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È il primo libro in prosa di Gabriele
D'Annunzio. Uscito nel 1882, contemporaneo al
Canto novo, comprende nove bozzetti, alcuni
brevissimi. Non meno evidente che in Primo vere
l'esempio del Carducci, vi si avverte l'esempio verghiano
di Vita dei campi; e se, rispetto al nuovo modello,
non raggiunge l'autonomia riscontrabile nelle "barbare"
del Canto novo, nemmeno torna all'ingenuo scolasticismo di
Primo vere: perché basta vuotare di ogni impulso che non
sia quello sensuale i primitivi del Verga, per fare cosa
ricca di occasioni alla propria musa del D'Annunzio. Anche
qui, come poi sempre, fattosi narratore e indagatore
dell'animo umano, il D'Annunzio non conosce in verità
altro che il sesso, ma con una elementarità del dato, che
di quanto impoverisce il tentativo psicologico altrettanto
gli dà nei suoi limiti persuasione e forza. Gli spunti
umanitari non mancano, ma sfocati, in margine; sono
brividi, desideri, colori, odori, sapori, soprattutto
paesaggi; non già, questi ultimi, semplice scena
all'azione degli abbracciamenti umani, ma essi stessi
partecipi e suggeritori di voluttà. Il nucleo poeticamente
vivo è costituito da appunti e ritagli per altre gioiose
esplosioni sensuali, come del Canto novo, con tanto minore
purezza lirica quanto più il nucleo lirico tenta stendersi
nella trama narrativa, che in sostanza gli è estranea.
Tuttavia, per misurare l'importanza dei brevi bozzetti
nella storia della poesia dannunziana, bisogna paragonarli
ai bozzetti, similmente narrativi, della III e IV parte
del Canto novo: questi in prosa, pur nell'evidente
influsso del Verga, tanto più originali di movenze e di
tono. Si trattava per il D'Annunzio, sviluppando in sede
narrativa l'originale impulso lirico, di approfondirlo
come propria esperienza psicologica; perciò i due nuovi
bozzetti aggiunti nell'edizione 1884 (ma composti in epoca
di poco posteriore agli altri) tentano un maggior viluppo
di psicologie e di vero e proprio racconto, cominciando a
usare, insieme con l'esempio del Verga, quello del
Maupassant. Terra vergine fu poi inclusa con Giovanni
Episcopo nell'Edizione Nazionale delle opere di D'Annunzio
sotto il titolo Le primavere della malapianta (1931).
Il D'Annunzio prosatore per me non esiste. (G. Mazzoni).
...i pezzi di prosa trillanti di uccelli in amore,
sfavillanti di primavere turgide, umidi di baci rusticani
sono, in Terra vergine, i trucioli della materia poetica
elaborata nel Canto Novo. (G.A. Borgese).
È il libro più annunciatore e promettitore del D'Annunzio
futuro. (P. Pancrazi).
Qui tutta la materia diventa vivo sentimento del poeta,
una prosa veemente e netta, d'un sapore aspro e cordiale
come un buon vino. (F. Flora) |