IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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LA LETTERATURA MINORE

TARCHETTI: FOSCA


Intreccio


«Mi sono accinto più volte a scrivere queste mie memorie, e uno strano sentimento misto di terrore e di angoscia mi ha distolto sempre dal farlo». Così comincia il racconto di Giorgio, narratore e protagonista della storia, ex ufficiale profondamente segnato da un'esperienza amorosa drammatica e sconvolgente. Il racconto produce subito suspense perché all'enunciazione iniziale non fa seguito, se non molti capitoli dopo, la descrizione dei motivi che causano terrore e angoscia. Anzi, dopo un significativo capitolo di riflessioni morali, intessuto di echi ortisiani, il racconto indugia su un'esperienza d'amore felice e travolgente con una donna (Clara) conosciuta durante un soggiorno milanese. Clara è sposata, si interessa a Giorgio dapprima perché lo vede profondamente infelice (medesima origine avrà l'attrazione di Giorgio per Fosca), poi lo ama con trasporto. Nonostante l'illegittimità del vincolo, questo amore, nell'ottica di Giorgio, ha i connotati di un'esperienza pura e sublime, che con effetto di contrappunto e contrasto si svolge parallelamente all'altro assai più torbido legame cui Giorgio si vedrà assoggettato.
Con il trasferimento in una cittadina di provincia «angusta e monotona» (cap. XII) incomincia il dramma, che ha uno sviluppo lento e inesorabile. Nella nuova città Giorgio conosce Fosca, cugina del colonnello comandante del suo reggimento, ed è subito una folgorazione: «Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza orrenda di quella donna!» (cap. XV). Fosca, che già si era manifestata tramite le grida «orribilmente acute, orribilmente strazianti e prolungate» (cap. XIII) emesse durante una crisi isterica, e che viene descritta dal medico militare come un caso clinico più unico che raro, è una donna provata dalla natura e dalle esperienze (che racconta a Giorgio in flash-back al cap. XXIX), ipersensibile ed epilettica. Giorgio le si accosta con ribrezzo e con pietà, senza prevedere che l'amore disperato che Fosca concepirà per lui e una serie di circostanze lo condurranno progressivamente prima a subire la possessività della donna, poi a provare per lei un sentimento di morbosa attrazione, sino al tragico epilogo.

Personaggi e motivi dominanti


Clara, la donna sana e bella, soggetto e oggetto di un amore limpido e felice, si oppone sin nel nome a Fosca, la donna brutta e malata, soggetto e oggetto di una passione torbida e, per Giorgio, inconfessabile se non nel momento della suprema disperazione o attraverso le "memorie". Clara è la luce, l'ideale sia pur solo intravisto, Fosca è la tenebra, una realtà patologica, orrorosa e angosciosa, capace di svelare gli abissi della sensibilità e della coscienza. Tra le due donne si colloca Giorgio, sviluppo e degenerazione dell'eroe romantico («Io ero nato con passioni eccezionali», «Io innalzo questo monumento sulle ceneri del mio passato, come si compone una lapide sul sepolcro di un essere adorato e perduto», cap. I), mosso com'è da un insieme di componenti ideali e patologiche, da una sensibilità eccezionale su cui si innestano torbidi turbamenti.
Motivi come l'eccezionalità della sensibilità del protagonista, l'amore passionale, le lacerazioni interiori, i conflitti di coscienza, l'angoscia e l'orrore per alcuni aspetti della propria interiorità rivelano in Fosca chiaramente la propria matrice romantica. È però indubbio che il motivo dell'attrazione per l'abnorme e il carattere patologico dell'amore che lega i due protagonisti configurino un "caso clinico", che la nuova scienza positivistica stava proponendo all'attenzione anche dei letterati. «Più che l'analisi di un affetto, più che il racconto di una passione d'amore, io faccio forse qui la diagnosi di una malattia», scrive Giorgio (cap. I) e lo svolgimento del racconto segue in dettaglio lo sviluppo della malattia morale e psicologica del protagonista (intrecciata a quella esplicitamente "clinica" di Fosca). Ma il fatto che sia lo spiritualista Giorgio a raccontare la storia dal proprio punto di vista determina lo sviluppo del racconto in direzione non già naturalistico-veristica, bensì romantico-decadente.

Tecniche narrative e linguaggio


Fosca - si è detto - si presenta come una memoria del protagonista (narratore interno), introdotta da un anonimo "editore", cui si deve la pagina d'apertura del romanzo, modellata sulla falsariga della presentazione dell'Ortis foscoliano. Già l'adozione di una prospettiva soggettiva e l'allusione al Foscolo (poi frequente nel corso dell'opera, specie nelle caratteristiche riflessioni morali ed esistenziali) permettono di valutare la distanza che l'autore vuol mettere fra sé e il modello manzoniano, assai più oggettivo (narratore esterno che compie frequenti "intrusioni" a commento della storia) e quella che corre fra questo romanzo scapigliato e i principali romanzi veristi successivi, assolutamente oggettivi nelle intenzioni (narratore esterno che non interviene a commento).
La vicenda delinea alcune varianti del triangolo amoroso: Giorgio ama Clara e prova ribrezzo per Fosca, Clara ama Giorgio ma progressivamente si distacca da lui, Fosca pure ama Giorgio e progressivamente impone la propria possessività, infine Giorgio abbandonato da Clara si volge a Fosca come a colei che sola lo ha veramente e disperatamente amato (cap. XLVI). Sullo sfondo si delineano alcune relazioni di antagonismo: quella tra Giorgio e il marito di Clara (che rimane confinata nella sfera dei pensieri di Clara), quella tra Giorgio e il colonnello, offeso dalla relazione disonorevole del suo ufficiale con la cugina (che sfocerà in un duello) e infine quella tra Giorgio, spiritualista e passionale, e il medico, razionalista e scettico (ma quest'ultimo è anche, sia pur involontariamente nella speranza di risolvere una crisi di Fosca e senza sospettare che Giorgio sarà coinvolto oltre il lecito, un mediatore che favorisce l'incontro e la relazione tra i due; cap. XXVI). Complessivamente il sistema dei personaggi e la stessa dinamica dell'intreccio rivelano che il "normale" sistema di relazioni sociali, comportamenti e valori è profondamente sconvolto (idealità e purezza nell'adulterio, carattere patologico della passione, violazione del rapporto d'onore col colonnello, ecc.). Anche sul piano del linguaggio va notato che il Tarchetti attinge ai modelli romantici, talora nelle versioni della narrativa d'appendice o del melodramma. Il patetico e l'orroroso che dominano Fosca hanno questa matrice. Lo stesso si dica per il lessico affettivamente connotato, l'enfasi non sempre controllata, le semplificazioni sentimentali (prodotto talora di semplificazioni verbali). Limiti del romanzo, che pure si fa leggere con interesse ancor oggi, sono l'incapacità di rinnovare profondamente il linguaggio letterario della precedente tradizione (a differenza di quanto sapranno fare gli scrittori "decadenti"), e, nonostante le intenzioni, lo scarso approfondimento psicologico. Se di positivo in Fosca ci sono «l'attenzione acuta per l'anomalo, l'abnorme, l'orrido come oggetti recuperabili alla ragione e degni di poesia», e, per questa via, l'eco dell'esperienza del fantastico di Hoffmann e Poe e un tentativo di conciliazione di romanticismo e positivismo, «il difetto di questa costruzione [...] è che all'anomalo psichico Tarchetti arriva con strumenti inadeguati» (Portinari). Nell'enfasi e nell'«iperbole sentimentale», «esistenziale» e «figurativa» - non già nell'acutezza psicologica e nel dominio del linguaggio - sta la cifra stilistica del romanzo e, appunto, il suo limite storico più vistoso.

Dal testo al contesto


Fosca fu composta dal Tarchetti trentenne nei suoi ultimi mesi di vita e pubblicata postuma prima "in appendice" alla rivista «Il pungolo», poi in volume nel 1869, l'anno della morte dell'autore. È uno dei testi più noti degli scrittori appartenenti alla Scapigliatura. Gli aspetti dell'opera che abbiamo sottolineato in questa scheda, e altri che emergeranno alla lettura, sono indicativi - crediamo - della crisi di valori e di modelli letterari di questo movimento (il rifiuto del romanticismo estenuato degli anni Cinquanta, l'ambiguo rapporto con i grandi romantici Foscolo e Manzoni, il richiamarsi a modelli del romanticismo straniero da Hoffmann a Heine, da Baudelaire a Poe), dell'ansia di un rinnovamento letterario e dell'incapacità di realizzarlo compiutamente, della volontà di protesta nei confronti della normalità borghese post-risorgimentale, che si concretava in atteggiamenti, temi e modi letterari esasperati, eccentrici, quali appunto l'abnorme e il patologico, o il macabro, l'onirico e il fantastico, o ancora il paradosso e il sarcasmo.

 

© 2009 - Luigi De Bellis