TARCHETTI: FOSCA
Intreccio
«Mi sono accinto più volte a
scrivere queste mie memorie, e
uno strano sentimento misto di
terrore e di angoscia mi ha
distolto sempre dal farlo». Così
comincia il racconto di Giorgio,
narratore e protagonista della
storia, ex ufficiale
profondamente segnato da
un'esperienza amorosa drammatica
e sconvolgente. Il racconto
produce subito suspense perché
all'enunciazione iniziale non fa
seguito, se non molti capitoli
dopo, la descrizione dei motivi
che causano terrore e angoscia.
Anzi, dopo un significativo
capitolo di riflessioni morali,
intessuto di echi ortisiani, il
racconto indugia su
un'esperienza d'amore felice e
travolgente con una donna
(Clara) conosciuta durante un
soggiorno milanese. Clara è
sposata, si interessa a Giorgio
dapprima perché lo vede
profondamente infelice (medesima
origine avrà l'attrazione di
Giorgio per Fosca), poi lo ama
con trasporto. Nonostante
l'illegittimità del vincolo,
questo amore, nell'ottica di
Giorgio, ha i connotati di
un'esperienza pura e sublime,
che con effetto di contrappunto
e contrasto si svolge
parallelamente all'altro assai
più torbido legame cui Giorgio
si vedrà assoggettato.
Con il trasferimento in una
cittadina di provincia «angusta
e monotona» (cap. XII)
incomincia il dramma, che ha uno
sviluppo lento e inesorabile.
Nella nuova città Giorgio
conosce Fosca, cugina del
colonnello comandante del suo
reggimento, ed è subito una
folgorazione: «Dio! Come
esprimere colle parole la
bruttezza orrenda di quella
donna!» (cap. XV). Fosca, che
già si era manifestata tramite
le grida «orribilmente acute,
orribilmente strazianti e
prolungate» (cap. XIII) emesse
durante una crisi isterica, e
che viene descritta dal medico
militare come un caso clinico
più unico che raro, è una donna
provata dalla natura e dalle
esperienze (che racconta a
Giorgio in flash-back al cap.
XXIX), ipersensibile ed
epilettica. Giorgio le si
accosta con ribrezzo e con
pietà, senza prevedere che
l'amore disperato che Fosca
concepirà per lui e una serie di
circostanze lo condurranno
progressivamente prima a subire
la possessività della donna, poi
a provare per lei un sentimento
di morbosa attrazione, sino al
tragico epilogo.
Personaggi e motivi
dominanti
Clara, la donna sana e bella,
soggetto e oggetto di un amore
limpido e felice, si oppone sin
nel nome a Fosca, la donna
brutta e malata, soggetto e
oggetto di una passione torbida
e, per Giorgio, inconfessabile
se non nel momento della suprema
disperazione o attraverso le
"memorie". Clara è la luce,
l'ideale sia pur solo
intravisto, Fosca è la tenebra,
una realtà patologica, orrorosa
e angosciosa, capace di svelare
gli abissi della sensibilità e
della coscienza. Tra le due
donne si colloca Giorgio,
sviluppo e degenerazione
dell'eroe romantico («Io ero
nato con passioni eccezionali»,
«Io innalzo questo monumento
sulle ceneri del mio passato,
come si compone una lapide sul
sepolcro di un essere adorato e
perduto», cap. I), mosso com'è
da un insieme di componenti
ideali e patologiche, da una
sensibilità eccezionale su cui
si innestano torbidi turbamenti.
Motivi come l'eccezionalità
della sensibilità del
protagonista, l'amore
passionale, le lacerazioni
interiori, i conflitti di
coscienza, l'angoscia e l'orrore
per alcuni aspetti della propria
interiorità rivelano in Fosca
chiaramente la propria matrice
romantica. È però indubbio che
il motivo dell'attrazione per
l'abnorme e il carattere
patologico dell'amore che lega i
due protagonisti configurino un
"caso clinico", che la nuova
scienza positivistica stava
proponendo all'attenzione anche
dei letterati. «Più che
l'analisi di un affetto, più che
il racconto di una passione
d'amore, io faccio forse qui la
diagnosi di una malattia»,
scrive Giorgio (cap. I) e lo
svolgimento del racconto segue
in dettaglio lo sviluppo della
malattia morale e psicologica
del protagonista (intrecciata a
quella esplicitamente "clinica"
di Fosca). Ma il fatto che sia
lo spiritualista Giorgio a
raccontare la storia dal proprio
punto di vista determina lo
sviluppo del racconto in
direzione non già
naturalistico-veristica, bensì
romantico-decadente.
Tecniche narrative e
linguaggio
Fosca - si è detto - si presenta
come una memoria del
protagonista (narratore
interno), introdotta da un
anonimo "editore", cui si deve
la pagina d'apertura del
romanzo, modellata sulla
falsariga della presentazione
dell'Ortis foscoliano. Già
l'adozione di una prospettiva
soggettiva e l'allusione al
Foscolo (poi frequente nel corso
dell'opera, specie nelle
caratteristiche riflessioni
morali ed esistenziali)
permettono di valutare la
distanza che l'autore vuol
mettere fra sé e il modello
manzoniano, assai più oggettivo
(narratore esterno che compie
frequenti "intrusioni" a
commento della storia) e quella
che corre fra questo romanzo
scapigliato e i principali
romanzi veristi successivi,
assolutamente oggettivi nelle
intenzioni (narratore esterno
che non interviene a commento).
La vicenda delinea alcune
varianti del triangolo amoroso:
Giorgio ama Clara e prova
ribrezzo per Fosca, Clara ama
Giorgio ma progressivamente si
distacca da lui, Fosca pure ama
Giorgio e progressivamente
impone la propria possessività,
infine Giorgio abbandonato da
Clara si volge a Fosca come a
colei che sola lo ha veramente e
disperatamente amato (cap. XLVI).
Sullo sfondo si delineano alcune
relazioni di antagonismo: quella
tra Giorgio e il marito di Clara
(che rimane confinata nella
sfera dei pensieri di Clara),
quella tra Giorgio e il
colonnello, offeso dalla
relazione disonorevole del suo
ufficiale con la cugina (che
sfocerà in un duello) e infine
quella tra Giorgio,
spiritualista e passionale, e il
medico, razionalista e scettico
(ma quest'ultimo è anche, sia
pur involontariamente nella
speranza di risolvere una crisi
di Fosca e senza sospettare che
Giorgio sarà coinvolto oltre il
lecito, un mediatore che
favorisce l'incontro e la
relazione tra i due; cap. XXVI).
Complessivamente il sistema dei
personaggi e la stessa dinamica
dell'intreccio rivelano che il
"normale" sistema di relazioni
sociali, comportamenti e valori
è profondamente sconvolto
(idealità e purezza
nell'adulterio, carattere
patologico della passione,
violazione del rapporto d'onore
col colonnello, ecc.). Anche sul
piano del linguaggio va notato
che il Tarchetti attinge ai
modelli romantici, talora nelle
versioni della narrativa
d'appendice o del melodramma. Il
patetico e l'orroroso che
dominano Fosca hanno questa
matrice. Lo stesso si dica per
il lessico affettivamente
connotato, l'enfasi non sempre
controllata, le semplificazioni
sentimentali (prodotto talora di
semplificazioni verbali). Limiti
del romanzo, che pure si fa
leggere con interesse ancor
oggi, sono l'incapacità di
rinnovare profondamente il
linguaggio letterario della
precedente tradizione (a
differenza di quanto sapranno
fare gli scrittori "decadenti"),
e, nonostante le intenzioni, lo
scarso approfondimento
psicologico. Se di positivo in
Fosca ci sono «l'attenzione
acuta per l'anomalo, l'abnorme,
l'orrido come oggetti
recuperabili alla ragione e
degni di poesia», e, per questa
via, l'eco dell'esperienza del
fantastico di Hoffmann e Poe e
un tentativo di conciliazione di
romanticismo e positivismo, «il
difetto di questa costruzione
[...] è che all'anomalo psichico
Tarchetti arriva con strumenti
inadeguati» (Portinari).
Nell'enfasi e nell'«iperbole
sentimentale», «esistenziale» e
«figurativa» - non già
nell'acutezza psicologica e nel
dominio del linguaggio - sta la
cifra stilistica del romanzo e,
appunto, il suo limite storico
più vistoso.
Dal testo al contesto
Fosca fu composta dal Tarchetti
trentenne nei suoi ultimi mesi
di vita e pubblicata postuma
prima "in appendice" alla
rivista «Il pungolo», poi in
volume nel 1869, l'anno della
morte dell'autore. È uno dei
testi più noti degli scrittori
appartenenti alla Scapigliatura.
Gli aspetti dell'opera che
abbiamo sottolineato in questa
scheda, e altri che emergeranno
alla lettura, sono indicativi -
crediamo - della crisi di valori
e di modelli letterari di questo
movimento (il rifiuto del
romanticismo estenuato degli
anni Cinquanta, l'ambiguo
rapporto con i grandi romantici
Foscolo e Manzoni, il
richiamarsi a modelli del
romanticismo straniero da
Hoffmann a Heine, da Baudelaire
a Poe), dell'ansia di un
rinnovamento letterario e
dell'incapacità di realizzarlo
compiutamente, della volontà di
protesta nei confronti della
normalità borghese
post-risorgimentale, che si
concretava in atteggiamenti,
temi e modi letterari
esasperati, eccentrici, quali
appunto l'abnorme e il
patologico, o il macabro,
l'onirico e il fantastico, o
ancora il paradosso e il
sarcasmo.