Parliamo di |
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Autori
del Novecento italiano:
PIRANDELLO |
Critica
all'opera |
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O di
uno o di nessuno |
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Commedia scritta a
Berlino nel 1927, rappresentata a Napoli nel 1929. Carlino
Sanna e Tito Morena, due amici indivisibili come hanno in
comune la camera mobiliata e l'impiego, hanno in comune
anche l'amante, l'umile Melina che li serviva docilmente a
Padova nel tempo dello studentato e che ha accettato di
seguirli a Roma con fedeltà incapace di scegliere durante
quel servizio alterno che per lei, ex mercenaria
dell'amore, rappresenta quasi una redenzione. Le cose
vanno lisce, i due giovani credono di essersi costruito un
tempietto di felicità in beatitudine animale, incuranti
dello scandalo, quando ecco scoppiare l'uragano: Melina è
incinta... e chi dei due è il padre in quella sistematica
commistione di sangue? Nessuno sa dirlo. L'avvocato
Merletti - amico di Carlino e di Tito - un po'ci scherza,
un po'fa la predica all'imprevidenza dei due amici dalla
vista corta che avevano pensato quella sorta di congegno
in barba alla natura. Ma l'orgoglio dei due uomini non
tollera l'equivoco: il bimbo sia mandato ai trovatelli e
il patto continuerà: se la madre si ostina essi non
potranno accettare in comunanza la stupida, umiliante
incertezza. Soccorreranno con la quota abituale ma da
lontano. Melina si oppone con gli argomenti più teneri e
umili: "Voi non sapete chi sia il padre, ma tutti sappiamo
che la madre sono io". E Melina mette al mondo una
creaturina. I due, divenuti nemici fieri, si tengono
lontano palleggiandosi le responsabilità della situazione
e accusandosi a vicenda, prorompendo in scena solo quando
la povera Melina sta per soccombere all'ambascia di
saperli irreconciliabili e al travaglio fisiologico di
essersi levata dal letto qualche giorno dopo il parto. Gli
illusi che credettero di poter confinare la funzione della
donna nella bassura della materia ora la sentono elevata
al suo più alto fastigio, e si accorgono che la paternità
è un patrimonio indivisibile come l'amore di cui è il
coronamento. Ed è per un tanto assoluto sentimento che
Carlino e Tito, i quali s'erano acciuffati davanti al
cadavere di Melina e s'erano disputato il bimbo con la
ferocia negli occhi, cedono man mano alla proposta d'un
signor Franzoni cui è morto un bimbo da poco, di adottare
e allevare l'orfano. La fine dell'incubo, attraverso
questo espediente per il quale nessuno dei due usurpa più
un diritto impossibile a scindere, determina la
pacificazione dei due ai piedi della morta. C'è
conclusione in questo dramma che l'autore chiama commedia
per l'ironia che fustiga gl'inconsapevoli personaggi? Sì:
alla maniera greca. La vita morale, turbata nella sua
essenza psichica, si ricompone nella solennità
dell'insegnamento solo attraverso la catastrofe, per cui
la natura, offesa nelle sue leggi, ha punito e perdonato.
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