Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


Vita di Cola di Rienzo
 

Il lato avventuroso della cronaca trecentesca e la complessa psicologia del protagonista indussero Gabriele D'Annunzio a un rifacimento che porta lo stesso titolo: La vita di Cola di Rienzo. È la prima e unica delle Vite di uomini illustri e di uomini oscuri che il D'Annunzio progettava di scrivere; pubblicata in rivista nel 1905-1906, in volume nel 1913, preceduta da un ampio "Proemio". L'artifizio della scrittura, che rifà antichi testi di lingua, sembrerebbe ricollegarsi al parnassianesimo dell'Isotteo; più veramente però tradisce una stanchezza, importante proprio come tale, della rotonda autocelebrazione culminata nel Fuoco , e la tentata ricerca di nuovi modi, dovunque e comunque. Ma i risultati sono delusori, più che mai di rotonda oratoria e decorosità esterna; trascinando l'esperimento di stile fino alla dilettazione marginale della scrittura cruschevole, che, se non arriva alla fastidiosa opacità di tante pagine del Secondo amante di Lucrezia Buti, curiosamente suggerisce allo scrittore celeberrimo la velleità e il puntiglio di ornare l'opera di approvazioni dell'Accademia della Crusca (e dell'Autorità religiosa). Bisogna dire inoltre che, impostosi per duro esercizio di narrare una vita a lui nient'affatto mirabile, di un rètore e plebeo, non di un eroe guerriero, i luoghi più vicini a commuovere liricamente l'aulico stile sono quando vi compaiono per grandemente morire gli aristocratici guerrieri in cui il D'Annunzio vede atteggiarsi l'antico Superuomo dispregiatore dei vili plebei: particolarmente l'episodio della morte dei due Colonna. Anche per questa parte insomma la novità è soltanto dell'intenzione. Altrettanto dicasi di quello che, nel "Proemio" di sette anni dopo, il D'Annunzio affermava essere stato l'interesse che lo trasse alle biografie: il baleno di un particolare, di un gesto, che gli sveli nel biografato il sapore di un irrepetibile momento della sua vita sensibile. È l'attitudine da cui, appunto negli anni che fu scritto il "Proemio", nasceva dal Forse che sì forse che no alla Contemplazione della morte, al Notturno, la prosa magica e sensibile dell'ultimo D'Annunzio; ma nel concreto del libro la biografia di Cola è scolasticamente costruita in funzione di una coerenza psicologica e storica. In compenso, altro clima si respira nella prosa del "Proemio", che riprende bensì dalla Vita il fare cruschevole, ma attraverso quello e nonostante quello vi accenna consapevolmente il nuovo tema notturno, "il mistero caldo e mobile della vita" che "ci attira, ci tocca, e ci sfugge", la musica dei colori di una stagione, il silenzio e l'ombra. E proprio in questo "Proemio", s'incontra la più profonda definizione che il D'Annunzio abbia dato della propria sensualità come sua musa: "Vedo che il mio segreto lirico è in una sensualità rapita fuor de' sensi".

Una vecchia esercitazione stilistica. (Serra). ... paludata di solenne retorica... ultimo guizzo dell'ispirazione civica di Elettra. (G.A. Borgese)

 

Luigi De Bellis