Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


Sogno d'un mattino di primavera
 

È il primo lavoro teatrale di D'Annunzio, un atto unico in prosa, rappresentato da Eleonora Duse nel 1897, e pubblicato nello stesso anno. Ancora una volta trattasi di un'immagine di languore, di morte e di voluttà, immedesimata in un paesaggio: nel quale vive una donna, Isabella, impazzita per aver tenuto su di sé, tutta una notte, il corpo dell'amante uccisole dal marito: e ancora sente il sangue di cui s'imbevve, quando la sua dolce pazzia non la adegua al giardino primaverile, credendo essere anch'ella, in virtù della sua veste verde, una crea tura di erba. Seguendo di un anno Le vergini delle rocce, l'atto unico prosegue nel campo del teatro la medesima reazione contro il naturalismo e lo psicologismo, affermandosi come teatro di mera poesia contro il teatro a intreccio tipo Sardou, o a problemi tipo Ibsen: e mira decisamente a un vago accordo di suoni, di gesti, di immagini, intorno all'immagine fondamentale. Non a caso il D'Annunzio si rivolge al teatro soltanto ora che lo stilizzare operato nelle Vergini delle rocce gli permette di evitare gli approfondimenti psicologici, che ogni altra forma di teatro comporterebbe: ragion per cui, di là dal sangue e dall'orrore, la dolce Isabella di quest'atto unico, per la primavera di cui s'adorna e con cui vorrebbe confondersi, suona quasi preannuncio della poetica Sirenetta, della Gioconda, e quindi dei poetici miti di Alcione. In questi limiti, conserva ancora una suggestione di delicata e artificiosa poesia, né vale rimproverarle l'artifizio, che è condizione non eliminabile dell'effetto voluto.

È stato detto che c'è nel D'Annunzio del marchese di Sade: e la parola "sadismo" ritorna, in effetti, più volte nelle sue pagine. Ma egli, sebbene preso da quelle immagini, le guarda in faccia con occhio limpido e penetrante, senza il turbamento e le traveggole del maniaco erotico. (B. Croce). Il Sogno d'un mattino di primavera e il Sogno d'un tramonto d'autunno volevano essere esempi di una nuova arte simbolica che si esprimeva in gesti misurati, calcolati, quasi magici, che parlava non con la voce di tutte le ore, degli affari e delle passioni urgenti, ma con la voce leggermente artefatta di uomini remoti dalla psicologia comune, di spiriti sublimi, sdegnosi delle cure volgari proprie degli altri mortali, di anime che si cibano di gioie e di pene privilegiate, inedite, inesplorate, oracoleggianti in ritrovi conclusi da pochi eletti. (L. Russo)

 

Luigi De Bellis