Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


La Gioconda
 

Tragedia in quattro atti in prosa , rappresentata nel 1899 da Eleonora Duse ad Ermete Zacconi, e pubblicata nello stesso anno. Anche qui, come nella Città morta, un artista (questa volta uno scultore), Lucio Settala, incerto fra la pietà per la moglie, Silvia, e l'amore per colei che è la sua modella e la sua musa, Gioconda Dianti, afferma il proprio diritto a realizzare sé di là dai divieti morali, e si unisce a costei; e la moglie, nel vano tentativo di salvare una statua del marito, che la Gioconda (credutasi abbandonata) distrugge, resta mutilata delle bellissime mani. Il tema superumano è qui molto esplicito; curiosamente, però, lo scultore, il Superuomo, non sembra poi tanto sicuro di sé, anzi tenta risolvere nel suicidio il contrasto in cui si dibatte: ma è la donna, Gioconda, a proclamare la superiorità di lui oltre il Bene e oltre il Male, in una scena di grande effetto, ma troppo gridata, in cui il diverso contenuto non impedisce di riconoscere la maniera di un Ibsen rifatto dal borghese Bernstein. Anche qui però, come nella Città morta, il tono più continuo dell'opera rimane fuori dal tema distesamente superumano, riposando meno sulla figura dell'artista o dell'amante vincitrice, e più sulla figura della moglie sacrificata; la quale ripete un po'i casi e il tono di Giuliana nell'Innocente, di Anna nella Città morta. Tuttavia, anche il tema della sacrificata comincia a essere stanco nel D'Annunzio; se il tono languido che gli si addice non fosse ancor esso a suggerire, più che mai in margine all'azione drammatica e soltanto come riposo della stanca donna, la delicata e poetica fantasia della Sirenetta: la quale meno che mai è personaggio di dramma, ma vaghissima occasione di poesia, dove si continua, fatta marina, l'immaginazione arborea del Sogno d'un mattino di primavera e si anticipano le mitiche figure d'erba, foglie e salsedine del libro di Alcione. In una specie di cantilena messa in bocca alla Sirenetta, s'incontrano i versi che vorrebbero illudere e consolare il destino della sacrificata, ma riescono a significare, con maggiore suggestione di poesia, la poetica del "Verso è tutto" proclamata nell'Isottèo: dove in tono di favola parla di colei, più fortunata delle sorelle, che non chiese nulla in cambio di quel che donò, ch'era il suo canto, ma cantò "per cantare, per cantare - per cantare solamente". Col titolo Le vittorie mutilate D'Annunzio riunì, nella traduzione francese del 1903, La Gioconda, La Gloria e La città morta.

La Gioconda vuol essere la giustificazione del piacere, in nome di un'eroica morale dell'arte. (F. Flora)

 

Luigi De Bellis