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"Orazioni e messaggi" di D'Annunzio scritti e pronunziati
nel maggio 1915 per incitare alla guerra contro l'Austria,
e pubblicati in quell'anno. Come le Canzoni della gesta
d'oltremare, anche questi discorsi sono costellati di
citazioni dalle poesie di Elettra, col senso esaltato di
riconoscervi presagi fatali. Accanto all'esaltazione,
altra corda più intima vibra, il senso ebro del passato
ritornante, dell'azione guerriera in cui sta per
sciogliersi a miracolo l'ansia del poeta di realizzare se
stesso in una struggente dedizione all'evento. "O
compagni, questo non è il gelo dell'alba ma un brivido più
profondo. E siamo tutti pallidi": son parole dette nelle
primissime ore di guerra pensando al sangue che sgorga
"dal corpo della Patria"; è un brivido, che riferirlo "sic
et simpliciter" all'antica musa dannunziana della voluttà
non si può, senza riconoscervi le troppe altre cose che vi
si convogliano: soprattutto l'ansia e l'inquietudine che
fu il motivo principale di poesia nella troppo oratoria
abbondanza della Canzone d'oltremare. Non un'abbondanza,
piuttosto un impaccio è da osservare nella prima oratoria
guerresca del D'Annunzio: un di più di studio a tavolino,
visibilissimo nel rifacimento delle Beatitudini
evangeliche che conclude l'"Orazione per la Sagra dei
Mille", o in certi avvii letteratissimi come le orazioni
inserite nella Vita di Cola di Rienzo: "Udite, Udite.
Gravissime cose io vi dirò, da voi non conosciute". È una
retorica, come se sul punto di quel parlare che è agire il
poeta si guardi allo specchio; da cui viene la falsità di
questa pur sincera oratoria, ma anche il suo fascino di
pre-poesia o post-poesia, un autoascoltarsi con l'orecchio
sonoro, che intorno alle nude parole suscita un rombo. Il
volume, ristampato nel 1932, oltre alle prose nel 1915
reca La beffa di Buccari; inoltre il "Disegno di un nuovo
ordinamento dello Stato libero di Fiume" e il "Disegno di
un nuovo ordinamento dell'esercito liberatore", cioè gli
statuti fondamentali della Reggenza Italiana del Carnaro,
entrambi del 1920; infine le clausole essenziali del
"Nuovo patto marino", cioè l'accordo, cui presiedé il
D'Annunzio, fra gli armatori e i marinai della Marina
mercantile, del 1924. I due "Disegni" si ricollegano
all'attività del periodo fiumano, documentata dagli
scritti della raccolta L'urna inesausta, il "Nuovo patto
marino" all'interesse recato dal D'Annunzio ai problemi
sociali documentato dal volume Per l'Italia degli
Italiani. Anche in questi scritti, che per eccellenza
sarebbero dovuti essere pratici, musa del D'Annunzio è
l'amorosa rievocazione di forme di vita antiche, nella
quale in seguito parve lecito riconoscere il non meno
amoroso presentimento delle nuove forme tentate come lo
Stato Corporativo e il Sindacalismo.
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