Letteratura italiana: Luigi Pirandello

   Home        

 

Parliamo di

  Autori del Novecento italiano: PIRANDELLO
Critica all'opera
  Gerardo Guerrieri

 


La nuova colonia
 

Tre atti rappresentati nel 1926. È il primo di quelli ch'egli chiamò miti, dandovi un significato estremo e assoluto, come severi miti e vera mitologia suoi non fossero invece i problemi più insistiti e dolenti, la solitudine, i desideri, la fragilità dell'uomo. Comunque in questa Nuova colonia è la sua Repubblica, il suo tentativo sociale. Ma vano gli appare ogni sogno di felice convivenza; comunione di uomini vuol dire malvagità, lussuria, delitto. Raramente intanto è possibile resistere all'evasione, facile speranza. Una frotta di marinai, decisa a sfuggire a una vita miserabile, risolve di prendere il mare e rifugiarsi in un'isola deserta e abbandonata da tutti per i terremoti che la scuotono; là cercano quella redenzione negata dagli uomini, dal cosiddetto pubblico. Avviene però subito sull'isola quel che è nell'istinto dell'uomo: liti per il predominio, furti, tradimenti, fughe; né mancano le pazzie e la morte. Sorde gelosie maschili nascono attorno alla Spera, una donna di malaffare che li ha seguiti, anch'essa, per liberarsi del suo passato. Ma nella triste natura si fa luce la sua maternità; come un simbolo ritorna al suo petto il latte per il suo bambino. Attirate dalla curiosità, sbarcano altre donne nell'isola che diviene una sede di vizi, un focolaio di istinti. Alla Spera non vanno che insulti ormai, il suo amante preso della figlia di un ricco padrone di barche l'abbandona e pretende di portarsi via il figlio. A una preghiera disperata della donna il cielo interviene: l'isola sprofonda e su un roccione restano madre e figlio, superstiti. Di questo miracolo, primo del teatro pirandelliano, si può ben dire che l'ha fatto un "deus ex machina" proprio per salvare, in simboli, l'unica salvezza che è quella della perpetuità della vita; e le radici con cui Pirandello è attaccato alla speranza di vivere sono di un estremo vigore; ma in un paludamento della vita (che tale è questo dramma mitico), le speciose attribuzioni sceniche, dialogiche, allegoriche e infine, mitiche, sono così ingombranti da impedire alle parole del poeta di svelarsi pudicamente, in un intimo silenzio; preferendo l'incessante clamore della retorica; benché serbino la maestrevole reminiscenza delle figure di ambiente paesano, la conoscenza di persone note e di simboli.

 

Luigi De Bellis