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Garbugli e investigazioni.
Primo elemento significativo di questa "digressione" è che
affronta il tema poliziesco, caro a Gadda che lo
riproporrà in numerose altre occasioni, fra cui il celebre
Pasticciaccio. Cadono nel racconto, a questo proposito,
alcune delle parole-chiave della narrativa, della poetica
e della concezione del mondo gaddiane: «pasticcio» e
«garbuglio», «mistero» e « sottomistero», ma anche
«ghirigoro». La realtà stessa per Gadda è un intrico
insolubile, un inestricabile garbuglio di fenomeni e di
cause, concause, cause delle cause, che lo scrittore si
propone di indagare e analizzare senza ovviamente poter
mai giungere a districare. Ecco allora che il tema
poliziesco, come avremo modo di ribadire a proposito del
Pasticciaccio, si presenta particolarmente congeniale allo
scrittore e, anzi, dotato di un'evidenza simbolica che va
ben oltre i confini del genere. I "garbugli", i "pasticci"
non si districano mai, gli investigatori, come Gadda,
finiscono col brancolare nel buio.
Incompiuto digressione enumerazione
caotica.
Altri dati significativi dell'episodio e del libro,
strettamente connessi a questo, riguardano la struttura e
alcuni procedimenti retorici. Tipicamente gaddiane sono la
struttura divagante, per continuo accumulo di digressioni
e analessi (quella riprodotta è appunto una digressione in
analessi o flash-back), e l'incompiutezza: anche l'intrico
narrativo è indipanabile, come indipanabile è il garbuglio
del reale che vuol rappresentare e vorrebbe riordinare. Ma
sulla medesima linea si colloca il procedimento
tipicamente novecentesco - come ha mostrato Dàmaso Alonso
- della enumerazione caotica, che accumula appunto
disordinatamente elementi di un fenomenico che appare
refrattario ad ogni ordinata sistemazione. Nell'inchiesta
in cui è coinvolto il Gildo compaiono prima le «quattro
biciclette», che naturalmente si dileguano «zigzagando» ad
ingarbugliare la matassa, poi una sequela di oggetti e
persone: cravatte, mutande, saponette, bottiglie, fiale,
pere di gomma e via dicendo; magliai, tabaccai, osti e
Caroline... finché giunge, per «fortuna», la guerra, il
garbuglio dei garbugli che salva il Gildo, ma lascia
questo piccolo garbuglio più ingarbugliato che mai.
Humour, comicità e pastiche. L'enumerazione caotica degli
oggetti (refurtiva?) e molti tratti del racconto
introducono elementi di umorismo e comicità pure
tipicamente gaddiani. Gadda è infatti uno dei non molti
scrittori novecenteschi che affronta i temi anche
drammatici della propria meditazione, accostando e talora
facendo cozzare il tragico e il comico, il patetico e il
sarcastico. Qui, se non consideriamo il significato
simbolico del "garbuglio", il registro è però piuttosto
uniformemente tenuto nei canali dell'umorismo e della
comicità.
A crearla contribuisce anche un accenno, in verità ancora
moderato, di pastiche linguistico (anche la lingua è un
pasticcio per Gadda!): si notino la mimesi del parlato
(gergale, dialettale) a scopo che solo in parte o solo in
apparenza è realistico; e il ricorso a locuzioni ed
espressioni ricercate, auliche, arcaizzanti, tecniche o
semplicemente insolite, talora sino al neologismo («un
rugginoso coltello dal defunto manico», «le gomita», «le
sue paròtidi avevano lautamente accudito», «ipotiposi»)
che vengono poste in contrasto (qui, ripetiamo, ancora
assai moderato, ma si legga sen'altro il testo seguente)
con il parlato quotidiano a scopo che può definirsi già
espressionistico.
La polemica di Gadda nei confronti della società milanese,
altrove assai feroce specie quando è indirizzata contro la
borghesia industriale e commerciale, è qui particolarmente
bonaria e talora si vela addirittura di toni quasi
patetici (un poco risentendo del punto di vista
globalmente adottato nel racconto, che è quello
dell'Adalgisa che ricorda il marito defunto).
Domina comunque, con il pastiche linguistico, l'ironia, il
cui obiettivo (appunto bonario) è l'innocente mania del
«povero Carlo» di ricercare e collezionare insetti,
coinvolgendo parenti (l'Adalgisa e i figli) e amici (gli
invitati nella «sala de recéf», sottoposti alla tortura di
dover ascoltare, reprimendo il disgusto e fingendo anzi
interesse e partecipazione, resoconti presumibilmente
interminabili dell'entomologo dilettante). In seconda
istanza, con più veleno, l'ironia di Gadda si appunta
contro i falsi rituali e le buone ipocrite maniere della
società, qui piccolo borghese, che è pronta a scaldarsi
appena si parla di risparmi e di denaro, sia pure
attraverso l'ardita, moralistica similitudine avanzata dal
«povero Carlo» tra lo sterco e i risparmi, poi
amplificata, maliziosamente, dal narratore mediante quella
tra la carogna del topo e la Cassa di Risparmio.
Il linguaggio, sempre oscillante tra gli estremi del
dialetto e di un italiano aulico, è lo strumento principe
sia dell'ironia, sia dell'umorismo gaddiani. Certi inserti
di matrice letteraria e poetica ad esempio: «Vele erano
nel mare, lontane», nel bel mezzo dell'epopea della
cattura delI'Ateuco - suonano poi, oltre che come elementi
del notato contrasto di toni, anche come oggettiva
demistificazione ironica di una letteratura calligrafica
ed elegiaca assai diffusa negli anni in cui Gadda stendeva
questo racconto |