Parliamo di |
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Autori
del Novecento italiano:
PIRANDELLO |
Critica
all'opera |
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Gerardo
Guerrieri |
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Ciascuno a suo modo |
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Commedia in tre atti
rappresentata nel 1924. Appartiene alla trilogia del
"teatro nel teatro", iniziata con Sei personaggi in cerca
d'autore e chiusa con Questa sera si recita a soggetto; ma ne è la più povera, nell'intimo, affidata a un
meccanismo dialettico che resta esteriore, mentre il
commediografo pare ingarbugliarsi nei suoi stessi
geroglifici. La trilogia, che affronta una specie di
fenomenologia del teatro, vuole in fondo discutere, col
pretesto del teatro, i rapporti fra la realtà e
l'apparenza: il processo della conoscenza, che qui è
empiricamente osservato, si conclude con quello che i
filosofi esistenzialisti, che lavoravano negli stessi anni
di Pirandello, definirono "scacco"; e già in Così è (se vi
pare), che è del 1916, la conoscenza, ogni
conoscenza, era data per precaria o risolta proponendo un
atto di fiducia. La tesi qui esplorata è della realtà che
copia il teatro, benché si tratti non già di realtà
autentica, ma di realtà fittizia, con maggiore o minor
grado di consistenza: al di là della tesi, sia pur
negativa, cui partecipa con il rigore di un apparato
dialettico messo a punto con gran copia di gesti ora
magici, ora ciarlataneschi, il commediografo accetta
alcune eredità naturalistiche ed è un maestro nella
notazione costumistica, descrittore acido e raro di modi e
di fatti sociali: dimentica inoltre, nell'atto di
abbandonarsi al suo giuoco, l'ingenuità delle sue
simbologie, e approda a una sorta di tragedia della burla,
quasi raddoppiando sulle intenzioni di Verga l'esasperato
gergo di un Gandolin. Ciascuno a suo modo è una commedia a
chiave: essa ha inizio all'ingresso del teatro, dove in un
giornaletto distribuito al pubblico è spiegato come la
vicenda della commedia si ispiri al caso dello scultore La
Vela, del barone Nuti e dell'attrice Moreno, concluso con
la morte dello scultore. Il barone e l'attrice (questa è
la chiave) sono presenti allo spettacolo. Sul palcoscenico
appare un salotto costernato dall'improvviso suicidio del
pittore Giorgio Salvi. Doro Palegari difende dalle accuse
generali l'attrice Delia Morello, tanto che alla fine
tutti lo credono innamorato di lei; accade invece che,
facendo posto alla riflessione, poco dopo egli si ricreda
e cambi opinione. Senonché colui che lo avversava più
risolutamente, convintosi, si ricrede a sua volta, e
glielo confessa; irritati allora da questa imprevista
volubilità i due discutono, si insultano, finiscono con lo
sfidarsi a duello. Quando sopraggiunge la donna a
ringraziarlo, Doro Palegari si rende conto che quel che
aveva detto in difesa di lei era vero, ma l'attrice stessa
gli istilla il dubbio che forse non è così: ed egli rimane
nella solita incertezza dei personaggi pirandelliani,
senza sapere per chi o perché si batta. Nel pubblico i
commenti verso l'autore e la commedia si fanno aspri, e
corrono le voci più disparate sulla rappresentazione;
questo nell'"intermezzo". Il barone, venuto per dire la
sua in seguito alle discussioni salottiere, incontra
l'attrice venuta per scongiurare il duello. Accade la
rivelazione: ambedue, per amore di Giorgio Salvi, si erano
mentiti, sacrificandosi, ma ora non è più possibile. Sotto
gli occhi esterrefatti dei duellanti si abbracciano e
vanno via. Appena finito l'atto, il barone e la Moreno,
che stavano nel palco, riconosciutisi nella vicenda, si
abbracciano a loro volta e seguono la sorte della
finzione, fra il tumulto generale, sicché lo spettacolo è
interrotto. In questa piega di frivole inclinazioni le più
animose intenzioni di Pirandello sono perdute. Casi
processuali, psicologie volutamente "estetiche", artifici
dialettici si uniscono in una confusa sordità. E la
trovata dei tre piani della realtà svela l'inconsistenza
di un'indagine sullo spettacolo che ha allontanato
l'autore dalle proprie autentiche scoperte.
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