
il sensualismo appare al Contini
subito esorcizzato dalla
costante presenza della
prospettiva o del giudizio
morale («gli occhi miei, non ad
altro acuti che a tessere
insidie all'anima, sarebber
vagati non senza pericolo sui
visi di queste leggiadre donne
di Bordeaux...»). Egli
sottolinea così il carattere
«naturalmente poetico» e
romantico, del «modo, incerto
fra il rimpianto e il dolore, il
desiderio e la pietà, con cui
Tommaseo pensa alle donne.
Ognuna, uno scorcio di corpo; ma
non mai un'assenza di anima».
L'ambiguità trova insomma limiti
nelle idealità che lo scrittore
persegue, il sensualismo nella
sensibilità e nel
sentimentalismo.
Su opposto versante si collocano
quanti invece sulle componenti
ambigue, tortuose e torbide
insistono sino al punto di
evocare addirittura il modello
del decadentismo. Così ad
esempio il Portinari: «il
carattere di Maria e Giovanni, i
loro atteggiamenti, i1 loro
comportamento (cioè azioni e
reazioni) sentimentale, il loro
grado di sensualità,
conferiscono una qualità
spiccatamente inquieta e torbida
ai loro rapporti». Maria rievoca
un bacio scambiato fra gli zii:
«Vidi mia zia che credendosi
sola seco, baciò avidamente con
occhi inebriati il marito; e
quell'immagine, che pur mi parve
deforme, ritornava frequente al
pensiero, e l'intorbidava».
Maria, facendo il catalogo delle
proprie avventure, ricorda che
la Blandin «chinando
voluttuosamente gli occhi sugli
occhi miei, e baciandomi con
baci ardenti, rompeva le mie
parole». Prosegue il Portinari:
«Sesso, religione, malattia...
gli ingredienti si mescolano
secondo un dosaggio
stupefacente, morboso. Siamo
ormai al finale tragico, 1a tisi
sta uccidendo Maria: "Ma quella
sera ell'era sì ghiaccia, ed
egli sì intimorito, e sì
diffidente del silenzio di lei,
che pregò di posarlesi accanto.
E nell'impeto del dolce
innamorato congiunsero labbro a
labbro; e con ardore più
abbandonato ma con anima monda
riprovarono nuove le gioie
note"».
Sperimentalismo
L'insieme degli aspetti tematici
e strutturali che abbiamo sin
qui considerato, la difficoltà
stessa di classificazione
dell'opera nel contesto coevo,
l'eterogeneità di molte
componenti hanno fatto parlare
talora di "sperimentalismo". In
parte anche i rilievi
linguistico-stilistici sembrano
muovere in questa direzione.
Coerentemente all'impianto
descritto, il Tommaseo nel
trattamento del linguaggio pare
più incline a ricercare effetti
di stile, che obbediscono a
ragioni estetiche personali, che
a mirare a un convincente
realismo psicologico. Contini
rileva che Tommaseo infrange
sovente le norme classiche di
convenienza nella
caratterizzazione linguistica
dei personaggi e parla di
«insopportabile parlata dei
personaggi, con le sue equivoche
velleità popolaresche». In
effetti il lessico oscilla,
senza ragioni apparenti, tra l'aulicità,
la ricercata letterarietà di
alcune espressioni e, appunto,
il toscanismo popolareggiante di
altre. E la sintassi oscilla tra
un periodare disteso e
articolato e, più spesso, la
costruzione sommaria e
schematica, elencatoria e
sintetica, prevalentemente
paratattica dello stile
diaristico, anche laddove non si
riproducono pagine di diario, ma
si fan parlare i personaggi o il
narratore esterno racconta fatti
o descrive ambienti. Il che
riporta ancora una volta alla
componente lirico-autobiografica
(tra confessione e diario) di
cui si è discorso.