Parliamo di |
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Autori
del Novecento italiano:
PIRANDELLO |
Critica
all'opera |
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Mario
Alicata |
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Suo
marito |
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Romanzo apparso per
la prima volta nel 1911. È stato riedito, rimaneggiato
soltanto in parte dall'autore, la cui fatica fu troncata
dalla morte, nella raccolta definitiva dei romanzi (1941),
sotto il titolo: Giustino Roncella nato Boggiolo. Entrambi
i titoli sono un'ironica allusione alla strana situazione
del protagonista, un povero impiegato dell'archivio
notarile, che si trova a essere il marito d'una scrittrice
sulla via della celebrità, Silvia Roncella. Invece
d'accettare in pace il suo posto all'ombra della fama
della moglie, il marito ne diventa l'agente pubblicitario
e finanziario, preso in un vortice d'attività frenetica,
che lo fa illudere (e non si accorge delle beffe di cui è
oggetto) d'essere un elemento indispensabile del lavoro, e
quindi del successo, di Silvia. Questa intanto,
soprattutto al ritorno da una lunga convalescenza, che
l'ha tenuta lontana dal marito, sente l'impossibilità di
continuare a vivere accanto a quest'uomo, incapace di
comprenderla, solito a giudicare la sua arte sulla misura
degli assegni bancari e delle cifre dei contratti e che si
ritiene ridicolmente autorizzato a suggerire temi e modi
di lavoro. Però solamente in un'ora di sconforto, o
piuttosto di annoiato e scontroso avvilimento, essa può
decidersi ad allontanarsi da casa insieme con un maturo
letterato, Maurizio Gueli, che subito viene raggiunto e
mortalmente ferito dall'amante, Livia Frezzi, alla quale
egli ritorna pentito dopo averne ottenuta la
scarcerazione. Dopo lo scandalo, Giustino, più per viltà
che per indignazione, abbandona Roma e si rifugia insieme
al figlio presso i propri genitori, in un paesetto vicino
a Torino, nel quale vive afflitto e pieno di rimorsi,
finché un giorno non sa che nella città vicina si sta per
rappresentare un dramma della moglie. Accorre, e alla fine
dello spettacolo può finalmente rivederla, sul
palcoscenico, rispondere agli applausi del pubblico; ma
subito dopo il figlio, gravemente ammalato, muore prima
che la madre, chiamata telegraficamente da Giustino, possa
arrivare in tempo a dargli un ultimo saluto. Tuttavia
Giustino crede che, dopo quell'incontro dinanzi alla
piccola bara, tutto sia risolto: e subito riprende le sue
antiche funzioni di agente pubblicitario, affrettandosi a
comunicare alla stampa i particolari tragici di quelle
giornate della Roncella. Invece Silvia, proprio dinanzi al
cadaverino del figlio, sente che ogni rapporto con
Giustino è oramai impossibile; e anche il marito, colpito
a fondo nell'anima, alla fine improvvisamente se ne
persuade, sebbene l'unico suo pensiero sia quello di
affidarle le carte, gli appunti, i calcoli che "forse le
potranno servire". Questo romanzo è un esempio del
desolato e aspro umorismo pirandelliano, che qui
infierisce nel corrodere e distruggere la misera figura di
Giustino: un altro tipico rappresentante di quel
filisteismo borghese contro il quale Pirandello esercitò,
attraverso la sua spietata analisi, un'azione di
smantellamento e di condanna.
I suoi sette romanzi, le sue trecento novelle e,
soprattutto questo suo teatro di quaranta drammi, non
hanno nessun appiglio con altra opera di poesia: sono una
vasta e alta mole isolata in mezzo a un piano, di lontano
la vediamo sorgere e diffondere un senso di affascinato
sgomento. (M. Bontempelli)
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