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È la ristampa accresciuta del volume Contro uno e contro
tutti di Gabriele d'Annunzio pubblicata nel 1930. Dei
nuovi scritti accolti, alcuni, "Italia o morte", "Non
abbiamo sofferto abbastanza", disegnano il mito eroico e
mistico di Fiume (la marcia di Ronchi seguirà di lì a
poco), quasi a mo'di parabola, dove gli episodi di patria
carità, che realmente accaddero, sembrano ritrascritti in
decorativo dal Cuore di De Amicis. Ma poeticamente più
importa il discorso "L'ala d'Italia è liberata", scritto
in lode del volo, quasi aprendo una breve pausa nella
lotta civile e nel rammarico del combattente deluso. Qui
il tema è tanto più vicino alla poesia, perché più lontano
dalla necessità di un'azione da compiere; perciò si presta
alla vaghezza di fantasticherie marginali, come quelle sui
paesi d'Oriente, immaginato approdo dei voli futuri.
Similmente nella "meditazione" intitolata "Il Vittoriale"
(che sarà poi il nome della villa del D'Annunzio, tempio
di ricordi guerrieri), fuoriescono dagli effetti oratori e
toccano zone più intime di poesia i pochi cenni sul
pubblico veneziano che ascolta musica sacra nella Basilica
di San Marco. Nell'Edizione Nazionale delle Opere del
poeta, il titolo Il sudore di sangue viene conservato alla
raccolta come sottotitolo, e la raccolta diventa il libro
primo della Penultima ventura, edito nel 1932. Due altri
scritti la completano in questa ristampa: la "Lettera ai
Dalmati", del gennaio 1919, scritta per infiammare e
consolare la resistenza dei Dalmati, e la "Confessione
dell'ingrato" scritta in francese nel febbraio di quello
stesso anno, per proclamare una volta di più, con le
stesse parole della "Licenza" alla Leda senza cigno, il
tenace amore del poeta alla Francia, ma chiederle ragione
dell'ingiustizia che si veniva compiendo contro l'Italia
al tavolo della pace. L'occasione di questo lungo scritto,
e il titolo, è l'intento di respingere l'offensiva
interpretazione che alcuni francesi diedero della "Lettera
ai Dalmati", e ritorcere accoratamente l'accusa di
ingratitudine. |