Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


L'innocente
 

È il secondo dei tre Romanzi della Rosa di D'Annunzio, pubblicato nel 1892, pochi mesi dopo il Giovanni Episcopo. La "rosa" allude alla voluttà, tema comune dei tre romanzi. Il protagonista, Tullio Hermil, è un'altra incarnazione di Andrea Sperelli del Piacere, di lucidissima coscienza nel proprio sensuale egoismo, ma messo in una situazione dove quanto gli resta di moralità (sia pure come sofferenza di non averne) dovrebbe dare tanto più il senso e il tono al romanzo. Infinite volte colpevole di fronte alla moglie, Giuliana, che sempre lo perdonò, quando finalmente torna a lei con l'amore di una volta, trova che anche lei, frattanto, in un inganno momentaneo dei sensi, gli è stata infedele; disperata ora, più che mai devota al marito, ma portando in sé ineliminabile il frutto della colpa. E, moralmente costretto a perdonare a Giuliana che tante volte gli perdonò, Tullio non sopporta senza odio l'innocente bambino, presente ostacolo a dimenticare; finché lo uccide. Autentico nel romanzo è il senso disperato e mortale che sta in fondo alla voluttà, e da cui nasce l'immaginata vicenda; autentico specie negli ultimi capitoli, dove la vicenda dà occasione a un suono sordo e cupo. Meno autentico invece lo sforzo, tanto maggiore che nel Piacere e nel Giovanni Episcopo, di accentrare l'ispirazione sulla bontà, sui contrasti morali. Il sentimento rigenerante da cui Tullio si sente attratto verso la moglie, sul punto di particolarizzarsi nei pensieri che lo compongono, non è altro che desiderio sessuale; parimenti l'asserita spiritualità di Giuliana (come quella di Maria Ferres nel Piacere) è un tono estremamente languido e voluttuoso di struggimento d'amore. Il D'Annunzio continua insomma nell'Innocente, e più o meno con gli stessi risultati, lo sforzo cominciato nell'Intermezzo di rime, di costruirsi un'interiorità di sentimenti e pensieri sul modulo di tutta l'arte romantica; l'inadeguata esperienza della "bontà", suggerita nel Giovanni Episcopo dall'esempio del Dostoevskij, qui è ispirata al Tolstoj, di cui ricorrono molte citazioni da Guerra e pace: una bontà che in D'Annunzio rende un suono falso e appiccicoso, benché di una falsità sempre squisitamente atteggiata e sempre autentica nella voluttà che le giace al fondo. Notevole al riguardo l'uso frequentissimo dei corsivi, e le ripetizioni da pagina a pagina di intere frasi; modi, nei modelli da cui son tolti, di approfondire l'introspezione psicologica, che si risolvono in una musicalità più espressa che nel Giovanni Episcopo, ma in compenso tanto più esplicita nel tornare a una canorità, nel genere languido, sontuosa. Parallelo all'allontanarsi dal nucleo autobiograficamente psicologico, che Il piacere aveva stretto assai davvicino, è nell'Innocente quel narrare in prima persona (come nel Giovanni Episcopo), tentando cioè il D'Annunzio di impersonarsi in casi, quanto più peccaminosi, tanto meno autobiografici; parallela dunque la fluidità, quasi diremmo la disinvoltura, della macchina narrativa, che nasce, come s'è detto, nel solito giro dei pensieri più cupi quanto più voluttuosi, ma subito li risolve in una casistica dei sentimenti d'amore, per cui, meglio che il Tolstoj, vale nominare il Bourget. Perciò manca all'Innocente la frequenza di voluttuose descrizioni che nel Piacere arrestano di continuo il racconto, ma arricchiscono di poesia la pagina; quelle che s'incontrano, quanto più si adeguano agli stati psicologici cui s'accompagnano, tanto più cedono alla molle e un po'falsa musica del rimanente; compreso il famoso canto dell'usignolo (cap. IX), che, più disteso di ogni altra descrizione, risulta quasi un fuordopera, e per quella maggiore distensione si vale abbastanza meccanicamente di alcuni spunti tolti a una novella della Casa Tellier del Maupassant. In conclusione, l'Innocente rimane il più leggibile dei romanzi dannunziani. ma il più leggibile sul piano dei romanzi cosiddetti ameni, che non vuol dire il più bello.
 

 

Luigi De Bellis