Letteratura italiana: Luigi Pirandello

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Parliamo di

  Autori del Novecento italiano: PIRANDELLO
Critica all'opera
  Gerardo Guerrieri

 


La sagra del signore della nave
 

Un atto tratto dall'omonima novella e rappresentato nel 1924. Con esso venne inaugurato l'anno dopo nella sala Odescalchi di Roma il Teatro d'Arte fondato da Pirandello, che doveva avere poi come stella Marta Abba. Le preoccupazioni corali e spettacolari di un Pirandello scaltrito sono evidenti nello sforzo di affrontare e porsi problemi scenici in definitiva irrilevanti. Partecipazione della platea alla rappresentazione, azione estesa al massimo grado, gioco di masse agenti, tutto questo può sembrare un cattivo tiro giocato all'autore da una eccessiva deferenza al leviatano teatrale: se non lo sforzo di tentare soluzioni corali dopo che la critica della tradizione teatrale italiana s'era conclusa con Sei Personaggi e con Enrico IV. In questa sagra venditori, marinai, sgualdrine, paesani vanno e vengono tra le urla di imbonimento, il rullo dei tamburi, le reazioni più varie della folla: un impasto coloristico degno dei miracoli abruzzesi di Francesco Paolo Michetti, e una strana decisione cronistica nel render conto di tutto cumulando i particolari. In quel vociar di folla, che può anche ricordare certe scene della Nave dannunziana, una linea di dramma è offerta dal contraddittorio fra il grasso signor Lavaccara e il suo giovane pedagogo. Il signor Lavaccara, pentitosi all'ultimo momento di aver inviato il proprio maiale Nicola allo scannatoio, vorrebbe ritirarlo, ma troppo tardi, non gli resta che piangere amaramente la memoria di una bestia così intelligente. Il pedagogo insorge affermando che non le bestie ma gli uomini soltanto possono avere intelligenza, e indica la dignità, la sobrietà di coloro che li circondano. Ma le sue argomentazioni sono sopraffatte dallo spettacolo di orgia, di ubriachezza e di lussuria cui la folla si abbandona senza risparmio. Ma quando, ai rintocchi lugubri di un campanone, la processione col Cristo si avanza, cupamente la folla cade in ginocchio e grida atterrita il "mea culpa".

 

Luigi De Bellis