Parliamo di |
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Autori
del Novecento italiano Giovanni Pascoli |
Critica
di |
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Claude
Cènot |
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La
grande proletaria si è mossa |
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È il più bello e importante dei discorsi
politici di Giovanni Pascoli. Fu tenuto a Barga il 26
novembre 1911 per celebrare la nostra prima impresa
libica, un mese circa dopo lo sbarco, nel pieno fervore
della guerra. Di questo fervore è piena l'orazione, e ne
deriva la concitazione lirica e commossa dell'accento. Ma
la sua espressività non sta solo qui, o nel "pathos"
affettuoso e ammirato con cui segue e ritrae l'opera dei
combattenti; deriva da ragioni più profonde, la
comprensione mostrata dal poeta del significato
politico-sociale di quell'impresa. A indicarlo basterebbe
il titolo: l'Italia che si muove non è quella della
retorica tradizionale e umanistica, è l'Italia nuova che
il Pascoli giovinetto, si può dire, dal suo iniziale
socialismo, fattosi tosto per le vie naturali
nazionalistico, aveva intravisto. È dunque non solo
l'Italia proletaria, "laboriosa e popolosa", bisognosa di
terra e di pane pei suoi figli, ma anche, e più, la
Proletaria delle nazioni europee, la più umile e vilipesa
tra esse, la martire costretta a inviare i suoi figli
nelle Americhe e, altrove, a mendicare un pane, a
procurare ricchezza altrui colla ricompensa di dispregio a
sé e al suo nome. Quindi in quell'impresa è da vedere non
solo, ancora, l'epilogo fatale del nostro Risorgimento, ma
l'avvento di una nuova era nel compimento degli sforzi
compiuti, dei desideri impazienti di tutto un popolo,
lungo il primo cinquantennio della sua vita nazionale:
l'affermazione, insomma, di un diritto. Questo il
contenuto e il senso del discorso; il quale ha come suo
precedente quello tenuto pochi mesi innanzi, "Italia",
all'Accademia Navale di Livorno (raccolti entrambi nel
volume postumo Patria e Umanità , 1914). Vissuto in un
periodo di crisi dello spirito italiano, il poeta non vi
soggiacque e vide giusto, con illuminato senso storico,
dove il nostro Risorgimento doveva sboccare.
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