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(Le dit du sourd et muet qui fuit miraculé en l'an de
grâce 1266). È l'ultima opera di fantasia composta, in
francese falso antico, da Gabriele D'Annunzio; usci nel
1936. Scritta subito dopo il messaggio "Ai buoni cavalieri
latini di Francia e d'Italia", poi compreso nel volume
Teneo te Africa, più che lo spunto (ch'era poi quello
della "Confessione dell'ingrato" che si legge
nell'edizione 1932 del Sudore di sangue, cioè l'accorato
rinfacciare alla Francia la sua ingiustizia verso l'Italia
al tempo delle sanzioni), ne riprende addirittura il
testo: la rievocazione, come antico vanto d'amore, degli
studi di filologia romanza negli anni universitari di
Roma, e la finzione capricciosa ed erudita di esser egli
stato in Francia con Brunetto Latini, e di sordomuto che
era aver acquistato la favella (francese) vedendo piangere
il re Luigi nella Santa Cappella. La nuova opera comincia
qui, lasciando appena accennata, di quel messaggio,
l'occasione politica, e forzando invece la trovata
fantastica a tutti gli effetti che comportava, col seguito
delle straordinarie avventure del giovine miracolato,
prima guerriero crociato con Guglielmo d'Orange, poi
errante cavaliere d'amore. Il gusto del linguaggio
fittizio, del "falso antico", predomina nella falsissima
prosa, non come il linguaggio cruschevole del Secondo
amante di Lucrezia Buti, sì però come nella Vita di Cola
di Rienzo. Minore e fiacca opera dunque, in ragione di
quella inaderenza che l'uso poetizzatore del "falso
antico" fa più visibile. Non però che esso linguaggio, per
il gusto decorativo da cui nasce ancora una volta come nel
Martirio di S. Sebastiano e negli altri scritti in
francese, non aiuti talvolta, anziché spegnere, ciò che
dell'antico D'Annunzio si intravede nell'opera: qualche
tocco di paesaggio tremulo, qualche nuova immagine della
Duse, fremiti e brividi; e anche il senso di esaltazione
del miracolato, lo sguardo triste e severo di Guglielmo
sul giovinetto smanioso, il cavalcare di costui verso
lontane avventure: anche ciò, insomma, da cui propriamente
nacque quest'ultima fantasia dello stanco poeta. |