Commedia
rappresentata nel 1921. Essa ci porta all'acme della crisi
pirandelliana, e definisce in forme rigorose il modulo
della sua tragedia, lo stile della sua drammaturgia; e
quello che nelle opere successive poté diventare talvolta
variazione e pretesto, qui è poetica in atto e vera
storia, anche se appariscente, anche se legata a fatti
troppo scabri, con parole talvolta acclamanti: certo
fedele. La materia ne è tratta da un racconto raccolto in
Novelle per un anno; e se i paradossi pirandelliani sulla
personalità, sull'arte, sulla vita vi si ripetono con la
nota invadenza appassionata, qui appaiono non già
addossati a un appiglio figurativo e novellistico
qualsiasi, ma prolungati da una situazione necessaria e
immedicabile. L'opera fa parte, insieme con Ciascuno a suo
modo e con Questa sera si recita a soggetto, della
trilogia del "teatro nel teatro", e tratta particolarmente
il tema del contrasto dei Personaggi con gli Attori.
Mentre su un palcoscenico spoglio si fanno le prove di una
commedia di Pirandello, Il giuoco delle parti, vi appaiono
i Sei Personaggi: il Padre cinquantenne, la Madre
addolorata, la Figliastra selvaggia, il Figlio e due
piccolini. Al Capocomico allibito il Padre spiega che essi
provengono dalla fantasia di un autore che li creò vivi,
senza però riuscire a chiudere e concludere la loro storia
nella sfera dell'arte: lasciati a se soli, cercano un
autore che possa o voglia mettere in scena il loro dramma
inespresso; e nella speranza che il Capocomico possa
soddisfare il loro elementare desiderio di esistere, gli
fanno, via via soverchiandosi, il racconto della propria
vicenda: ognuno rivivendola a suo modo, e chiamando tutta
la luce della parola e della situazione sul proprio caso,
pietoso solo di sé. E la vicenda, quale appare
riassumibile, dopo i vari e contraddittori interventi, se
proprio si vuol comporla in una notazione generica, nello
squallore trito del fatto, è questa: la Madre aveva
sposato il Padre e gli aveva dato un Figlio: ma, semplice
e umile e disadorna, s'era segretamente innamorata, per
affinità di carattere, del segretario del Padre: il quale,
accortosi della simpatia scambievole dei due, li lasciava
liberi di unirsi; e dal segretario la Madre aveva tre
figli. Si perdono di vista. Morto l'umbratile amante, la
Madre torna in città, per sostentarsi; e la prima dei tre,
la Figliastra, ragazza avvenente, cade nelle insidie di
una certa Madama Pace, che del suo negozio di mode ha
fatto una casa di appuntamenti. Qui capita il Padre: qui,
mentre Padre e Figliastra sono insieme, ignari,
sopravviene la Madre, inorridita. E inorridito a sua
volta, e vergognoso delle sue tarde voglie, e travolto
dalle accuse della Figliastra, il Padre decide di
accogliere tutta la famiglia in casa, dove il Figlio
tratta tutti, acidamente, da intrusi. Una simile
situazione non può durare; e mentre la Madre scongiura il
Figlio di non essere tanto ostile, i due piccoli,
gl'incolpevoli, muoiono: cadendo nella vasca del giardino
la Bimba, uccidendosi con un colpo di pistola il Ragazzo.
Gli altri rimangono inchiodati alle tavole del
palcoscenico, ma la Figliastra fugge con un'amara risata.
Questa la commedia "da fare", che il Capocomico si sforza,
senza riuscirvi, di mettere in scena: ché la vita non
tollera quelle approssimazioni e genericità di linguaggio
che sono del teatro; o almeno non lo tollerano i
personaggi, che recano ciascuno in sé la pena e il peso
del proprio vivere: ché l'arte è una astrazione
irrigidita, di fronte alla inconsistente mutevolezza
umana; e Pirandello si prende agevolmente gioco della
falsità e leggerezza con cui Capocomici e Attori si
sforzano di far entrare queste creature di vita, i
Personaggi, negli schemi dell'Arte. Primo e più importante
capitolo, questo di Pirandello, di una denunzia della
tradizione e del linguaggio teatrale che valse a
rovesciare la situazione della drammaturgia mondiale e a
porre su nuove basi le intese che accadono al teatro. Ma
né la denunzia né la scoperta di una nuova formula
sarebbero state efficaci senza che il dramma dei
Personaggi fosse stato, prima, sofferto, in una sfera
etica: ché Pirandello vive e soffre la trasformazione di
una società che si credeva salda e felice vivendo sui dati
del costume, toltogli ogni giustificazione intimamente
morale, ogni sostegno di trascendenza; e se una
fondamentale fiducia nella vita animava il naturalismo,
egli, pur servendosi del mondo e dei modi prediletti dai
naturalisti, sospinge la vita e i personaggi all'orlo di
un abisso, li isola a uno a uno, li sommerge nel nulla di
una disperazione senza attese: pur lasciando intoccata la
sfera delle istanze religiose, che a quella disperazione
potrebbero dare una risposta. Perciò un problema di
critica teatrale non solo diventa il prologo di tutto il
teatro pirandelliano, una specie di "impromptu" che apre
la sua stagione più gloriosa, ma la confessione di una
angoscia e di uno scacco che, negli anni successivi,
trovavano una sistemazione concettuale nelle opere degli
esistenzialisti. Ma il valore del dramma non è solo
valutabile nella storia del teatro e della cultura; senza
la poesia queste invenzioni rimarrebbero dilettantesche e
intellettuali: nei Sei personaggi si fa altissima poesia
dell'ansia di una intesa umana, sempre promessa dalla
natura, che suggerirebbe la facile condiscendenza alla
spontaneità degli umori e degli istinti, e sempre delusa;
ma irrevocabile, ma necessaria; e il Poeta compie il primo
valido sforzo per trarsi in disparte ad abbracciare in una
cerchia di compassione unica quelle sorti diverse degli
uomini: quasi avviandoli dove egli, impotente alle
soluzioni estreme, non può condurli. Ivi termina il teatro
della Commedia, dopo cinque secoli; e s'attendo il
messaggio di una verità che componga in un nuovo ordine la
dissipata parola.
Il più forte tentativo fatto finora in Europa di
realizzare scenicamente un processo tutto interiore di
stati d'animo, di scomporre e proiettare sulla scena i
piani e le fasi varie di un fluente e continuo processo di
coscienza. Tentativo già fatto da altri in Italia, ma non
mai con la violenza, l'audacia e la vastità d'ambizioni
che ci si manifestano in questa commedia. Il dramma che i
sei personaggi portano in sé e che non hanno espresso
ancora è tipicamente pirandelliano. Gli accenni che ce ne
giungono, pur rotti confusi incoordinati come sono e
debbono necessariamente essere, essendo ancor vita e non
arte, sono quanto di più intenso, potente, veramente
tragico si può immaginare. (Tilgher).
I dialoghi tra i sei personaggi e gli attori sono a tal
segno privi di oggetto che qua e là, certamente contro
l'intenzione dell'autore, prendono toni degni piuttosto di
una farsa che di una tragedia. (B.
Croce).
Molti di coloro che assistettero alla prima
rappresentazione di quest'opera, non riuscirono ad
afferrarne subito tutto il senso; però s'avvidero che quei
"personaggi", i quali sconvolgevano il teatro
contemporaneo, erano mossi da potente fantasia. Era la
rivelazione non di un momento caratteristico dell'arte
pirandelliana, ma di un'originalità scarnita e insistente
che dal romanzo Il fu Mattia Pascal, composto nel 1904,
sino al tempo in cui vennero rappresentati i Sei
personaggi (1921), l'Agrigentino non aveva mai
abbandonata. La sua tecnica s'era fatta più audace di
quella del teatro sintetico futurista che aveva dato ai
palcoscenici novità clamorose non sempre concludenti. (L.
Nicastro).
Ognuna delle sue opere, come ognuna delle sue persone,
ugualmente repugna all'isolamento: tutto insieme il teatro
di Pirandello è un solo immenso dramma in cento atti. I
suoi non sono personaggi nel vecchio senso, appunto perché
la loro tragedia sta nella inutilità dello sforzo per
diventare personaggi. (M.
Bontempelli)
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Dramma in tre atti
rappresentato nel 1921 con clamoroso insuccesso al Teatro
Valle di Roma e con trionfale accoglienza al Teatro
Manzoni di Milano. Una compagnia teatrale sta provando una
commedia di Pirandello, ed ecco che le si presentano sei
personaggi: il Padre, la Madre, la Figliastra, il Figlio,
due bambini. Dicono di essere personaggi che un autore ha
confusamente immaginato ma non ha saputo o voluto tradurre
definitivamente in un'opera. E loro vogliono vivere,
essere rappresentati, e perciò raccontano a frammenti, con
continue reciproche interruzioni, la loro misera storia:
la Madre, dopo avere avuto il Figlio, si è innamorata del
segretario del Padre e va a vivere con lui. Dalla nuova
unione nascono tre figli. Dopo molti anni il Padre
incontra, inconsapevolmente, la Figliastra in una casa di
appuntamenti: il tempestivo intervento della Madre evita
il consumarsi di un incesto. Il Padre, sconvolto da quanto
è successo, accoglie in casa tutta la famiglia, cioè i
figli non suoi e la Madre; ma ne deriva una situazione
insostenibile: il Figlio si isola in un mutismo
inaccessibile, la bambina giocando cade in una vasca del
giardino e il fratello ragazzo, che non ha fatto nulla per
salvarla, si uccide con una rivoltellata. Questa
aggrovigliata storia affascina il Capocomico, che prova a
farla recitare ai suoi attori; ma in quella recitazione i
personaggi non si riconoscono: la finzione dell'arte è
inadeguata alla dolente realtà.