Parliamo di |
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Letteratura italiana del Novecento |
Autore
della critica |
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Due
mottetti |
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Clizia, senhal di
Irma Brandeis, una donna ebrea americana che Montale
conobbe a Firenze e che dovette far ritorno in America al
tempo delle persecuzioni razziali; è dedicata la serie dei
ventun Mottetti compresi nelle Occasioni (e «a I.B.» è
dedicata l'intera raccolta a partire dall'edizione 1949)
I mottetti sono innanzi tutto un canzoniere d'amore per
Clizia (ma Montale include testi originariamente scritti
per altre donne: Arletta e una donna peruviana conosciuta
a Firenze). E come tali debbono essere letti a un primo
livello. Dato che il tema ricorrente è quello dell'assenza
della donna, il modello che soccorre prioritariamente è
quello delle canzoni di lontananza della tradizione
medievale. È Montale stesso a suggerire ironicamente
questa lettura parlando dei mottetti come di «un
romanzetto autobiografico», in cui si delinea «la tipica
situazione di quel poeta [cioè di Montale stesso], e direi
quasi d'ogni poeta lirico che viva assediato
dall'assenza-presenza di una donna lontana, nel caso
presente di una Clizia portante il nome di colei che
secondo il mito fu mutata in girasole». Il rimando è a un
sonetto dantesco indirizzato a Giovanni Quirini in cui -
come rileva I'Isella - «il poeta, dichiarato il suo amore
per "donna dispietata e disdegnosa", si paragona a "quella
ch'a veder lo sol si gira / e 'I non mutato amor mutata
serba"» (Clizia appunto, di cui parla anche Ovidio,
Metamorfosi, IV, 234-270). AI dolore per l'assenza
materiale della donna si somma, secondo un modulo
tipicamente montaliano, il drammatico alternarsi di
realizzazioni e fallimenti del tentativo costante di
richiamare alla memoria colei che manca.
In seconda istanza però il canzoniere dell'assenza della
donna amata può essere letto come un grande simbolo di una
più generale assenza, che ha portata esistenziale e
metafisica. Clizia, come altri "fantasmi" precedenti, è
colei che può salvare, può consentire la realizzazione
esistenziale ma anche può mettere in contatto con un
altrove metafisico, anch'esso luogo dell'autenticità e
della vera vita, mentre la vita dei "sedicenti vivi" è una
condizione di tedio assoluto e di morte-in-vita.
Di questa duplice dialettica amorosa ed
esistenzial-metafisica è testimonianza per il versante
negativo Lo sai: debbo riperderti che è una ricerca del
«segno smarrito», una ricerca che, è chiaro, in questo
caso fallisce, come tanto spesso in precedenza, e che
porta ad una riaffermazione del «male di vivere»
concretato nell'immagine conclusiva dell'«inferno...
certo». E per il versante positivo Ti libero la fronte dai
ghiaccioli, che con la possibile trasfigurazione di Clizia
nel «visiting angel» (l'angelo della visitazione)
preannuncia una momentanea svolta nella lirica montaliana
che si protenderà e svilupperà soprattutto nella Bufera.
Ha scritto l'Isella: «entrato nei Mottetti con l'edizione
(seconda) del '40, il testo inaugura all'interno delle
Occasioni il mito della donna salutifera (su modello
stilnovistico), il cui luogo deputato è il terzo libro.
Non più la solarità degli Ossi, ma il buio a mezzogiorno:
il nespolo allunga un'ombra minacciosa nel riquadro della
finestra, gli uomini scantonano chiusi nella loro cieca
solitudine. Ombre anch'essi, "non sanno" la possibilità
del miracolo», che viceversa ora sa il poeta. Il negativo
montaliano pare insomma aprirsi a una positività
metafisica che ha implicazioni religiose (sia pure non di
una religiosità ortodossa) e talora, nella Bufera, si
arricchirà di espliciti riferimenti cristologici. Ma anche
in questa fase il poeta che nel disordine generale talora
inclina a credere di aver trovato in Clizia un bandolo
salutifero non ha verità da cantare a voce spiegata: non
può farsi in nessun modo poeta-vate, l'esperienza del
miracolo è appena credibile e incomunicabile agli uomini
«ombre che scantonano» (possibile un nesso di ripresa e
forse di antitesi con «l'uomo che se ne va sicuro... e
l'ombra sua non cura» di Non chiederci la parola). |
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