Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


La città morta
 

Tragedia in cinque atti in prosa rappresentata a Parigi da Sarah Bernhardt nel 1898, e pubblicata in italiano e in francese nello stesso anno. Sullo sfondo di un paesaggio sitibondo (Argo e Micene) e suggestivo per antichi ricordi di lussuria e delitti, la tragedia mette in scena un poeta, Alessandro, pieno di pietà per la moglie cieca, Anna, ma innamorato di una fanciulla, Bianca Maria, che lo ricambia con pari rimorso e pietà verso la cieca; ma il fratello di Bianca Maria, Leonardo, ossesso da incestuoso amore per lei, un po'per gelosia di Alessandro, un po'per liberarsi (come Giorgio v., del Trionfo della morte dell'orrenda passione, la uccide. Anche questo dramma, come il Sogno d'un mattino di primavera, vuol essere "teatro di poesia"; ragion per cui la complicata storia dà mero pretesto a gesti, sonore immagini, cadenze e parole. In tanta azione, manca l'azione, e a ciò serve il personaggio di Anna, la cieca, che nulla vede e tutto vede, che di sé e di tutti patisce, sempre in scena e centro dell'opera, proprio lei che per definizione è fuori dalla macchina della vicenda. Vero è che il tema celebrativo del Superuomo si impersona due volte nel dramma, in Alessandro, il poeta disposto a infrangere, di là dal Bene e dal Male, i divieti della pietà per realizzare sé nell'amore con Bianca Maria; e in Leonardo, il fratello incestuoso, non per l'incesto, ma per il delitto con cui se ne libera: concezione tanto importante nell'ideologia del Dannunzio, che già eguale appare nella leggenda di Umbelino e Pantea intromessa nelle Vergini delle Rocce, e, figurando La città morta essere l'opera a cui lavora il poeta protagonista del Fuoco, vi assumerà addirittura il titolo La vittoria dell'uomo. Tuttavia, nella tragedia del 1898, sia in Alessandro sia in Leonardo, il tema superumano si contamina di troppe lacrime e sospiri, quasi il clima del Poema paradisiaco, timido ancora di affermarsi spiegato come sarà poi nella Gioconda e in Più che l'amore. Perciò il tono più vero dell'opera, quel perenne sospiro di voluttà, di sacrificio e di autocelebrazione che scivola nell'autoelegia, è riconoscibile particolarmente nel personaggio della sacrificata per eccellenza, Anna la cieca. E non importa che anche a essa manchi la concretezza fantastica di personaggio realistico, senza riuscire d'altra parte a risolvere in pura suggestione di musica lo schema tradizionale che concorre a formarla. La città morta, con La Gloria e La Gioconda, fu compresa sotto il titolo Le vittorie mutilate nella trad. francese del 1903.

 

Luigi De Bellis