Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


Per l'Italia degli italiani
 

È il titolo di un discorso pronunziato da Gabriele D'Annunzio il 3 agosto 1922, a Milano, dal balcone di Palazzo Marino occupato dai fasciati; ed è il titolo del volume che lo riaccolse nel 1923, insieme con tre lunghe prose scritte nella convalescenza di una pericolosa caduta che, pochi giorni dopo quel discorso, lo condusse vicino a morte. Questi scritti nuovi si alternano nel volume con altri di varia data (dal 1900 al 1922), alcuni dei quali inediti, che stanno a testimoniare il non mai intermesso amore del D'Annunzio all'Italia e al popolo. Il volume si ricollega con ciò al periodo di lotte sociali che fermentarono in Italia nel periodo immediatamente post-bellico; di fronte alle quali il D'Annunzio, che dal maggio 1915 fino all'ultimo evento di Fiume, sempre aveva agito in uno stato di mistica ebrezza che gli permetteva di parlare agli altri in quanto li credeva unanimi nello stesso grado di ardore, si trova disorientato: quasi in cerca di una parola che salvi insieme la sua propria coerenza (di poeta "dello sforzo per lo sforzo", come qui ripete) e ciò che il suo animo sente giusto nell'avverso tumulto, una parola che ricrei fra lui e il popolo l'umanità di ieri. E poiché si tratta (come nella "Difesa dei lavoratori assunta in Fiume d'Italia il 9 aprile 1920") di gente che ha fame, la parola sembra a lui poter essere "la bontà": tanto sincera, vaga e inefficace nelle condizioni politiche del momento, quanto povera di succhi effettivi nell'animo, se non dell'uomo, del poeta. Di qui viene lo zelo fervoroso ma poeticamente falso, che nello sforzo di lievitarla dà alla pagina un tono di lamentazione, un procedere fastidiosamente per interrogazioni retoriche e per "cadenze predicatorie". Per ciò il libro resta fra i più vacui del D'Annunzio; migliore semmai il discorso, nei limiti che lo ravviva l'unanime ebrezza, ma ancor peggiorati i "comenti" dall'inadeguata volontà di inserire la materia specificamente oratoria nel modulo specificamente impressionistico del Notturno, persuaso a ciò dalla simile condizione di malattia in cui li scrisse. Visioni le une e le altre; ma quelle di poeta, queste di profeta. I pochi momenti che, di là dallo zelo fervoroso, si riallacciano al Notturno son quando, per recare nuove prove del suo amore ai diseredati e agli umili, tocca toni di tristezza e orrorosa pietà, come nelle pagine sulla decimazione del reggimento ammutinato. Il volume, dal 1926, sarà ristampato col titolo Il libro ascetico della giovane Italia, accresciuto di molte prose antiche e recenti (dal 1895 al 1919).
 

 

Luigi De Bellis