|
È la raccolta degli scritti e discorsi riferentisi ai
torbidi anni del dopoguerra, che sboccheranno nell'impresa
di Fiume; uscì nel 1919. Sul piano dei luoghi più belli
della Riscossa va messa l'ultima parte del discorso "Gli
ultimi saranno i primi", che nell'emozione suscitata dalle
avvilenti condizioni a noi fatte a Versaglia, e dal
conseguente ritiro dei nostri delegati, rievoca con
efficace commozione gli ultimi morti italiani tra la firma
e lo scoccare dell'armistizio, morti perché la Vittoria
arrivasse un poco più in là. Nei nuovi discorsi tuttavia,
l'ebrezza lirica di allora è intensificata da corde allora
ignorate, soprattutto l'amarezza per l'inganno patito, che
si fa irrisione disperata, invettiva mordente, fremito di
ripigliare l'azione, con una nervosa rapidità nuova al
D'Annunzio, e che ben si accompagna al generoso e
indignato animo ch'egli porto nell'azione di quei mesi
agitati, quasi si trattasse di un inganno consumato dagli
alleati ai propri danni di lui che della guerra "latina"
si era fatto banditore nel 1915. I pensieri fondamentali
vi ritornano martellati a ogni tratto, a mezzo fra cadenze
strofiche (come nella Riscossa) e autocontemplazione del
poeta nel compito di agitatore, un impasto di toni che
spesso trascina il brillio delle immagini decorative, le
cadenze sensualmente godute, lo pseudo misticismo e
insomma ogni residuo meno genuino dell'oratoria
dannunziana. Ciò si vede anche nel discorso "L'Italia alla
colonna e la Vittoria col bavaglio", che doveva essere
pronunziato in commemorazione del 24 maggio, tornati i
delegati italiani dopo breve e ingloriosa assenza al
tavolo della pace, e che Nitti vietò. Nel 1930 la raccolta
fu accresciuta e ristampata col titolo Il sudore di
sangue. |