Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


Contemplazione della morte
 

Precedute da un "Messaggio" a Mario Perosini, sono quattro prose di Gabriele d'Annunzio pubblicate nel 1912. Sotto l'impressione della morte di Giovanni Pascoli e di un vecchio e spirituale amico, Adolfo Bermond, il poeta vuol raccogliere, a guisa dei libri divoti, alcune meditazioni sulla vita e sulla morte; riaffermando più veramente, di là dall'intento pseudo mistico, quel che era stato il succo del Secondo amante di Lucrezia Buti: l'unità indivisibile di spirito e senso nella vita profonda del poeta. "Sotto il più alto fervore, sotto la più profonda conturbazione del mio spirito la mia ferinità persiste, o giovine amico", dice nel "Messaggio", che ne accoglie un'allegoria di assai poetica ebrezza, l'episodio della passeggiata a piedi nudi dentro la selva infestata di vipere; così l'estasi mistica accanto alla salma dell'amico è introdotta e conclude con la patetica figurazione della levriera appena sgravata, e dei cagnuoli neonati, e dell'altra cagna cui furono uccisi i cagnuoli, gonfia di latte: bella e patetica figurazione, ma perché piena di non altro che voluttuoso e tremante amore della vita sensibile. Quanto codesti episodi sono lontani dal misticismo religioso, altrettanto sono lontani da modi d'invenzione naturalistica come fu sino al Trionfo della morte, e dalla fastosa splendidezza culminata nei Fuoco. Così, in un'altra mirabile allegoria, cercando il punto preciso di un'eco, di tratto in tratto "gettavo un richiamo; e ogni richiamo rimaneva senza risposta; e ogni volta più mi cresceva una sorta di tristezza fastidiosa e inutile, perché cercavo un che di divino e il grido era meccanico, la parola di prova era quasi risibile". Dove appunto, nell'inaderenza fra la meccanicità del grido e il divino che non riesce a raggiungere, s'insinua il fremito e il corruccio delle Faville del maglio. "E talvolta mi pareva che tutto me medesimo non fosse se non un impedimento enorme a me medesimo, insuperabile, contro cui non avessi potenza ma soltanto ira", dice - quando più lo sommuove il desiderio estremo dell'amico ch'egli si faccia cristiano; ma anche qui, nello specifico misticismo, quel che poeticamente importa è quel misticismo in quanto nuova occasione del fremito d'ansia, che più innanzi produrrà, prestigiose apparizioni in lievi toni di favola. Artisticamente il pericolo di queste evocazioni e stati d'animo è la stessa difficoltà, dell'assunto, suscitare il divino intorno al grido meccanico, e allora gli accumulati ricordi restano corporei e mal connessi fra loro, come quasi tutti quelli che si riferiscono al Pascoli; altro pericolo il trasmodare in soavitudine, il troppo credere al tema mistico come tale: e per questa parte il libretto ripete, sviluppando con sgradevole coerenza, lo zelo ambiguo e molliccio degli scritti mistici del Venturiero senza ventura. Ma sarebbe ingiusto ridurre il libretto alla misura delle sue pagine peggiori; fra le migliori delle Faville, invece, fra le più lievi e pure è da contarsi, oltre i luoghi accennati, almeno il pianto della sorella Anna quale rievoca il poeta alle lacrime che il vecchio amico ha sparse dinanzi a lui, camminandogli timido a lato senza parlare.

La Contemplazione, è la cosa artisticamente meno pura; è la scrittura d'occasione prolungata e gonfiata sopra uno dei soliti schemi. (R. Serra)

 

Luigi De Bellis