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Biografia e
scritturi letterari
L'opera di Gadda ha profonde radici autobiografiche: anche
quando egli non parla direttamente di sé, quando mette in
scena personaggi fittizi e narratori vagamente mimetici e
impersonali, il lettore percepisce la sua presenza nella
pagina con tutta la carica di sentimenti, stati d'animo,
umori (tendenti al nero) che in parte conosciamo. Secondo
il Baldi addirittura « la massima musa di Gadda è la
nevrosi». Ma è anche vero, come ha sostenuto Roscioni, che
l'opera di Gadda ha profonde radici filosofiche e che
Gadda è uno scrittore fortemente consapevole dei
procedimenti messi in atto e della valenza culturale e
ideologica delle sue scelte letterarie (lo testimoniano,
oltre alla Meditazione milanese, anche i molti scritti
critici, di poetica o di autocommento e varie carte
preparatorie). Comunque sia, la nevrosi gaddiana incide
profondamente sulla sua scrittura, almeno quanto le sue
riflessioni filosofiche e critiche: egli istituisce un
rapporto inequivocabilmente nevrotico col mondo, che non
può non riversare nell'opera letteraria. I dati
biografici, caratteriali e ideologici, che abbiamo preso
in esame - l'esperienza del dolore con l'oscuro intrico di
risentimenti e sensi di colpa, il senso della propria "difettività",
il "male oscuro", ecc. - sono dunque essenziali per
comprendere l'opera gaddiana, nei suoi temi prediletti, ma
anche nelle sue scelte linguistiche e stilistiche.
Aspirazione e scacco, caos e cosmo
La scrittura letteraria è dunque in Gadda il luogo della
ragione e dei sentimenti e risentimenti, e il luogo delle
aspirazioni, delle contraddizioni e dello scacco. Alla
radice di ogni opera gaddiana e del suo stesso rapporto
con la letteratura, infatti, si colloca un processo
conoscitivo e creativo che possiamo così sintetizzare nei
suoi aspetti salienti: 1) originaria (nevrotica e
razionale) aspirazione all'ordine, 2) scoperta del
disordine oggettivo, 3) sforzo soggettivo di analisi e
comprensione delle cause del disordine, di dominio
razionale di esso (progetto di riduzione del caos a cosmo
attraverso l'indagine razionale e la scrittura letteraria)
e infine 4) vanificazione dello sforzo per insufficienza
di energie o per impossibilità oggettiva, che si manifesta
drammaticamente anche nell'incapacità di portare a termine
le opere più impegnative (ma anche, come diremo, nel
pastiche). Scrivere un romanzo infatti per Gadda significa
« aprire un'istruttoria» (Ferrero) nei confronti del
reale, indagare le cause e le concause dei fenomeni, le
molteplici relazioni tra le cose e le cause: la speranza
che lo muove è che relazioni e cause siano finite e
dominabili; la realtà è che nella ricerca le relazioni si
moltiplicano indefinitamente, i fili si ingarbugliano e lo
scrittore rischia di perdersi. Si potrebbe anche dire che
Gadda è nelle intenzioni (per il bisogno di ordine e di
indagine razionale) un positivista ottocentesco e nei
risultati (per l'inestricabilità del garbuglio interno ed
esterno) uno scrittore esemplarmente novecentesco.
I temi: il dolore
I temi dell'opera gaddiana pur nella loro concreta varietà
possono abbastanza facilmente ridursi, per l'omogeneità
dei processi creativi, ad alcune grandi categorie
ricorrenti. Innanzi tutto si può riconoscere una
distinzione fondamentale tra i motivi che rimandano
all'esperienza interiore, familiare, privata, all'io
insomma e i motivi che rimandano all'esperienza del mondo
esterno, della società e del reale oggettivo. Motivi che,
naturalmente, in concreto si presentano molto spesso
strettamente intrecciati.
Il motivo personale e familiare percorre gran parte
dell'opera gaddiana: la summa dell'esperienza soggettiva
si ha nella Cognizione del dolore, che nasce
esplicitamente come progetto di un romanzo autobiografico,
ma in varie altre opere, con diversa intensità e diverse
valenze, Gadda parla di sé, della famiglia, dei traumi e
dei motivi topici della sua giovinezza: la villa, la
povertà, la dinamica degli affetti, la giovinezza malata,
la guerra. Innanzi tutto nel Giornale di guerra e di
prigionia, che è la prima analitica ricognizione del suo
modo di essere, di sentire e di stare nel mondo, ma anche,
ad esempio nella Madonna dei filosofi (da cui son tratte
alcune delle citazioni precedenti), nei documenti di
poetica (Tendo al mio fine: «Umiliato dal destino,
sacrificato alla inutilità, nella bestialità corrotto,
io...»; «Quella che le cantatrici e i loro aiuti sogliono
chiamare la vita è stata per me una immonda prigione: la
mia giovinezza, secondo il detto del poeta, una tenebrosa
tempesta»), in molti racconti, da Villa in Brianza ai
Viaggi' di Gulliver cioè del Gaddus, nell'incompiuto
Racconto di ignoto del Novecento, ecc., sino al
Pasticciaccio, dove si attua l'identificazione ideale con
il commissario Ingravallo, tenace indagatore dei garbugli
che la società propone alla sua intelligenza. Dell'io e
dei suoi profondi tormenti Gadda parla senza pietà e
pudore, anzi con la volontà di mettersi impietosamente a
nudo, di gridare la propria sofferenza, la propria rabbia,
il proprio risentimento contro chi gli ha nuociuto, contro
il mondo e contro la propria stessa natura "difettiva", ma
anche di "sezionarsi" per disbrogliare qualche filo almeno
del suo inestricabile garbuglio interiore, per conoscersi.
La cognizione del dolore
La cognizione del dolore rappresenta il più tipico
incompiuto gaddiano e il romanzo della sua più lucida e
impietosa autoanalisi. Realizzato concretamente dopo la
morte della madre, ma a lungo accarezzato, è
un'esplorazione delle ragioni del proprio personale
dolore, che svolge esplicitamente o allusivamente quasi
tutti i motivi della biografia interna ed esterna che
abbiamo sintetizzato. Protagonista e alter ego di Gadda è
Gonzalo Pirobutirro d'Eltino, che vive con la madre vedova
(«altissima, immobile, velata, nera») in una villa
collocata in una Brianza appena travestita da Sud America
(il Maradagàl), nell'epoca di poco successiva a una
disastrosa guerra col Parapagàl, cioè, fuor di finzione,
negli anni del fascismo. 1 motivi di analisi interiore,
assolutamente prioritari, ruotano attorno al "male oscuro"
del protagonista («Era il male oscuro di cui le storie e
le leggi e le universe discipline delle gran cattedre
persistono a dover ignorare la causa, i modi: e lo si
porta dentro di sé per tutto il fulgurato scoscendere
d'una vita, più greve ogni giorno, immedicato»), agli
alterni moti di affetto represso o manifestato e di
rancore e violenta ira nei confronti della madre e dei
peones (contadini) che questa benefica e che irrompono
nella villa a recare a lui un indicibile oltraggio. Ma
attorno alla villa dove si vive l'esperienza di un dolore
profondo, irrazionale, « immedicabile», ruotano figure e
personaggi svariati, anch'essi manifesti strumenti
dell'oltraggio che il mondo intero nella sua imbecillità
arreca al protagonista: i peones appunto; i nuovi ricchi e
gli arrampicatori sociali; il medico che gli propone per
distrarsi gite in automobile con la figlia Pepita,
spericolata guidatrice; gli equivoci rappresentanti del «Nistitùo
de vigilancia para la poche», un istituto di vigilanza
notturna che dovrebbe proteggere le ville dei piccoli e
grandi possidenti del Maradagàl e che adombra il
fascismo... E accanto ai personaggi una marea di oggetti
pure oltraggiosi nella loro disordinata invadenza:
galline, polli, cani pulciosi, «cicale cipolle zòccoli»,
«lattughe», « formaggelle», « il bagaglio del mondo, del
fenomènico mondo» insomma.
Il romanzo poi ha potenzialmente la struttura del
"giallo": nei tratti conclusivi, dopo che Gonzalo irato si
allontana dalla villa, la madre subisce una misteriosa
aggressione e viene trovata morente. Il narratore non
scioglie il mistero dell'identità dell'aggressore: qualche
rappresentante del Nistitùo? le guardie del corpo
assoldate da un vicino per sottrarsi all'invadenza del
Nistitùo? d peone José? Gonzalo stesso? Gadda medesimo
allude alla possibilità che sia Gonzalo il colpevole, sia
pur in definitiva per escluderla: « il senso tragico del
matricidio deve essere soltanto nel terrore degli ultimi
momenti della madre, che pensa al figlio come
all'esecutore: ma poi lo esclude lei stessa, morendo. E
nell'angoscia del figlio che pensa che la madre abbia
potuto sospettare di lui». Il romanzo rimane incompiuto:
«si trattava di mettere in piedi una macchina di
spiegazioni non necessaria, posticcia: a Gadda-Gonzalo
interessa non rintracciare un colpevole, ma giungere al
fondo della "cognizione del dolore", e questo fondo è
toccato: l'alba che si affaccia alle finestre della villa
violata segna anche una dolente catarsi, la constatazione
dell'inanità del tutto» (Ferrero).
I temi: il garbuglio, il pasticcio
Anche il mondo, la realtà, come abbiamo detto, sono per
Gadda garbuglio che attende di essere districato e pur non
si lascia districare. Ebbene, il mondo nell'infinita
varietà dei suoi oggetti, fenomeni e accidenti (il
«bagaglio del mondo, del fenomenico mondo») e in
particolare l'agire dell'uomo in società è l'altro oggetto
privilegiato della narrativa gaddiana. Basta leggere Tendo
al mio fine, uno dei più interessanti documenti di
poetica, per comprendere lo specifico gaddiano di questa
rappresentazione del mondo: «Tendo a una sozza dipintura
della mandra e del suo grandissimo e grossissimo
intelletto: tendo a far che vàdino contenti li eroi; darò
loro cignale e vitellozzo a mangiare e molto mescerò
perché molto bevino...». Così inizia una lunga rassegna di
oggetti della musa gaddiana, che comprende eroi
«sanguigni» e «macilenti e cavi nel viso», «signori...
povari... meccanici», «maschi» e « castrati», «femmine»,
«infarinate bagasce», «monache... frati», «malati» con
tanto di «croste e piaghe», «mendichi» con «altre fistole
e piaghe», e poi «musici... servi... scrittori... maestri
d'arte... soldati... capitani generali», e il « villano» e
« l'ingegnoso ingegnere». « Di molti insomma saranno
commendati e onorati, dimolti nutriti, pettinati e ben
vestiti, e ornati di tutti quelli ornamenti che a cotali
dignità si confanno: e tutti li lascerò liberi, sempre che
voglino, di accudire ad opere degnissime e di satisfare
adeguatamente alle loro corporali necessità, con grugniti
e motti adeguati». All'uomo si accompagnano naturalmente
gli oggetti d'uso e di contorno più svariati, nonché altri
aspetti immateriali e materiali del reale: « la spica e 'l
corimbo, et il frutice», « i teneri vitelli e le dolci
carote», «ghirlande di rose e musiche di dolcissimi
pifferi», «sogni e chimere», «sputi e catarri» ecc. ecc.
L'analisi dell'uomo nella società e nel mondo .ha intenti
che nel profondo sono conoscitivi (come si è detto) e
moralistici, di una conoscenza che, come per la
rappresentazione dell'io, non indietreggia per pudore di
fronte a nulla e di un moralismo acre e per nulla paludato
o convenzionale: «sarò il poeta del bene e della virtù, e
il famiglio dell'ideale: ma farò sentirvi grugnire il
porco nel braco...». Ma la superficie è un caleidoscopio
di immagini, una fantasmagoria di invenzioni e toni e
registri, che vanno dall'invettiva alla comicità
significativamente degradante e oltraggiosa, e che
distanziano la narrativa gaddiana da ogni altra coeva
rappresentazione dell'io, della società e del mondo e la
riconducono a tradizioni più remote (ad esempio la
maccaronea).
L'uomo come essere naturale e sociale è proposto nella più
ampia gamma delle sue manifestazioni, dalle chimere ai
catarri, dai sogni alle «corporali necessità», senza
preclusioni, anzi con un gusto perla demistificazione di
tutti i falsi ideali, le ipocrisie, le belle parole, i
fantasiosi progetti, le sovrastrutture ideologiche che
mascherano una realtà assai diversa, informe, caotica,
immorale, triviale, degenerata. L'aspirazione razionale e
nevrotica all'ordine si manifesta così soprattutto nella
pittura dell'irrazionalità e del disordine, di cui sono
spia il termine "pasticcio" e gli innumerevoli sinonimi
che rimandano alla medesima area semantica (garbuglio,
caos, baraonda, ecc.) e vari procedimenti stilistici di
cui diremo. Dal Giornale di guerra e di prigionia, con la
sua impietosa rappresentazione delle disfunzioni
dell'apparato militare, alla Madonna dei filosofi, che ad
esempio nei due racconti Cinema e Teatro mostra spaccati
di società in cui si confrontano le sue manifestazioni
dirette (i comportamenti degli spettatori) e quelle
mediate (due generi di spettacolo, con i loro stereotipi
socio-culturali); dall'Adalgisa che in pagine di
irresistibile comicità mette a nudo le abitudini, le
manie, le preoccupazioni, gli pseudo-valori, le ipocrisie
della borghesia milanese di fine secolo, a Eros e Priapo,
implacabile satira del fascismo e della società italiana
irretita dal fascino del duce.
Il garbuglio poliziesco:
Il pasticciaccio
5e il romanzo è poi un'indagine della realtà, che mira a
sbrogliare i garbugli apparirà chiaro come un motivo
privilegiato della narrativa gaddiana sia quello del
garbuglio poliziesco. Il delitto è la manifestazione
patologica, evidente, di un disordine assai più generale
di cui può essere preso come campione emblematico. Così
analogamente l'indagine poliziesca rappresenterà
l'equivalente nella situazione specifica, di fronte al
delitto, dell'atteggiamento gaddiano nei confronti della
realtà: dalla Meccanica, che fornisce uno dei più remoti
esempi gaddiani di garbuglio delittuoso, attraverso la
Cognizione del dolore, che propone un analitico antefatto
problematico del delitto, e vari racconti, fino a Quer
pasticciaccio brutto de via Merulana, il romanzo
d'indagine poliziesca per eccellenza.
Anche in questo caso il nodo dell'indagine (riguardo a un
furto di gioielli e a un delitto le cui vicende si
intrecciano) significativamente non viene sciolto, non può
essere sciolto perché nell'intimo di Gadda il caos finisce
per prevalere sul cosmo, la ricerca delle cause e concause
si rivela infinita. Eppure il romanzo propone nel
commissario Ciccio Ingravallo un personaggio positivo, che
costituisce la più compiuta controfigura ideale di Gadda.
« Con le sue meditazioni e illuminazioni, sotto il
"parruccone [...] riccioluto e compatto", Ingravallo è
insomma l'umile e tenace e silenzioso indagatore e
ordinatore dentro il disordine (disordine e ordine che in
quel "riccioluto e compatto" sembrano quasi,
rispettivamente, materializzarsi). Nel romanzo infatti le
numerose "causali" da cui consegue il "fattaccio" e a cui
bisogna risalire per spiegarlo, si presentano sempre come
"nodo o groviglio o garbuglio o gnommero, che alla romana
vuol dire gomitolo", e che Ingravallo chiama "gliuommero"
nel suo linguaggio contaminato. E proprio questo è il
leitmotiv delle instancabili indagini cognitive e
ordinatrici del commissario. [...] Ingravallo si può
considerare perciò la prima e compiuta e oggettivata
realizzazione letteraria di tutti gli ideali e tensioni di
ordine, funzionalità, concretezza, equilibrio, da Gadda
sempre perseguiti e sognati (e frustrati). La sua è in
certo senso una diversità positiva, rispetto a quella di
altre figure smarrite, ferite, malate, impotenti e più
esplicitamente autobiografiche come [...] Gonzalo»
(Ferretti).. |