Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

   Home        

 

Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


La riscossa
 

Raccolta, pubblicata nel 1918, di orazioni guerresche, tenute sul fronte italiano dal novembre 1917 al maggio 1918. In confronto al volume Per la più grande Italia, si può notare lume una maggiore scioltezza e semplicità dell'oratore; il che parve da attribuire all'influsso esercitato su lui dal particolare pubblico su cui voleva influire, i soldati in arme; ma se è questo, lo è in quanto veniva incontro alle esigenze propriamente espressive delle contemporanee prose, dalle Faville del maglio al Notturno, superato l'impaccio del parlare agli altri, di arringare per persuadere, egli che, come la Sirenetta della Gioconda, non sa parlare se non per sé, "per cantare solamente". Perciò l'alone di pre-poesia o post-poesia avvertibile in Per la più grande Italia tanto più lievita la prosa dei nuovi discorsi, in immagini sempre tremanti d'amore della cara Italia come creatura amata, del Veneto invaso, "fra tutti i paesi d'Italia... il più umano, il più dolce a chi l'ama, il più sensibile a chi lo tocca". Ma se questo è tema vivo della poesia del D'Annunzio, accade anche a esso tuttavia ciò che accadeva al tema mistico nella Contemplazione della morte: di divenire poi mera occasione a un'ebbrezza di dissolvimento: "Morire non basta", dice il poeta ai soldati; nel testo è un ovvio richiamo all'energico agire, in realtà è anelito di donarsi oltre l'ultimo dono: "Ora comprendete, meglio che leggendo le favole, che cosa sia trasfigurazione e che cosa sia rapimento". Così acquista senso lirico quell'indicare il più alto frutto della guerra in qualche cosa di diverso dagli acquisti guerrieri: "la grande causa non è la causa del suolo, è la causa dell'anima, è la causa dell'immortalità". Naturalmente codesta ebbrezza di sacrificio in se medesimo amato finisce per esaurirsi applicandolo a una materia di scottante politica, in funzione esortatoria; onde il senso delusorio di tante clausole, che sono gridi lirici e si esprimono come programmi d'azione, vacui fuorché nell'impeto che li conduce. Perciò, fra le migliori qui accolte, è l'orazione "Alle reclute del 1899" (e alcuni tratti dell'altra "Alle reclute del 1900"), condotta al principio e alla fine in modi espliciti di canto.
 

 

Luigi De Bellis